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loryto
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lunedì 8 febbraio 2016
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pensieri di un non esperto.
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Considerando che il film è uscito ha gennaio a un non so che di miracoloso: si perché quando si esce dalla sale ci sente parecchio stupidi ad essere così bardati e coperti per una temperatura in cui il meraviglioso Leo sarebbe in costume da bagno.
Un film molto freddo da un punto di vista della trama, la lezione che la vendetta è una cosa sbagliata ci viene insegnata fin da piccoli, ma evidentemente ad Hugh Glass non era stato detto.
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Considerando che il film è uscito ha gennaio a un non so che di miracoloso: si perché quando si esce dalla sale ci sente parecchio stupidi ad essere così bardati e coperti per una temperatura in cui il meraviglioso Leo sarebbe in costume da bagno.
Un film molto freddo da un punto di vista della trama, la lezione che la vendetta è una cosa sbagliata ci viene insegnata fin da piccoli, ma evidentemente ad Hugh Glass non era stato detto. 156 minuti di pura follia per un padre violato da un orso e privato dal figlio da un pazzo sociopatico. Il quale quest’ultimo non sa quale destino crudele lo attende. Interpretato da un Tom Hardy capace di farsi odiare fino all’ultimo capello, questo personaggio è l’antagonista di tutto il film, il classico cattivo dei vecchi western, che riesce a trasformare Hugh da una “guida” esperta al servizio degli americani ad un cacciatore immortale, il quale unico obbiettivo è la fantomatica vendetta. Il tutto gentilmente contornato dalla violenza e inciviltà degli indiani, che senza pietà proteggono la loro terra e il loro bestiame dagli invasori (..mmm..). Una pellicola che passerà alla storia per le grandi idee del regista, il quale senza dubbio non ha badato a spese per ottenere questo risultato perfetto, il quale sazia i desideri degli occhi, con paesaggi mozzafiato, e inquadrature da palpitazione.
E poi c’è lui, il nostro Jack Dawson, che di strada ne ha fatto, e che metaforicamente ogni film potrebbe essere visto come una casella di un gioco che alla fine porta alla statuetta d’oro. I sui occhi trasmettono quanto di più vero può aver provato il vero Hugh. Il combattimento con l’orso, i respiri affannosi che appannano la cinepresa, la sua disperazione sul cadavere del figlio, l’essere nudo all’interno di un cavallo, si è lui il migliore di sempre.
I bracieri che bruciano nella neve illuminano senza dubbio la strada per l’oscar.
In conclusione, investire del tempo per riflettere su questo film è d’obbligo per gli amanti del cinema, che certo non dimenticheranno facilmente questa storia di uomini d’altri tempi.
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la gallina gina
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lunedì 8 febbraio 2016
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un fantasma della vita e della morte
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Quando la natura incontra l'uomo e la sua essenza si esprime in tutta crudeltà nella sua forza primordiale, Revenant trova il suo posto.
La calma, solo apparente delle lande infinite e delle distese di ghiaccio dell'estremo nord trovano una sola piccola forza contrastante eppure indelebile: quella dell'uomo, piccolo granello di polvere insignificante nell'Universo e nella vastità del creato, la guida (esistita? leggenda?) Hugh Glass, magistralmente interpretata da un quasi muto Leonardo di Caprio, contrasta la grandezza della Natura ma soprattutto la sua inesorabile legge basata sull'unico ciclo della vita e della morte.
Gli spazi, affondati in un bianco a tratti accecante, a tratti velato di blu/nero della pellicola, diventano eterni e il tempo si perde all'orizzonte di quel freddo glaciale.
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Quando la natura incontra l'uomo e la sua essenza si esprime in tutta crudeltà nella sua forza primordiale, Revenant trova il suo posto.
La calma, solo apparente delle lande infinite e delle distese di ghiaccio dell'estremo nord trovano una sola piccola forza contrastante eppure indelebile: quella dell'uomo, piccolo granello di polvere insignificante nell'Universo e nella vastità del creato, la guida (esistita? leggenda?) Hugh Glass, magistralmente interpretata da un quasi muto Leonardo di Caprio, contrasta la grandezza della Natura ma soprattutto la sua inesorabile legge basata sull'unico ciclo della vita e della morte.
Gli spazi, affondati in un bianco a tratti accecante, a tratti velato di blu/nero della pellicola, diventano eterni e il tempo si perde all'orizzonte di quel freddo glaciale. Non c'è più spazio per la vita, non c'è spazio per le attività dell'uomo, gli orologi non esistono più; il tempo della vita e della morte diventano un'unica onnipotente legge scandita solo dal respiro agghiacciante, doloroso di un uomo che non vuole morire e che non vuole vivere, ma che deve sopravvivere, spinto dalla sola esigenza profonda di vendetta.
I lunghi piano-sequenza paesaggistici si alternano ai primi piani sul protagonista e sull'antagonista, un bravissimo Tom Hardy che si oppone caratterialmente e diametralmente a Di Caprio.
Il protagonista è l'essenza stessa dell'esistenza e va oltre; la sua vita dopo un terrificante e stomachevole, ma estremamente realistico e realizzato nei minimi dettagli, scontro con un orso grizzly, non vuole ad alcun costo cedere, non vuole smettere di respirare e quel corpo maciullato si rialza trascinando le gambe e i piedi (di cui uno fratturato) dalla terra sporca e ostile,che non permette tregua alle ferite fisiche ed emotive: Hugh Glass è l'uomo a cui la natura toglie quasi la vita, e al tempo stesso l'uomo a cui viene portato via tutto il suo mondo, suo figlio, freddato senza soffermarsi da Fitzgerald, Tom Hardy, l'uomo che in quella natura è espressione della sopravvivenza più vile, più fragile, più umana, una sopravvivenza che si arrampica sulla vita e sulla morte altrui per garantirsi il continuum.
Glass sopravvive alla Natura sterminata e all'Uomo, diventando sintesi di entrambe, lascia la vita terrena per abbracciare una morte vivente: diventa il fantasma della morte e della vita stessa.
Un fantassma che non fa altro se non respirare: faticosamente, con il corpo che marcisce per le ferite, con la fame che diventa la sua unica certezza, con il costante pericolo percepito del "nemico" indiano alla ricerca della figlia rapita, con qualche fortuito aiuto che viene presto letteralmente impiccato e che segna definitivamente la vanità di ogni speranza.
Di terreno non rimane nulla, se non il fegato di un bisonte da consumare rigorosamente crudo e da inghiottire anche a costo di vomitarlo.
Di onirico, qualcosa si trascina, ripetuto e sempre uguale, perché anche la memoria, in quella natura senza tempo, è senza tempo.
Visioni oniriche e spettrali di una moglie uccisa che ci rende partecipi del solo pensiero rimasto: un albero, i cui rami oscillano forte durante una tempesta, ma il cui solido e fermo tronco ci rivela la profondità delle sue radici.
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valerio
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giovedì 11 febbraio 2016
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un viaggio mozzafiato.
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Possiamo già renderci conto dalla prima immagine dell’acqua che scorre che la messa a fuoco dei dettagli non mancherà, e ci accorgiamo ben presto che è proprio questa, insieme ad una splendida sinfonia di primi piani, a caratterizzare l’intero film.
Anche se a volte, veramente poche, dal dettaglio passiamo ad un totale (un totale che si occupa solo di farci immergere nel paesaggio innevato), il regista ci lascia intendere, in maniera del tutto chiara, che sono i volti e l’inesistente profondità di campo a rendere la pellicola intensa, forte, vera.
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Possiamo già renderci conto dalla prima immagine dell’acqua che scorre che la messa a fuoco dei dettagli non mancherà, e ci accorgiamo ben presto che è proprio questa, insieme ad una splendida sinfonia di primi piani, a caratterizzare l’intero film.
Anche se a volte, veramente poche, dal dettaglio passiamo ad un totale (un totale che si occupa solo di farci immergere nel paesaggio innevato), il regista ci lascia intendere, in maniera del tutto chiara, che sono i volti e l’inesistente profondità di campo a rendere la pellicola intensa, forte, vera.
Un cacciatore di pelli e i suoi compagni vengono attaccati da un gruppo di Arikara, tribù di nativi americani del Dakota del nord e del sud. Durante la battaglia la luce è fredda, nonostante i raggi del sole si infiltrino tra le cime degli alberi del bosco, fredda, proprio come il sangue che scorre negli uomini che si uccidono l’un l’altro, senza la minima esitazione. La camera da presa è posizionata molto in basso, quasi all’altezza del suolo umido, portandoci direttamente nel bel mezzo dell’attacco e facendoci assistere, trattenendo il respiro, ad un massacro straziante.
I superstiti della battaglia continuano il viaggio esplorativo dei territori lungo il fiume Missouri e, grazie ai continui e per niente invadenti primi piani, siamo con loro, viaggiamo anche noi attraverso i boschi innevati, sentiamo freddo, abbiamo fame.
Hugh Glass, interpretato da Leonardo Di Caprio, durante un sopralluogo solitario, viene attaccato da un orso Grizzly e ridotto in fin di vita. I trappers decidono di continuare il viaggio, lasciandolo con altri due compagni, il cacciatore Fitzgerald e il giovane Bridger, e suo figlio, avuto da sua moglie, una donna Pawnee, uccisa anni prima nel loro villaggio (qui il regista inserisce un flashback e, servendosi di un’allegoria, dipinge teneramente l’anima della donna come un passero che fugge dal petto). Lo spietato Fitzgerald, mosso dal terribile desiderio di intascare la somma economica che era stata promessa loro che sarebbero rimasti con il ferito, uccide il figlio di Glass e costringe Bridger a continuare il viaggio lasciando morire Glass da solo nel bosco.
Ed è proprio qui che il film si divide in due. Lasciamo la prima parte, dinamica e imprevedibile, caratterizzata dai dialoghi, e iniziamo ad inoltrarci nella coraggiosa solitudine di Hugh Glass. Ancora una volta la macchina da presa si pone ai piedi del protagonista, con riprese dal basso all’alto che tendono a sottolineare quanto la maestosità della natura schiacci l’uomo a terra.
Da questo punto in poi della pellicola, siamo portati a pensare che il regista abbia riposto gran parte della sua fiducia per la riuscita del film nella splendida interpretazione di Leonardo Di Caprio e che il desiderio di vendetta di Hugh Glass viaggi di pari passo con il desiderio da parte del protagonista di vincere la famosa statuetta. Ma non è così. Come Di Caprio stesso ha dichiarato, "questo viaggio (perchè di questo si tratta, più che di un film) è stato portato a termine senza minimamente pensare all’Oscar". “La vendetta è nelle mani di Dio”, queste le parole dell’indiano che conosce Glass durante il suo viaggio, e queste le parole che ci condurranno, insieme al protagonista,verso la fine del film. Nella vita ci ritroviamo spesso a scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile. Valori quali l’amicizia, la saggezza e l’umiltà possono aiutarci a scegliere.
VL.
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nicola1
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lunedì 15 febbraio 2016
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malick - voce narrante = revenant
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Ho aspettato di vederlo per andare in una sala vuota ed invece a distanza della sua uscita la sala era abbastanza piena. Devo dire che il trailer mi aveva affascinato e avevo altissime aspettative per il film. Pero' ci sono dei “ma”. Il film è bello, di sicuro merita una visione nel bassissimo panorama cinematografico attuale. I punti di forza del film sono la direzione artistica, la fotografia (ovvero la sua mancanza) e naturalmente la regia. Iñarritu ritorna sui piani sequenza e dopo quelli digitali di “Birdman” ha realizzato questi nel miglior “infernale Quinlan-style”, senza nessun trucco artefatto. L’attacco degli indiani all’accampamento è un capolavoro così come l’attacco dell’orsa.
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Ho aspettato di vederlo per andare in una sala vuota ed invece a distanza della sua uscita la sala era abbastanza piena. Devo dire che il trailer mi aveva affascinato e avevo altissime aspettative per il film. Pero' ci sono dei “ma”. Il film è bello, di sicuro merita una visione nel bassissimo panorama cinematografico attuale. I punti di forza del film sono la direzione artistica, la fotografia (ovvero la sua mancanza) e naturalmente la regia. Iñarritu ritorna sui piani sequenza e dopo quelli digitali di “Birdman” ha realizzato questi nel miglior “infernale Quinlan-style”, senza nessun trucco artefatto. L’attacco degli indiani all’accampamento è un capolavoro così come l’attacco dell’orsa. Veniamo ai “ma”. La narrazione. Per la scelta narrativa fatta potrebbe andare bene, con la sua lentezza voluta. Sembra un film di Terrence Malick. La differenza essenziale è che Malick sa che scegliendo questo tipo di narrazione ci vuole qualcosa che tenga desta l’attenzione dello spettatore e in questo caso la voce narrante copre questo dilemma (anche se molti trovano la stessa voce narrante più monotona della lentezza stessa delle immagini) Iñarritu scegli una narrazione più marcatamente autoriale e cosi inciampa in una serie di sequenze ripetitive che appesantiscono di parecchio il film. La storia di per se è abbastanza sfruttata. Sempre di una vendetta trattasi anche se il tema principale sta nel “risorgere” del protagonista. Riguardo alla recitazione credo che sia quella di DiCaprio che quella di Hardy passano in secondo piano. La “vera” protagonista del film è la Natura. E quella mostrata nel film vincerebbe qualunque Oscar. Un altro appunto è la mancata caratterizzazione del personaggio della figlia indiana rapita. A fine film solo per intuizione si capisce il perché DiCaprio non viene ucciso. Un altro punto saliente del film è la musica di Sakamoto & Co. Avvincente a sottolineare scene drammatiche e per la scenografia. Ad ogni modo è un film da vedere e, soprattutto, sul grande schermo.
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rongiu
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lunedì 29 febbraio 2016
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finalmente... leo!
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ACADEMY AWARD (OSCAR)
Best Performance by an Actor in a Leading Role
28 febbraio 2016
"Grazie molte a tutti.
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ACADEMY AWARD (OSCAR)
Best Performance by an Actor in a Leading Role
28 febbraio 2016
"Grazie molte a tutti. Grazie all'Academy, grazie a voi tutti in questa sala. Mi devo congratulare con gli altri straordinari nominati quest'anno. Revenant è stato il prodotto di sforzi instancabili di un incredibile cast e troupe. Prima di tutto, il mio fratello di questa impresa, Mister Tom Hardy. Tom, il tuo talento sul set può essere superato soltanto dalla tua amicizia fuori dal set, grazie per aver creato una trascendente esperienza cinematografica. Grazie a tutti in Fox e New Regency. Al mio intero team, devo ringraziare tutti fin dall'inizio della mia carriera. Ai miei genitori, neinte di questo sarebbe stato possibile senza di voi. E ai miei amici, che amo profondamente, voi sapete chi siete. Infine, vorrei dire questo: la realizzazione di Revenant è stata una relazione tra l'uomo e la natura del mondo, un mondo che abbiamo tutti percepito nel 2015 come l'anno più caldo della storia. La produzione ha dovuto spostarsi all'estremo Sud per riuscire a trovare la neve. Il cambiamente climatico è reale e sta accadendo ora. È la più urgente minaccia che la nostra specie deve affrontare e dobbiamo lavorare tutti insieme senza procrastinare ulteriormente. Abbiamo bisogno del supporto dei leader mondiali che non devono parlare per conto degli inquinatori, ma per conto dell'umanità, delle popolazioni indigene, dei miliardi e miliardi di persone svantaggiate là fuori che subiranno maggiormente tutto questo, per i figli dei nostri figli e per tutti coloro le cui voci sono state soffocate dall'avidità della politica. Vi ringrazio tutti per questo premio. Non diamo per scontato il nostro pianeta, io non do per scontata questa serata. Grazie infinite."
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leon99
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domenica 10 aprile 2016
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a 3 mesi dall'uscita
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Perchè attendere 3 mesi per recensire questo titolo che ha fatto da apripista al 2016 del target di cinema americano che punta agli incassi più che a restare impresso nel pubblico? Beh diciamo che la risposta è proprio qui: restare impresso. Ebbene,partendo dalla pubblicità quasi assillante che ha reso chiunque protagonista della classica riflessione ''prima o poi lo devo vedere..c'è anche DiCaprio'' si arriva quasi sicuramente in sala,visto che nel periodo di lancio post-natalizio,ben studiato dai promoters,la concorrenza è poca ma l'affluenza al cinema c'è.
In sala il film è ben amalgamato da introduzioni con sponsor by Discovery Channel che mantengono coerente il ''probabilmente sarà il film dell'anno''(o il Blockbuster.
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Perchè attendere 3 mesi per recensire questo titolo che ha fatto da apripista al 2016 del target di cinema americano che punta agli incassi più che a restare impresso nel pubblico? Beh diciamo che la risposta è proprio qui: restare impresso. Ebbene,partendo dalla pubblicità quasi assillante che ha reso chiunque protagonista della classica riflessione ''prima o poi lo devo vedere..c'è anche DiCaprio'' si arriva quasi sicuramente in sala,visto che nel periodo di lancio post-natalizio,ben studiato dai promoters,la concorrenza è poca ma l'affluenza al cinema c'è.
In sala il film è ben amalgamato da introduzioni con sponsor by Discovery Channel che mantengono coerente il ''probabilmente sarà il film dell'anno''(o il Blockbuster...) e quando parte la proiezione Inarritu sfodera subito il meglio col suo,ormai tratto distintivo,piano sequenza,utilizzato in una scena di battaglia sanguinaria nella quale rende davvero,con il lento muoversi,una sensazione di contrapposizione,da catalogare nella storia della regia. Il film in un secondo momento,successivo alla scarica di adrenalina con la quale si inizia ad aprire un contatto emotivo con il pubblico,diventa più noioso e meno coinvolgente fino alla scena dell'orso,inoltre tutti i personaggi sembrano essere già letti e catalogabili. La trama prosegue con i suoi clichè e il film non sbalordisce sotto un punto di vista di avvenimenti e successioni di eventi,anzi,resta impresso più per il suo ricorrente essere inverosimile ; ma c'è comunque da dire che Inarritu riesce ad instaurare un forte rapporto cognitivo con il pubblico grazie a DiCaprio e al suo carisma e il film prosegue girando fondamentalmente intorno a questo più che alla storia in sè per sè,quasi come un'esperienza emotiva per lo spettatore. Rispetto al precedente successo con Birdman,qui Alejandro sembra voler essere più ''Omero'' che ''Freud'',e alcuni potrebbero vederlo come definitivamente staccato dalle sue origini(21 grammi,Amores Perros)per darsi ai BlockBuster,invece io,nonostante l'accessibilità di questo film ad un pubblico decisamente più vasto composta da appassionati di generi diversi dal dramma-psicologico e di noncinefili,riesco a scorgere un sempre presente filo di coerenza artistica in questo regista che ha stregato Hollywood con il suo raccontare tante cose in salsa ''maglietta bianca''. Dimostra,tra l'altro,di spaziare ANCHE in un cinema di visione semplice(volendo),il che non è facile dopo aver diretto un Miglior Film che va visto e capito da spettatori esterni proprio come un'opera teatrale.
In conclusione,il film è da vedere ma senza aspettarsi un capolavoro,bensì con la voglia di vivere una storia(tra l'altro vera) arricchita da finezze di un regista come Inarritu e un attore come DiCaprio.
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lamoreaitempidelcolera
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venerdì 15 luglio 2016
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vivere, prima di morire
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Revenant è un film fortissimo, dove tutte la trama scorre su sensaioni estreme: violenti scontri corpo a corpo, tensione altissima di agguati sempre incombenti, paesaggi naturali imponenti, forze della natura devastanti (tormente, correnti impetuose, temperature estreme). Tutto è radicale, ad eccezione di una voce sussurrata che invita a guardare un albero sbattuto dal vento, che sembra vacillare, ma che invece resta saldo nel suo tronco. Tutto infuria intorno, ma l'albero non cede, perchè affonda in profondità ben saldo nella terra. L'albero è Hugh Glass, la guida della spedizione, interpretato con connotati stravolti dal grandissimo Leonardo Di Caprio; la voce sussurrata è della moglie indiana che lui ha precedentemente perduto in uno scontro con i bianchi.
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Revenant è un film fortissimo, dove tutte la trama scorre su sensaioni estreme: violenti scontri corpo a corpo, tensione altissima di agguati sempre incombenti, paesaggi naturali imponenti, forze della natura devastanti (tormente, correnti impetuose, temperature estreme). Tutto è radicale, ad eccezione di una voce sussurrata che invita a guardare un albero sbattuto dal vento, che sembra vacillare, ma che invece resta saldo nel suo tronco. Tutto infuria intorno, ma l'albero non cede, perchè affonda in profondità ben saldo nella terra. L'albero è Hugh Glass, la guida della spedizione, interpretato con connotati stravolti dal grandissimo Leonardo Di Caprio; la voce sussurrata è della moglie indiana che lui ha precedentemente perduto in uno scontro con i bianchi. Hugh rappresenta il ponte tra il Bene e il Male, tra il Giusto e l'Ingiusto, tra la Comunità indiana e il Saccheggio dei bianchi, profittatori e usurpatori. Hugh li guida in silenzio, ma non interrompe mai il dialogo con Hawk, suo figlio, al quale sempre ripete "Tu sei mio figlio", sua stessa carne. Una volta ridotto in fin di vita da un orso e, moribondo, costretto ad assistere alla morte di Hawk per la spietatezza del bianco Fitzgerald, Hugh ritorna in vita per la forza di quello straordinario legame paterno. Dedica, così, quello che ormai il suo corpo gli permette di fare, poco più che strisciare, alla vendetta del figlio. Hugh rivive, nonostante tutto, e pone fine alla vita del bestiale Fitgezarld, lasciando generosamente che il colpo di grazia gli venga inferto dagli indiani sopraggiunti con i loro sacrosanti motivi per vendicarsi di lui. Lo sguardo finale di Hugh che ci fissa dritto negli occhi sembra dirci che tutto è compiuto e che ora è pronto per andare incontro al suo destino. In ogni film è bello trovare un aggancio con la nostra vita. Hugh è quanto di primigenio c'è in noi, è la forza propulsiva che ci spinge ad esistere, contro la quale tramano circostanze avverse, tormente, forze ostili. Se il tronco è saldo, resisteremo. Ma il tronco è saldo se affonda nell'amore di chi ci ha infuso la forza. Solo così potremo tornare a vivere più di una volta, prima di chiudere gli occhi per sempre.
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susyf
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martedì 16 agosto 2016
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revenant: un film pulsante che emoziona
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Ci troviamo nei primi decenni del diciannovesimo secolo in cui quelli che sarebbero poi diventati gli Stati Uniti non sono altro che un luogo dove soldati, mercenari e cercatori di fortuna esplorano e conquistano un territorio immenso e pieno di opportunità e avversità. IL protagonista è Glass uomo retto, giusto e dalle poche parole che è in una spedizione con altri compagni e con il figlio Hawk per trovare e lavorare le pelli. Glass viene aggredito da un orso e, quasi in fin di vita, viene affidato ad un compagno di spedizione Fitzgerald che in cambio di soldi si sarebbe dovuto occupare della sua sepoltura. Quest'ultimo però non solo non compie il suo incarico ma uccide anche il figlio. Glass si ritroverà così in pieno inverno a dover lottare per la sua sopravvivenza e combatterà per questa contro il ghiaccio, la disidratazione e il freddo pur di vendicare l 'uccisione del figlio.
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Ci troviamo nei primi decenni del diciannovesimo secolo in cui quelli che sarebbero poi diventati gli Stati Uniti non sono altro che un luogo dove soldati, mercenari e cercatori di fortuna esplorano e conquistano un territorio immenso e pieno di opportunità e avversità. IL protagonista è Glass uomo retto, giusto e dalle poche parole che è in una spedizione con altri compagni e con il figlio Hawk per trovare e lavorare le pelli. Glass viene aggredito da un orso e, quasi in fin di vita, viene affidato ad un compagno di spedizione Fitzgerald che in cambio di soldi si sarebbe dovuto occupare della sua sepoltura. Quest'ultimo però non solo non compie il suo incarico ma uccide anche il figlio. Glass si ritroverà così in pieno inverno a dover lottare per la sua sopravvivenza e combatterà per questa contro il ghiaccio, la disidratazione e il freddo pur di vendicare l 'uccisione del figlio. In questo film che è tra il tipico film drammatico nello stile di Inarritu e un western alternativo quanto molto più autentico di molti già visti e non così realistici, troviamo una trama semplice quanto forte e che emoziona. Nella maggior parte della pellicola si assiste ad un uomo che cerca di sopravvivere per vendicare quella che era la sua unica ragione di vita e che gli è stata tolta proprio davanti ai suoi occhi. Aspetto fondamentale del film oltre alla lotta per la sopravvivenza e anche la distruzione e la violenza dell'uomo bianco contro i nativi americani considerati soltanto dei selvaggi quando invece dal film emerge una umanità e un onore da pochi. Troviamo ogni tipo di uomo in questo film dall'uomo credente, giusto e corretto all'uomo senza scrupoli per il quale ciò che conta non è nient'altro che il proprio tornaconto e che crede che Dio non sia nient'altro che uno scoiattolo da mangiare. C'è chi cerca la vendetta e chi si rende conto che la vendetta è nelle mani di Dio. Revenant è un film essenziale, pulito, semplice ma emozionante come pochi, non c'è da parte del regista la volontà di ''appagamento artistico'' ma la telecamera sembra soltanto essere a servizio della storia entriamo nella vicenda e nella mente del protagonista, nella sua solitudine e nella maestosistà della natura. Leonardo Dicaprio offre una performance che rasenta la perfezione non dà spazio al suscitare commozione a tutti i costi ma entra totalmente nella tragedia del personaggio, ottima anche la performance di Tom Hardy che interpreta anche il cinico Fitzerald. Film che fa riflettere e fa ritrovare la parte più essenziale e intimistica del cinema
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greatsteven
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sabato 21 luglio 2018
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incredibile leggenda di un eroe senza ripensamenti
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REVENANT – REDIVIVO (USA, 2016) diretto da ALEJANDRO GONZáLEZ IňARRITU. Interpretato da LEONARDO DICAPRIO, TOM HARDY, DOMHNALL GLEESON, WILL POULTER, FORREST GOODLUCK, PAUL ANDERSON
Ispirato ad eventi realmente accaduti. North Dakota, 1823: mentre il trapper Hugh Glass è a caccia di alci, il suo accampamento viene attaccato da un gruppo di feroci indiani Arikara, e nel tentativo di difendersi, muoiono ben trentatré uomini della spedizione. Non potendo salvare le pellicce accuratamente lavorate per venderle ad altre tribù di nativi americani e dovendo abbandonare la barca su cui viaggiano lungo il Missouri perché potrebbero risultare facile preda degli Arikara, i dodici uomini rimasti vivi, su consiglio di Glass, che ha portato seco nella missione anche il giovane figlio Hawk, avuto da una donna Pawnee uccisa durante un saccheggio al loro villaggio indiano da soldati statunitensi, decidono di intraprendere la via del bosco risalendo sentieri montuosi, pur essendo consapevoli che l’inverno alle porte li intralcerà.
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REVENANT – REDIVIVO (USA, 2016) diretto da ALEJANDRO GONZáLEZ IňARRITU. Interpretato da LEONARDO DICAPRIO, TOM HARDY, DOMHNALL GLEESON, WILL POULTER, FORREST GOODLUCK, PAUL ANDERSON
Ispirato ad eventi realmente accaduti. North Dakota, 1823: mentre il trapper Hugh Glass è a caccia di alci, il suo accampamento viene attaccato da un gruppo di feroci indiani Arikara, e nel tentativo di difendersi, muoiono ben trentatré uomini della spedizione. Non potendo salvare le pellicce accuratamente lavorate per venderle ad altre tribù di nativi americani e dovendo abbandonare la barca su cui viaggiano lungo il Missouri perché potrebbero risultare facile preda degli Arikara, i dodici uomini rimasti vivi, su consiglio di Glass, che ha portato seco nella missione anche il giovane figlio Hawk, avuto da una donna Pawnee uccisa durante un saccheggio al loro villaggio indiano da soldati statunitensi, decidono di intraprendere la via del bosco risalendo sentieri montuosi, pur essendo consapevoli che l’inverno alle porte li intralcerà. Glass viene aggredito da una femmina di orso grizzly, particolarmente aggressiva per proteggere i suoi cuccioli e, malgrado riesca ad abbatterla con una fucilata e il suo coltello, rimane in fin di vita a causa delle numerose e profonde ferite riportate. Nonostante il comandante della missione, il capitano Andrew Henry, tenti di medicarlo dandogli dei punti e facendo l’impossibile per curarlo, capisce che lo sventurato non è trasportabile e dunque il plotone si deve dividere in due gruppi: uno che raggiunga il villaggio portando il viaggio a piedi a compimento e l’altro che assista Glass fino alla fine per poi dargli degna sepoltura. Del secondo gruppo fanno parte il figlio Hawk, il giovane e premuroso Jim Bridger e il perfido cacciatore John Fitzgerald. Quest’ultimo, dopo aver tentato di spingere Hugh al suicidio, cerca di soffocarlo, ma Hawk lo ferma, rimettendoci però la vita per colpa di una pugnalata al ventre da parte del malvagio e insensibile cacciatore. Bridger, all’oscuro di tutto perché assente in quel momento, si lascia convincere da Fitzgerald ad abbandonare la lettiga su cui è legato Glass dopo che l’ingannatore lo imbroglia asserendo che ha perso di vista Hawk e che deve per forza abbandonare il moribondo in una fossa improvvisata perché ha avvistato almeno venti Arikara a poca distanza. Dopo essersi trascinato fuori a fatica dalla fossa e aver giurato vendetta sul cadavere del figlio, Hugh si rimette in piedi e si trascina per i boschi, sopravvivendo con ogni mezzo e sfuggendo più volte agli Arikara grazie anche alla propria fortuna. Durante una tormenta di neve che rischia di danneggiargli le ferite in suppurazione, viene soccorso da un vecchio e solitario Pawnee, che ha anch’egli perduto la sua famiglia e vuole ricongiungersi alla sua tribù, di cui diventa amico e col quale condivide un tratto di percorso. Ormai sulla via della guarigione e in grado di proseguire il cammino individualmente, Hugh, che si ritrova solo al risveglio, ritrova il proprio amico indiano impiccato e scopre che i responsabili sono i cacciatori francesi. Scopre inoltre che il gruppo di uomini aveva sequestrato la figlia d’un capo Arikara. Ruba perciò ai nemici stranieri il cavallo che loro avevano sottratto al suo amico appeso, ma viene scoperto; nella sua precipitosa fuga, uccide tre cacciatori francesi e salva la donna da essi rapita, che prima di scappare con lui evira il capo-spedizione che l’aveva stuprata. Di nuovo inseguito dagli Arikara, Hugh precipita in un burrone, ma si salva grazie ad un albero e alla neve fresca che ammortizzano che la caduta. Per sopravvivere al freddo, apre uno squarcio nella carcassa del suo cavallo e vi si nasconde dentro. Frattanto uno dei francesi sopravvissuti all’attacco giunge, in cerca di riparo, al forte dove stazionano i compagni di Glass. Bridger nota per caso la borraccia di Glass, caduta al misterioso uomo autore dell’agguato al loro campo. Il capitano Henry, credendo che la borraccia sia stata data dal padre ad Hawk e che il mezzosangue sia ancora disperso nelle intemperie, invia una spedizione, la quale riporta però indietro Hugh che, affamato ed esausto, viene condotto al forte. Dopo aver scagionato Bridger dalle accuse di tradimento verso la pattuglia, Henry parte con Glass alla ricerca di Fitzgerald, fuggito dal forte nei boschi dopo aver svaligiato la cassaforte del capitano. Separatisi per cercarlo, il primo a trovarlo è Henry, che però viene dal traditore ucciso con una fucilata al torace; grazie ad uno stratagemma, Hugh riesce a trarlo nella sua trappola e ingaggia con lui, una volta precipitati lungo una scarpata innevata vicino ad un torrente burrascoso, una lotta furibonda e, benché più volte ferito dall’avversario, prevale su di lui. Ma a quel punto, capendo che la vendetta è nelle mani del Signore e non nelle sue e intravedendo in lontananza il capo Arikara e la figlia ad egli restituita, affida ad essi l’incombenza e loro lo sgozzano e gettano nelle correnti del fiume. Placata la sua sete di vendetta che gli aveva fornito forze straordinarie, Hugh si abbandona spossato sulla neve e ricorda la moglie, non si capisce se attendendo il sollievo della morte o sulla via d’un eventuale ritorno. Scritto dal regista con Mark Lee Smith, distribuito dalla Twentieth Century Fox, basato sull’omonimo romanzo di Michael Punke (edito in Italia da Einaudi nel 2014, ma composto nel 2002) e vincitore di svariati premi (3 Oscar – DiCaprio, Iñarritu regista, la fotografia stupenda di Emmanuel Lubezki; 5 BAFTA; 3 Golden Globes), fonde mirabilmente i generi cinematografici di impatto più virile (western, avventura, azione, thriller, ma anche il drammatico e il biografico, siccome la storia trae il soggetto dal veramente vissuto Hugh Glass, cacciatore di pelli del Missouri che fu abbandonato dai compagni in punto di morte e riuscì ciononostante a sopravvivere) e privilegia i personaggi maschili senza accantonare quelli femminili, numericamente inferiori, dando ad entrambe le categorie il motivo della violenza necessaria, il bisogno della lotta per non farsi sopraffare dagli elementi naturali contrari e di costante opposizione e l’odio fomentato, ma mai primigenio, degli esseri umani giusti contro quelli egoisti che puntano esclusivamente a versare sangue, intascare quantità esorbitanti di denaro e mettere in salvo sé stessi disinteressandosi degli stessi compagni cui avrebbero dovuto promettere fedeltà. Sebbene la statuetta gli sia stata data più che altro per contentino, per via delle sette nomination precedenti andate a vuoto, DiCaprio, che ha sofferto parecchio per questa meravigliosa interpretazione, si è meritato appieno il premio recitando un ruolo con battute rarefatte e un impegno fisico considerevole che va lodato in quanto gli ha richiesto un dispendio di energie che non tutti gli attori hollywoodiani nel senso più autoreferenziale del termine avrebbero saputo reggere. Lo affiancano: uno spregiudicato T. Hardy, cacciatore senza scrupoli che vende la vita dei propri compagni di spedizione per scampare egli al trapasso ma che non tiene conto di chi può rinsavire per vendicarsi; D. Gleeson, carattere positivo che agisce come il più savio e assennato dei capitani, rimproverando alla bisogna i propri sottoposti e non disdegnando di complimentarsi con chi fa il proprio dovere combattendo le avversità implacabili di un ambiente ostile e di gente tutt’altro che caritatevole; W. Poulter, il giovane Jim Bridger, ragazzo intelligente che si salva per la sua correttezza di comportamento e la sua lealtà che, a parte le brecce che possono blandire il suo cuore per la ricerca della salvezza, non crolla mai; e F. Goodluck, il fedele Hawk nato dalla procreazione fra un uomo bianco e una Pawnee, che ha assistito all’uccisione della madre e non trascurerebbe mai il padre, in salute e in malattia, neanche se spinto da motivazioni contrarie assai persuadenti. Iñarritu, due volte consecutive premio Oscar per la regia (nel 2015 lo vinse grazie al capolavoro Birdman, eguagliando così registi come John Ford e Joseph L. Mankiewicz), si conferma l’autore messicano di storie cinematografiche con le migliori capacità di stupire con la sua scrittura lucida e intensa che sembra sprizzare fuori dallo schermo, la sua direzione degli interpreti sempre attenta e catalizzante e la sua dote di gestire tutti i contributi tecnici, nessuno escluso, adoperando un’ottima commistione che li valorizza uno per uno a favore della costruzione generale di trama, impressioni non immediate, significati profondi. 532,5 milioni di dollari d’incasso nel mondo nel solo 2016. Una sorpresa al botteghino oltremodo meritata per un film che annunciava fin dal principio di non deludere nessuna aspettativa, a prescindere da chi si aspettava qualcosa. Sicuramente qualcosa di preparato.
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lunedì 4 gennaio 2016
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qualcosa non ha funzionato, capolavoro a metà.
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17 luglio 2015. Esce finalmente il trailer di "The Revenant". Notte fonda e io sono davanti al pc e guardo continuamente questo trailer che è un'opera d'arte e non vedo l'ora che arrivi gennaio perchè penso che con tutta probabilità assisterò ad un film perfetto.
2 gebbaio 2016. Esce in sala "The Revenant". A caldo, non so cosa pensare. Lo guardo di nuovo e capisco: qualcosa non ha funzionato e il nuovo film di Inarritu rimane un capolavoro a metà.
Evidentemente avevo aspettative troppo alte ma questo perchè le prime immagini diffuse lasciavano pensare a una pellicola completa in tutti i settori: la regia virtuosa di Inarritu, la fotografia con luce naturale di Lubezki, le prove attoriali di Di Caprio e Hardy.
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17 luglio 2015. Esce finalmente il trailer di "The Revenant". Notte fonda e io sono davanti al pc e guardo continuamente questo trailer che è un'opera d'arte e non vedo l'ora che arrivi gennaio perchè penso che con tutta probabilità assisterò ad un film perfetto.
2 gebbaio 2016. Esce in sala "The Revenant". A caldo, non so cosa pensare. Lo guardo di nuovo e capisco: qualcosa non ha funzionato e il nuovo film di Inarritu rimane un capolavoro a metà.
Evidentemente avevo aspettative troppo alte ma questo perchè le prime immagini diffuse lasciavano pensare a una pellicola completa in tutti i settori: la regia virtuosa di Inarritu, la fotografia con luce naturale di Lubezki, le prove attoriali di Di Caprio e Hardy... così è stato in effetti, e tutti e quattro meriterebbero un Oscar, è vero, ma il film diciamo che è diverso da come almeno io mi aspettavo, cioè un film cinefilo, virtuoso, poetico, ma anche e soprattutto di intrattenimento. Quando poi affronti queste due ore e mezza di pellicola ti rendi conto da subito, diciamo dai primi cinque minuti, che sarà molto più impegnativo di quanto pensavi/speravi.
Ecco le prime sequenze ad esempio, così come le scene molto oniriche in cui Di Caprio ricorda la moglie, mi hanno subito riportato a Terrence Malick e ai suoi "the new world" e "the tree of life". Sia chiaro non è una critica, ma un film d'intrattenimento non può certo permettersi dei rimandi a questo regista/filosofo.
Penso che la cosa di cui il film soffre di più sia di fatto il ritmo. Se l'anno prima il regista messicano ci aveva tenuti incollati allo schermo con "Birdman" e il suo lungo e finto piano sequenza, con la sua inesorabile batteria a fare da colonna sonora, con i suoi dialoghi veloci e frizzanti, quest'anno con "The Revenant", ci confeziona una pellicola lenta, con molti piani sequenza e lenti movimenti di macchina, con pochi, pochissimi dialoghi (penso sia il film dove Di Caprio recita meno battute),e con una colonna sonora poi, bellissima certo, ma inadeguata.
Se ci fossero stati più dialoghi e se nei momenti più importanti la colonna sonora, che ha un violino per protagonista, fosse stata più incisiva il film sarebbe lievitato ancora di più.
Ho letto poi che in principio il ruolo di Fitzgerald era stato pensato per Sean Penn. Serve aggiungere altro?
Niente da recriminare a Tom Hardy che ha fatto un lavoro eccellente, ma ci sono certi attori che il film te lo "mangiano". Ecco perchè in fondo Di Caprio si è rivelata la migliore delle scelte possibili. Qui è un gigante e con tutta probabilità (oscar o meno), la sua performance verrà ricordata come la migliore della sua carriera. Una nota di merito va all'inaspettato Domhnall Gleeson, che non mi è mai piaciuto e che qui mi ha fatto ricredere; vorrei citare alcune scene ma il film in Italia non è ancora uscito, così mi limito ad invitarvi a vederlo, al cinema sia chiaro, avvertendo tutti quelli che si approcciano alla visione di come il film sia impegnativo, esistenziale (come tutti quelli di Inarritu) e infine, bello.
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