astromelia
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martedì 2 febbraio 2016
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emozioni zero
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il film si accapparrerà tutte le nomination o quasi ma non per trama eccelsa,vista tante altre volte in western postdatati e recenti,ma per contesto scenico strabiliante che permette allo spettatore una visione estasiata e mentalmente lo fa spaziare a 36o°,girato con luce naturale senza green screen,pare senza controfigure tanto che di caprio s'è buscato la bronchite a meno 30 gradi,il film però non emoziona,si segue la storia come si fosse a scuola,cioè con cognizione solamente visiva,ma ciò che invece si dovrebbe sentire è partecipazione,verosimilmente di caprio prenderà l'oscar per aver spiacciccato solamente 10 parole in tutto il film,ma comunque alla carriera indiscutibilmente,tom hardy sempre sui generis,quest'anno presente agli oscar con ben 2 candidature,infine se penso che al posto di dicaprio era stato contattato christian bale,forse il risultato sarebbe stato eclatante,perchè nascondere il viso sempre da bambino mai cresciuto del protagonista è faccenda complicata.
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il film si accapparrerà tutte le nomination o quasi ma non per trama eccelsa,vista tante altre volte in western postdatati e recenti,ma per contesto scenico strabiliante che permette allo spettatore una visione estasiata e mentalmente lo fa spaziare a 36o°,girato con luce naturale senza green screen,pare senza controfigure tanto che di caprio s'è buscato la bronchite a meno 30 gradi,il film però non emoziona,si segue la storia come si fosse a scuola,cioè con cognizione solamente visiva,ma ciò che invece si dovrebbe sentire è partecipazione,verosimilmente di caprio prenderà l'oscar per aver spiacciccato solamente 10 parole in tutto il film,ma comunque alla carriera indiscutibilmente,tom hardy sempre sui generis,quest'anno presente agli oscar con ben 2 candidature,infine se penso che al posto di dicaprio era stato contattato christian bale,forse il risultato sarebbe stato eclatante,perchè nascondere il viso sempre da bambino mai cresciuto del protagonista è faccenda complicata...aggiungo che di primo acchito credere che un'uomo si possa salvare in simili condizioni narrate è un pò aleatorio,per non parlare della fine che lascia libero spazio all'immaginazione di ognuno ma non conclude.
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luca scial�
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venerdì 12 febbraio 2016
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si salvano solo di caprio e la natura
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Che anche il messicano Alejandro Inarritu sia rimasto inghiottito dal cinema genuflesso alle ragioni commerciali? Speriamo proprio di no e che questo film sia solo una parentesi nella sua filmografia fino ad oggi toccante, umile, minimalista, interiore, anteposta alla pomposità di Hollywood. Già, perchè Revenant ha tutte quelle caratteristiche tipiche del cinema sfarzoso americano: piacione, compiacente, narcisista.
Scritto dallo stesso Iñárritu e da Mark L. Smith, Revenant si basa sull'omonimo romanzo del 2003 ed è parzialmente ispirato alla vita del cacciatore di pelli Hugh Glass, vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento. Nel film Glass è interpretato da Leonardo Di Caprio, nella sua più difficile e riuscita interpretazione.
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Che anche il messicano Alejandro Inarritu sia rimasto inghiottito dal cinema genuflesso alle ragioni commerciali? Speriamo proprio di no e che questo film sia solo una parentesi nella sua filmografia fino ad oggi toccante, umile, minimalista, interiore, anteposta alla pomposità di Hollywood. Già, perchè Revenant ha tutte quelle caratteristiche tipiche del cinema sfarzoso americano: piacione, compiacente, narcisista.
Scritto dallo stesso Iñárritu e da Mark L. Smith, Revenant si basa sull'omonimo romanzo del 2003 ed è parzialmente ispirato alla vita del cacciatore di pelli Hugh Glass, vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento. Nel film Glass è interpretato da Leonardo Di Caprio, nella sua più difficile e riuscita interpretazione. L'attore si misura con prove fisiche estreme, ben trasposte da mimiche facciali e sguardi intensi dipinti dai suoi occhi color ghiaccio. Quel ghiaccio che sfida per tutto il film, tra indiani che cercano di difendere il proprio territorio, compagni di spedizione traditori e animali selvatici. Proprio uno di questi, un orso, lo ridurrà inerte e quasi privo di vita. Mentre l'avido John Fitzgerald, interpretato dal magistrale Tom Hardy, cercherà di sbarazzarsi di lui tradendo la promessa di vegliare sul suo corpo fino all'ultimo respiro. Fitzgerald arriverà ad uccidere il figlio Hawk metà indiano che Glass porta sempre con sé e ciò darà la forza a quest'ultimo di rialzarsi.
A parte la succitata magistrale interpretazione di Di Caprio, la potenza delle immagini della natura e le inquadrature mobili che permettono allo spettatore di entrare appieno nella prospettiva dei protagonisti (due scene sono particolarmente straordinarie: lo scontro indiani-cacciatori di pelli e la fuga di Glass nella cascata), del film si può salvare poco altro. La prima ora è toccante e credibile, ma dalla morte di Hawke in poi è una costante caduta verso l'inverosimilità, con il protagonista che le passa di tutti i colori ma poi si riprende in fretta. Fino al finale che è il colpo decisivo inflitto a quanti si sono recati al cinema sperando in un capolavoro.
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alex62
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giovedì 31 dicembre 2015
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in fondo un uomo è come un bicchiere di vetro
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Leonardo Di Caprio, in stato di grazia, che sta avanzando, imperterrito, sempre più nel percorso, doloroso ma “estetico”, di negazione della propria bellezza, in questo film, man mano che la sua carne viene martoriata dagli elementi, paradossalmente diventa sempre più bello, fino al nodo drammatico finale. In fondo la tempra di un uomo si può misurare solo in punto di morte o forse...quando la morte sta per darla a qualcun'altro!
Che si può aggiungere alla ormai lunga galleria di straordinarie performance di Tom Hardy?! Un talento immenso in un piccolo uomo tutto muscoli e arte...ma vi siete dimenticati lo stupore suscitato in “Warrior” (2011)? Come ha saputo declinare e in tutte le sfumature possibili, il destino del fratello minore.
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Leonardo Di Caprio, in stato di grazia, che sta avanzando, imperterrito, sempre più nel percorso, doloroso ma “estetico”, di negazione della propria bellezza, in questo film, man mano che la sua carne viene martoriata dagli elementi, paradossalmente diventa sempre più bello, fino al nodo drammatico finale. In fondo la tempra di un uomo si può misurare solo in punto di morte o forse...quando la morte sta per darla a qualcun'altro!
Che si può aggiungere alla ormai lunga galleria di straordinarie performance di Tom Hardy?! Un talento immenso in un piccolo uomo tutto muscoli e arte...ma vi siete dimenticati lo stupore suscitato in “Warrior” (2011)? Come ha saputo declinare e in tutte le sfumature possibili, il destino del fratello minore...ma più forte, destinato a soccombere a un padre malnato, ma infine ritrovato.
Cosa si può dire di questo film, piccolo ma affilato come un coltello da “scout”: questo si è ridotto a fare Di Caprio-Glass, dopo che l'esercito dei suoi connazionali gli aveva strappato la stupenda e dolce squaw nativa: lì, in quel momento, per salvare il figlio mezzosangue, aveva gustato il sapore velenoso della vendetta, ma nulla era cambiato in lui, tranne il suo cuore che si era ormai frantumato irrimediabilmente. La sua vita era appesa al filo che lo legava al figlio adolescente, acnora troppo tenero per opporsi alla barbarie dei bianchi. Ormai Hugh Glass era divenuto un bicchiere di vetro, in mezzo a rocce e artigli di Grizzly e piombo e fuoco. Come avrebbe potuto resistere un misero pezzo di vetro fra quegli eventi tumultuosi e violenti?!
Eppure ci sono uomini ancora più feroci e indomabili degli elementi: più violenti e inarrestabili, più di una madre Grizzly che difende i suoi cuccioli. Ci sono uomini spietati che giungono a seppellire vivi i compagni feriti (che gli sono stati affidati) e ci sono ragazzi attoniti di fronte a tanto furore, che non hanno armi per opporsi...
Una natura meravigliosa, immensa e generosa, traboccante aiuto e misericordia, come i suoi figli, i pellerossa che condividono con essa i medesimi doni e la sua intima sapienza. Ogni volta che Glass giunge in fin di vita, il caso gli offre una preda per sfamarsi e riprendere le forze. Dai nativi egli ha appreso tutti i sentieri che provengono da Madre Natura, ne conosce intimamente la magia. Tra sogni, visioni, incubi e veglie dolorose si trascina Glass verso il suo destino...
Infine c'è sempre salvezza: è sufficiente un gesto inaspettato, come salvare un'altra squaw (ma della stessa tribù di sua moglie) che sta per essere violentata e uccisa...è sufficiente fermare la mano pronta a cogliere, finalmente, la vendetta finale che tanto agognava, come unica ragione di un'aspra e innaturale sopravvivenza.
È sufficiente forse, per una volta, non agire violenza.
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kimkiduk
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domenica 17 gennaio 2016
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rambo ritorna
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Il cinema può essere anc he fantasia e sogno e siamo tutti d'accordo, ma da chi come Inarritu si presenta come regista d'autore dovrebbe arrivare a non ritenere gli spettatori dei "creduloni" per non dire di peggio. Un orso grizzly che attacca un uomo per 10 minuti penso con una zampata lo uccide con 30 lo sfiletta qui non succede. Accettiamolo perchè la scena è bellissima addirittura in unico piano sequenza con una fotografia e dei primi piani che ti lasciano ammirato; ma poi il film continua con situazioni che non dico incredibili ma decisamente non accettabili da vedere e questo mi fa un pizzico arrabbiare. Non voglio elencare scene per non descrivere il film, ma che il Rambo Di Caprio si getti in fiumi gelati con ferite da orso superando rapide tempestose e cadendoci claudicante ne esce non più claudicante e con un fuocarellino senza asciugarsi non abbia mai nemmeno freddo alle mani .
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Il cinema può essere anc he fantasia e sogno e siamo tutti d'accordo, ma da chi come Inarritu si presenta come regista d'autore dovrebbe arrivare a non ritenere gli spettatori dei "creduloni" per non dire di peggio. Un orso grizzly che attacca un uomo per 10 minuti penso con una zampata lo uccide con 30 lo sfiletta qui non succede. Accettiamolo perchè la scena è bellissima addirittura in unico piano sequenza con una fotografia e dei primi piani che ti lasciano ammirato; ma poi il film continua con situazioni che non dico incredibili ma decisamente non accettabili da vedere e questo mi fa un pizzico arrabbiare. Non voglio elencare scene per non descrivere il film, ma che il Rambo Di Caprio si getti in fiumi gelati con ferite da orso superando rapide tempestose e cadendoci claudicante ne esce non più claudicante e con un fuocarellino senza asciugarsi non abbia mai nemmeno freddo alle mani ..... ah già di ipotermia era già morto in altro film e forse è immune. Bello invece l'omaggio a Rambo, cadendo da una scarpata con il cavallo il cavallo muore e lui come Sly si salva cadendo su un albero alto 50 metri e senza però nemmeno la ferita al braccio di Stallone.
Film fatto per vincere Oscar (Inarritu abita che io sappia ad Hollywood) e se ne merita certo alcuni come fotografia (strepitosa) suono, effetti, e soprattutto trucco.
La sceneggiatura per me fa acqua ovunque con una storia a disposizione di un attore Di Caprio CHE DEVE VINCERE un Oscar e per due ore mugola e recupera da ferite mostruose come fosse Superman recitando forse due scene due. Finale addirittura ...... diciamo deludente per non essere offensivo.
Se gli Oscar si assegnano per gli effetti e le scene viste da vicino in un grande schermo vince sicuro, ma allora Bergman o Fellini non ne avrebbero vinti nessuno. Per il resto caro Inarritu ti rimpiango per Amores Perros, ma si vede i soldi sono migliori e forse hai ragione. Un Orso d'oro o un Leone d'oro non lo vinceresti mai adesso.
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[+] eccessi voluti...
(di g_andrini)
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[+] il peggio di rambo e 007
(di skin1956)
[ - ] il peggio di rambo e 007
[+] eccessivo
(di kimkiduk)
[ - ] eccessivo
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gianleo67
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martedì 19 gennaio 2016
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leo in the wilderness
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Abbandonato dalla spedizione del Capitano Henry dopo l'attacco di un Grizzly e lasciato alle cure di suoi due compagni di viaggio e del suo giovane figlio meticcio, il cacciatore di pellicce Hugh Glass riesce a sopravvivere alle terribili ferite riportate ed all'uccisione del figlio da parte di uno degli altri due, percorrendo le molte miglia che lo separano dal forte in cui si è rifugiato il gruppo in cerca della sua personale e spietata vendetta.
Tratto dall'adattamento del romanzo Revenant di Michael Punke e basato sulla storia vera del famoso cacciatore di pelli Hugh Glass, il film di Inarritu è una storia classica di tradimento e di vendetta che attinge alle sanguinarie radici della nazione americana e della sua epica di conquista e sacrificio che nulla sembra aggiungere alla lunga tradizione del revisionismo storico degli anni '70 e '80 (da Man in the Wilderness di Richard C.
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Abbandonato dalla spedizione del Capitano Henry dopo l'attacco di un Grizzly e lasciato alle cure di suoi due compagni di viaggio e del suo giovane figlio meticcio, il cacciatore di pellicce Hugh Glass riesce a sopravvivere alle terribili ferite riportate ed all'uccisione del figlio da parte di uno degli altri due, percorrendo le molte miglia che lo separano dal forte in cui si è rifugiato il gruppo in cerca della sua personale e spietata vendetta.
Tratto dall'adattamento del romanzo Revenant di Michael Punke e basato sulla storia vera del famoso cacciatore di pelli Hugh Glass, il film di Inarritu è una storia classica di tradimento e di vendetta che attinge alle sanguinarie radici della nazione americana e della sua epica di conquista e sacrificio che nulla sembra aggiungere alla lunga tradizione del revisionismo storico degli anni '70 e '80 (da Man in the Wilderness di Richard C. Sarafian che narra la stessa vicenda a Jeremiah Johnson di Sydney Pollack che ne narra una affatto simile), puntando piuttosto a filtrare queste istanze sul terreno (di caccia) di quello spiritualismo sociale che da sempre caratterizza il cinema del regista messicano. Giocato su di una estetica degli spazi aperti che si muove ondivaga e barcollante tra la soggettiva ed il piano sequenza e contando sulla suggestione di scenari incontaminati (Columbia Britannica e Terra del Fuoco) splendidamente fotografati da Emmanuel Lubezki, Inarritu snoda la sua storia dal punto di vista del suo protagonista principale (un imbarbarito e martoriato Leo Di Caprio) quale fulcro di una vicenda dove i valori di rispetto e convivenza di civiltà in conflitto vengono esaltati dall'integrazione di un uomo bianco nei rituali sociali delle popolazioni indigene e dal legame di sangue che lo unisce alla moglie Squaw ed al figlio mezzosangue: la prima uccisa da un attacco dell'esercito americano e l'altro da un compagno di caccia della spedizione da lui guidata. Se il confine etico tra le opposte fazioni sembra annullarsi nelle reciproche ragioni e strategie di sopravvivenza (dalla difesa del territorio al compromesso commerciale con l'uomo bianco), questo sembra piuttosto fare da sfondo ad un regolamento di conti che trova le sue motivazioni nella trasgressione alle regole non scritte del rispetto umano e della lealtà individuale quale presupposto irrinunciabile di una civiltà costretta a confrontarsi con le spietate leggi della wilderness e rappresentando il vero motore drammatico di un film in cui l'uomo possa dirsi veramente uguale a se stesso e non abbrutito nelle sue cieche mire di conquista e cupidigia. Blandire il pubblico con un simile messaggio sembra essere il facile gioco di una regia che tira le fila di una epica individualista che sembra avere tutte le ragioni dalla sua parte (la vendetta per il figlio ucciso, la liberazione della sqaw violentata, la lealtà alla fazione chiamata a difendere: dalla guida di cacciatori bianchi alla difesa di una tribù di rossi) e nessun torto e condendolo con il richiamo all'ambivalenza di una natura ora matrigna ora dispensatrice di cure e di conforto come nella tradizione animista delle popolazioni autoctone. Quello che resta è quindi un film che si trascina ferito ma non domo come il suo coriaceo protagonista, attraverso una sequenza spettacolare quanto risaputa da perfetto manuale della sopravvivenza a 30 sotto zero con tutti gli usi più ingegnosi delle risorse a disposizione (persino un cavallo morto da poco usato come coperta termica, sic!) e dove gli intermezzi onirico-simbolici sono solo il contrappunto di un marchio di fabbrica che non sa incidere più di tanto nella complessiva economia di un racconto che sappiamo benissimo dove vuole andare a parare. Restano le indubbie qualità tecniche di un film che, non ostante la spopositata misura del metraggio, riesce ad avvincere con la sua full immersion audio-visiva in un paesaggio mozzafiato che nemmeno l'antropizzazione e le compagnie petrolifere americane sono riuscita a distruggere definitivamente e che rappresenta il vero protagonista silenzioso ed imperturbabile in grado di tener desta l'attenzione dello spettatore fino alla fine. Accoppiata di primedonne delle migliori occasioni per cui, tra un DiCaprio impellicciato ed un Tom Hardy spelacchiato, è davvero difficile pronisticare chi riuscirà a salvare lo scalpo. Valanga di nomination (tecniche e artistiche) agli Oscar e tre Golden Globe 2016.
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no_data
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mercoledì 27 gennaio 2016
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impressionante ma eccessivo
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Pur rimanendo impressionato dal film, in particolare per molte scene, rimane la sensazione che il regista abbia un pò abusato nel suo esercizio stilistico e nella sua ricerca continua di estremizzare le situazioni, la crudeltà delle scene, per renderle il più realistiche possibili. L'eccessivo prolungarsi e la ripetitività di queste situazione fa alla lunga perdere una certa tensione narrativa, compattezza e forse veridicità. Le singole scene rimangono cariche di tensione e bellissime dal punto di vista realizzativo ma, come spettattore, ad un certo punto mi viene più da chiedermi "cosa succederà adesso?" più che continuare a credere si stia raccontando una storia vera. La scena dell'orso è bellissima ma è indicativa in questo senso.
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Pur rimanendo impressionato dal film, in particolare per molte scene, rimane la sensazione che il regista abbia un pò abusato nel suo esercizio stilistico e nella sua ricerca continua di estremizzare le situazioni, la crudeltà delle scene, per renderle il più realistiche possibili. L'eccessivo prolungarsi e la ripetitività di queste situazione fa alla lunga perdere una certa tensione narrativa, compattezza e forse veridicità. Le singole scene rimangono cariche di tensione e bellissime dal punto di vista realizzativo ma, come spettattore, ad un certo punto mi viene più da chiedermi "cosa succederà adesso?" più che continuare a credere si stia raccontando una storia vera. La scena dell'orso è bellissima ma è indicativa in questo senso. In questa scena regista fa un capolavoro filmico ma alla fine eccede un pò, in particolare concludendola con l'orso che rotola sopra il corpo del protagonista, rendendola poco credibile. Ecco è questa la sensazione, che se il regista si fosse limitato in certe scene, pensando più al tempo della narrazione che al modo, avrebbe reso il film più efficace. La bellezza di un film è spesso quello che il regista di fa immaginare senza mostrarti e questo è decisamente mancanto in questo film.
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alessandro.s61
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sabato 30 gennaio 2016
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revenant - redivivo
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Revenant - Redivivo (2015) Regia di Alejandro González Iñárritu. Protagonista Leonardo DiCaprio (Hugh Glass) affiancato da Tom Hardy (John Fitzgerald) Will Poulter (Jim Bridger) e Domhnall Gleeson (Andrew Henry)
Trama (NO SPOILER):
Il film è ambientato nel 1800. Hugh Glass viene assunto come guida da dei cacciatori di pelli. Pronti per il ritorno a casa vengono attaccati e decimati da un attacco di indiani Arikara, dei 45 uomini della spedizione se ne salvano una dozzina compreso il figlio di Glass per metà indiano. Riusciti a scappare decidono di abbandonare la nave e proseguire a piedi. Stremati dal cammino si appostano per la notte. Mentre Glass perlustra la zona, viene attaccato e ridotto in fin di vita da un grizzly.
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Revenant - Redivivo (2015) Regia di Alejandro González Iñárritu. Protagonista Leonardo DiCaprio (Hugh Glass) affiancato da Tom Hardy (John Fitzgerald) Will Poulter (Jim Bridger) e Domhnall Gleeson (Andrew Henry)
Trama (NO SPOILER):
Il film è ambientato nel 1800. Hugh Glass viene assunto come guida da dei cacciatori di pelli. Pronti per il ritorno a casa vengono attaccati e decimati da un attacco di indiani Arikara, dei 45 uomini della spedizione se ne salvano una dozzina compreso il figlio di Glass per metà indiano. Riusciti a scappare decidono di abbandonare la nave e proseguire a piedi. Stremati dal cammino si appostano per la notte. Mentre Glass perlustra la zona, viene attaccato e ridotto in fin di vita da un grizzly. I compagni credendo che ormai per lui non ci sia più nulla da fare e dalla impossibilità di trasportarlo decidono di andare avanti senza di lui ma il capitano della spedizione Henry propone una ricompensa per chi fosse disposto a restare con lui fino alla sua morte. Oltre al figlio decide di rimanere il giovane e magnanimo Jim Bridger e John Fitzgerald interessato esclusivamente alla ricompensa. Fitzgerald stanco di aspettare la morte di Glass facendo leva sul pericolo che correva il figlio a stare li ad aspettare lo convince a farsi uccidere ma nell'atto, arriva il figlio che urlando e rischiando di farsi sentire dagli Arikara sulle loro tracce, Fitzgerald decide cosi di ucciderlo nascondendo il corpo e mente a Bridger per far si che lo seguisse, abbandonando Glass. Glass Spinto anche dalla volontà di vendetta riesce straordinariamente a sopravvivere e da li inizia il lungo e tortuoso viaggio alla ricerca della sua vendetta.
Vorrei anche aggiungere delle mie considerazioni, nonostante il film mi sia piaciuto molto e personalmente reputo DiCaprio uno dei miei attori preferiti, sono rimasto deluso e per questo solo 3 stelle, dal fatto che a mio parere il film non è altro che una copia di The gray con Liam Neeson. Per chi non lo avesse visto vi invito a farlo e non potrete fare a meno di vedere anche voi quante, troppe "similitudini" ci siano.
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darkovic
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venerdì 19 febbraio 2016
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sforzo estetico
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A me ,sinceramernte , non e' che ha entusiasmato piu' di tanto,Si' ,esteticamente buono,una buona fotografia con degli scenari fantastici e una grande interpretazione di Di Caprio, ma poi ,cosa di piu? dov'e' la storia? Piu' che povera, la sceneggiatura direi sia inesistente .Alla fine mi e' sembrato solo un susseguirsi di grandi sfortunati accadimenti (tutte a lui capitano!)che portano questo cacciatore di pellicce ad inseguire un suo fine ,che e' vendicare la morte del suo povero figlio.Anche come intrinseco valore morale non mi sembra molto positivo.Secondo me ,anche poco credibile la sceneggiatura su qualche parte: perche' il gruppo in fuga verso il forte,deve lasciare due persone ad aspettare che la loro guida ormai morente lasci le quoia? per dagli una sepoltura decente ,va bene, ma mi sembra un po' forzata la cosa.
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A me ,sinceramernte , non e' che ha entusiasmato piu' di tanto,Si' ,esteticamente buono,una buona fotografia con degli scenari fantastici e una grande interpretazione di Di Caprio, ma poi ,cosa di piu? dov'e' la storia? Piu' che povera, la sceneggiatura direi sia inesistente .Alla fine mi e' sembrato solo un susseguirsi di grandi sfortunati accadimenti (tutte a lui capitano!)che portano questo cacciatore di pellicce ad inseguire un suo fine ,che e' vendicare la morte del suo povero figlio.Anche come intrinseco valore morale non mi sembra molto positivo.Secondo me ,anche poco credibile la sceneggiatura su qualche parte: perche' il gruppo in fuga verso il forte,deve lasciare due persone ad aspettare che la loro guida ormai morente lasci le quoia? per dagli una sepoltura decente ,va bene, ma mi sembra un po' forzata la cosa.Poi ,sembrava che sapesse solo lui la strada per arrivare al forte ma alla fine ci sono arrivati tutti anche senza di lui.Direi che non sono questi i filmoni.il regista avra' anche cercato,anche facendo soffrire molto ,si dice ,i suoi attori con lo scopo di mettere in scena un film pieno di realismo e con dei colori naturali e belli,ma secondo me ,molto piu' apprezzabile il suo film Biutiful con il grande Javier Barden,in quel bellissimo film si' che era un realismo molto argomentato e che ti dava un pugno nello stomaco in molte scene.
Forse se la sceneggiatura si sarebbe soffermata un poì di piu sulle parti di argomentazione storica culturale dell'epoca ma sono stati solo accenni in un lungo ,noioso film sulle sventure di un cacciatore di pellicce.Se pur magnificante messo in scena dal bravo Dicaprio( non superlativo come in The wolf of Wall street).
Mi sembra che il regista sia un po' sopravvalutato, e che l'Accademy Awards ormai non sia molto serio ,visto anche la quantita' di statuette dato al film precedente del regista,
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micliuz
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domenica 17 gennaio 2016
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deludente remake
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La scena iniziale, l'attacco degli indiani alla barca dei cacciatori di pellicce, è assolutamente grandiosa. Così come altre sequenze del film (l'attacco del grizzly). La fotografia è eccezionale, l'abilità del regista è fuori discussione, come già dimostrato in Birdman e Amores perros.
Ma la bellezza del film finisce qui. Il fastidio di rivedere il remake di Uomo bianco va col tuo Dio, un modesto western da me visto più volte, fatto ad opera di Inarritu, per me uno dei migliori registi attuali, mi colpisce molto. E oltre a questo remake, sono molti i film di sopravvissuti e di lotta contro le avversità della natura (the Grey).
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La scena iniziale, l'attacco degli indiani alla barca dei cacciatori di pellicce, è assolutamente grandiosa. Così come altre sequenze del film (l'attacco del grizzly). La fotografia è eccezionale, l'abilità del regista è fuori discussione, come già dimostrato in Birdman e Amores perros.
Ma la bellezza del film finisce qui. Il fastidio di rivedere il remake di Uomo bianco va col tuo Dio, un modesto western da me visto più volte, fatto ad opera di Inarritu, per me uno dei migliori registi attuali, mi colpisce molto. E oltre a questo remake, sono molti i film di sopravvissuti e di lotta contro le avversità della natura (the Grey). Insomma, da Inarritu mi aspettavo ben altro che un remake di un western, seppur particolare (e io adoro i western) con i temi estremamete sfruttati della durezza della vita, la vendetta, il ricordo dei cari, la sfida finale che può finire in perdono: il tutto mi sembra certamente non all'altezza di Inarritu e peraltro tematiche piuttosto banali oltrechè soprasfruttate.
In definitiva, un film dal punto di vista cinematografico eccellente (regia e fotografia) ma il soggetto e la sceneggiatura sono deboli (i dialoghi sono praticamente inesistenti) e fragili, e non lasciano molto allo spettatore. L'impressione è che si assiste ad un'autocelebrazione delle qualità del regista e della sua squadra, ma allo spettatore rimane l'idea di un film vecchio riscritto con tecnologia moderna. Di Caprio ottimo, anche se la sceneggiatura non è particolamente varia e Di Caprio non deve usare molti registri solo quello della sofferenza/vendetta. Da un eccellente regista come Inarritu mi attendevo di più. Ovviamente è un film che si può vedere, ma siamo lontani dai suoi migliori film.
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carlosantoni
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lunedì 18 gennaio 2016
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il cuore batte nei grandi spazi gelati
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Credo che questo poderoso, grandioso e quanto mai spettacolare film di Iñárritu debba più di qualcosa a Malik, alla sua filosofia esistenziale: anche in quest’opera densa e non facile del regista messicano le vicende umane, le “storie”, sono così compenetrate dalla natura e dalle sue leggi, da risultare difficile distinguere queste da quelle. La lunghissima sequenza di avventure e disavventure si svolge quasi interamente avvolta nel freddo implacabile dell’inverno in Nord Dakota, i colori dominanti sono il bianco della neve e l grigio del cielo torvo, o quello blu adamantino delle notti stellate, e il verde spento di foreste di conifere dai tronchi altissimi, spesso velati da brume. La fotografia è semplicemente spettacolare ed è certamente un punto di forza di quest’opera.
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Credo che questo poderoso, grandioso e quanto mai spettacolare film di Iñárritu debba più di qualcosa a Malik, alla sua filosofia esistenziale: anche in quest’opera densa e non facile del regista messicano le vicende umane, le “storie”, sono così compenetrate dalla natura e dalle sue leggi, da risultare difficile distinguere queste da quelle. La lunghissima sequenza di avventure e disavventure si svolge quasi interamente avvolta nel freddo implacabile dell’inverno in Nord Dakota, i colori dominanti sono il bianco della neve e l grigio del cielo torvo, o quello blu adamantino delle notti stellate, e il verde spento di foreste di conifere dai tronchi altissimi, spesso velati da brume. La fotografia è semplicemente spettacolare ed è certamente un punto di forza di quest’opera. La vicenda del protagonista, continuamente a contatto con acque gelide, ghiacci, tormente di neve, vede il confronto-scontro tra tribù di nativi (spesso in guerra tra loro) coloni francesi che mercanteggiano e coloni anglosassoni (e irlandesi) che cacciano animali da pelliccia. Non dico niente della storia, mi soffermo su alcuni aspetti che però la informano. Il primo riguarda il senso di dignità e rispetto (e la totale mancanza di rispetto) tra popoli diversi: inutile dire che da questo confronto i nativi ci escono benissimo, gli “sporchi yankees” assai meno, a volte malissimo. Il secondo riguarda il sentimento morale, che lì si confonde con quello religioso: ma non discende dalla religiosità tanto bigotta quanto solo formale delle varie sette evangeliste impiantate nelle colonie americane, quanto dalla religiosità “panteistica” delle tribù dei nativi. E qui il raccordo con Malik è evidente, così come lo sono molte, moltissime scene che riprendono immagini delle foreste in verticale, la mdp puntata allo zenit, proprio come ne “La sottile linea rossa” o “L’albero della vita”. Un’ultima osservazione: dire che in questa interpretazione Leonardo Di Caprio supera se stesso è perfino troppo poco, io ancora mi sto chiedendo coma abbia potuto girare tutte quelle scene, una più impegnativa dell’altra.
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