Revenant - Redivivo

Sicuramente non si può parlare di capolavoro del cinema. Iñárritu non ha fatto il suo miglior film e probabilmente non è quello in cui Di Caprio ha potuto esprimere a pieno il suo sconfinato talento. Revenant racconta di un uomo che durante una spedizione tra i ghiacci di due secoli fa, alle porte dell’era del West, subisce una serie infinita di sfortunate peripezie, da non augurare nemmeno al nostro peggior nemico. Non si può parlare di 'sopravvissuto' ma appunto di 'redivivo', un uomo già morto spinto solamente dalla sete di vendetta verso colui che ha ucciso suo figlio. Hugh Glass, protagonista del film, farebbe invidia allo stesso John Rambo di Sylvester Stallone per la sua incredibile capacità di vincere quello che è probabilmente il suo nemico principale nella pellicola, la Natura. Sì, proprio la Natura e la sua magnificenza sono parti integranti del film di Iñárritu e probabilmente anche mezzo per sfogare a pieno quelli che sono i suoi virtuosismi e le sue pomposità. Quello del regista messicano, infatti, sembra essere quasi un elogio alla maestosità della Natura, evidenziato dal suo diktat di girare la maggior parte del film proprio evitando la luce artificiale e cercando di sfruttare a pieno la luce naturale in modo creativo. Bisogna sicuramente fare i complimenti a Emmanuel Lubezki, direttore della fotografia, che in tal senso ha svolto un lavoro davvero fantastico, il quale non si poteva non riconoscere con la candidatura agli Oscar 2016 come miglior fotografia. Senza dubbio lo straordinario binomio Iñárritu-Lubezki ha alzato il livello di un film dalla trama 'normale', attraverso una regia che rasenta la perfezione. Infatti The Revenant sembra essere un vero e proprio sfogo di virtuosità: una vetrina enorme, bellissima da ammirare e davanti alla quale rimanere a bocca aperta. Ma alla fine del film sorge spontanea una domanda:'Chi è davvero Hugh Glass?'. Non so rispondere. Non c'è un vero e proprio ritratto psicologico del nostro protagonista; non si sa che cosa provi, che cosa pensi, quale sia il suo carattere a tal punto che possiamo avere molte più sfaccettature dall'antagonista della storia Fitzgerald, interpretato da Tom Hardy, che dal personaggio di Di Caprio. Probabilmente mostrare diverse sfumature del suo essere, non era l'obiettivo del film, più intento a sottolineare le enormi difficoltà e sofferenze del protagonista, ma resta evidente il fatto che questa volta il personaggio di Di Caprio, a parte la compartecipazione emotiva ai suoi probanti eventi, non lasci niente a chi lo guarda seduto su una poltrona di un multisala. Parlo di personaggio perchè non si può non sottolineare ancora una volta la bravura e la verosimiglianza di Di Caprio nell'interpretare questo ruolo. Le sue sofferenze erano reali e probabilmente le sue sofferenze e i suoi sacrifici per girare questo film potranno anche essere finalmente premiati con l'Oscar come migliore attore, ma rimango dell'idea che il personaggio di Hugh Glass non è un personaggio da Oscar. Nonostante sia l'attore che forse più merita la 'statuetta', non è per questo ruolo che dovrebbe essere premiato. In passato ha interpretato personaggi molto più potenti emotivamente e psicologicamente, ben lontani da Hugh Glass, che non rende giustizia alla bravura di Di Caprio. Vincere un Oscar è anche trasmettere quel qualcosa in più degli altri a coloro seduti in sala, quel qualcosa che ti lasci li a riflettere. Glass non lo trasmette.