REVENANT – REDIVIVO (USA, 2016) diretto da ALEJANDRO GONZáLEZ IňARRITU. Interpretato da LEONARDO DICAPRIO, TOM HARDY, DOMHNALL GLEESON, WILL POULTER, FORREST GOODLUCK, PAUL ANDERSON
Ispirato ad eventi realmente accaduti. North Dakota, 1823: mentre il trapper Hugh Glass è a caccia di alci, il suo accampamento viene attaccato da un gruppo di feroci indiani Arikara, e nel tentativo di difendersi, muoiono ben trentatré uomini della spedizione. Non potendo salvare le pellicce accuratamente lavorate per venderle ad altre tribù di nativi americani e dovendo abbandonare la barca su cui viaggiano lungo il Missouri perché potrebbero risultare facile preda degli Arikara, i dodici uomini rimasti vivi, su consiglio di Glass, che ha portato seco nella missione anche il giovane figlio Hawk, avuto da una donna Pawnee uccisa durante un saccheggio al loro villaggio indiano da soldati statunitensi, decidono di intraprendere la via del bosco risalendo sentieri montuosi, pur essendo consapevoli che l’inverno alle porte li intralcerà. Glass viene aggredito da una femmina di orso grizzly, particolarmente aggressiva per proteggere i suoi cuccioli e, malgrado riesca ad abbatterla con una fucilata e il suo coltello, rimane in fin di vita a causa delle numerose e profonde ferite riportate. Nonostante il comandante della missione, il capitano Andrew Henry, tenti di medicarlo dandogli dei punti e facendo l’impossibile per curarlo, capisce che lo sventurato non è trasportabile e dunque il plotone si deve dividere in due gruppi: uno che raggiunga il villaggio portando il viaggio a piedi a compimento e l’altro che assista Glass fino alla fine per poi dargli degna sepoltura. Del secondo gruppo fanno parte il figlio Hawk, il giovane e premuroso Jim Bridger e il perfido cacciatore John Fitzgerald. Quest’ultimo, dopo aver tentato di spingere Hugh al suicidio, cerca di soffocarlo, ma Hawk lo ferma, rimettendoci però la vita per colpa di una pugnalata al ventre da parte del malvagio e insensibile cacciatore. Bridger, all’oscuro di tutto perché assente in quel momento, si lascia convincere da Fitzgerald ad abbandonare la lettiga su cui è legato Glass dopo che l’ingannatore lo imbroglia asserendo che ha perso di vista Hawk e che deve per forza abbandonare il moribondo in una fossa improvvisata perché ha avvistato almeno venti Arikara a poca distanza. Dopo essersi trascinato fuori a fatica dalla fossa e aver giurato vendetta sul cadavere del figlio, Hugh si rimette in piedi e si trascina per i boschi, sopravvivendo con ogni mezzo e sfuggendo più volte agli Arikara grazie anche alla propria fortuna. Durante una tormenta di neve che rischia di danneggiargli le ferite in suppurazione, viene soccorso da un vecchio e solitario Pawnee, che ha anch’egli perduto la sua famiglia e vuole ricongiungersi alla sua tribù, di cui diventa amico e col quale condivide un tratto di percorso. Ormai sulla via della guarigione e in grado di proseguire il cammino individualmente, Hugh, che si ritrova solo al risveglio, ritrova il proprio amico indiano impiccato e scopre che i responsabili sono i cacciatori francesi. Scopre inoltre che il gruppo di uomini aveva sequestrato la figlia d’un capo Arikara. Ruba perciò ai nemici stranieri il cavallo che loro avevano sottratto al suo amico appeso, ma viene scoperto; nella sua precipitosa fuga, uccide tre cacciatori francesi e salva la donna da essi rapita, che prima di scappare con lui evira il capo-spedizione che l’aveva stuprata. Di nuovo inseguito dagli Arikara, Hugh precipita in un burrone, ma si salva grazie ad un albero e alla neve fresca che ammortizzano che la caduta. Per sopravvivere al freddo, apre uno squarcio nella carcassa del suo cavallo e vi si nasconde dentro. Frattanto uno dei francesi sopravvissuti all’attacco giunge, in cerca di riparo, al forte dove stazionano i compagni di Glass. Bridger nota per caso la borraccia di Glass, caduta al misterioso uomo autore dell’agguato al loro campo. Il capitano Henry, credendo che la borraccia sia stata data dal padre ad Hawk e che il mezzosangue sia ancora disperso nelle intemperie, invia una spedizione, la quale riporta però indietro Hugh che, affamato ed esausto, viene condotto al forte. Dopo aver scagionato Bridger dalle accuse di tradimento verso la pattuglia, Henry parte con Glass alla ricerca di Fitzgerald, fuggito dal forte nei boschi dopo aver svaligiato la cassaforte del capitano. Separatisi per cercarlo, il primo a trovarlo è Henry, che però viene dal traditore ucciso con una fucilata al torace; grazie ad uno stratagemma, Hugh riesce a trarlo nella sua trappola e ingaggia con lui, una volta precipitati lungo una scarpata innevata vicino ad un torrente burrascoso, una lotta furibonda e, benché più volte ferito dall’avversario, prevale su di lui. Ma a quel punto, capendo che la vendetta è nelle mani del Signore e non nelle sue e intravedendo in lontananza il capo Arikara e la figlia ad egli restituita, affida ad essi l’incombenza e loro lo sgozzano e gettano nelle correnti del fiume. Placata la sua sete di vendetta che gli aveva fornito forze straordinarie, Hugh si abbandona spossato sulla neve e ricorda la moglie, non si capisce se attendendo il sollievo della morte o sulla via d’un eventuale ritorno. Scritto dal regista con Mark Lee Smith, distribuito dalla Twentieth Century Fox, basato sull’omonimo romanzo di Michael Punke (edito in Italia da Einaudi nel 2014, ma composto nel 2002) e vincitore di svariati premi (3 Oscar – DiCaprio, Iñarritu regista, la fotografia stupenda di Emmanuel Lubezki; 5 BAFTA; 3 Golden Globes), fonde mirabilmente i generi cinematografici di impatto più virile (western, avventura, azione, thriller, ma anche il drammatico e il biografico, siccome la storia trae il soggetto dal veramente vissuto Hugh Glass, cacciatore di pelli del Missouri che fu abbandonato dai compagni in punto di morte e riuscì ciononostante a sopravvivere) e privilegia i personaggi maschili senza accantonare quelli femminili, numericamente inferiori, dando ad entrambe le categorie il motivo della violenza necessaria, il bisogno della lotta per non farsi sopraffare dagli elementi naturali contrari e di costante opposizione e l’odio fomentato, ma mai primigenio, degli esseri umani giusti contro quelli egoisti che puntano esclusivamente a versare sangue, intascare quantità esorbitanti di denaro e mettere in salvo sé stessi disinteressandosi degli stessi compagni cui avrebbero dovuto promettere fedeltà. Sebbene la statuetta gli sia stata data più che altro per contentino, per via delle sette nomination precedenti andate a vuoto, DiCaprio, che ha sofferto parecchio per questa meravigliosa interpretazione, si è meritato appieno il premio recitando un ruolo con battute rarefatte e un impegno fisico considerevole che va lodato in quanto gli ha richiesto un dispendio di energie che non tutti gli attori hollywoodiani nel senso più autoreferenziale del termine avrebbero saputo reggere. Lo affiancano: uno spregiudicato T. Hardy, cacciatore senza scrupoli che vende la vita dei propri compagni di spedizione per scampare egli al trapasso ma che non tiene conto di chi può rinsavire per vendicarsi; D. Gleeson, carattere positivo che agisce come il più savio e assennato dei capitani, rimproverando alla bisogna i propri sottoposti e non disdegnando di complimentarsi con chi fa il proprio dovere combattendo le avversità implacabili di un ambiente ostile e di gente tutt’altro che caritatevole; W. Poulter, il giovane Jim Bridger, ragazzo intelligente che si salva per la sua correttezza di comportamento e la sua lealtà che, a parte le brecce che possono blandire il suo cuore per la ricerca della salvezza, non crolla mai; e F. Goodluck, il fedele Hawk nato dalla procreazione fra un uomo bianco e una Pawnee, che ha assistito all’uccisione della madre e non trascurerebbe mai il padre, in salute e in malattia, neanche se spinto da motivazioni contrarie assai persuadenti. Iñarritu, due volte consecutive premio Oscar per la regia (nel 2015 lo vinse grazie al capolavoro Birdman, eguagliando così registi come John Ford e Joseph L. Mankiewicz), si conferma l’autore messicano di storie cinematografiche con le migliori capacità di stupire con la sua scrittura lucida e intensa che sembra sprizzare fuori dallo schermo, la sua direzione degli interpreti sempre attenta e catalizzante e la sua dote di gestire tutti i contributi tecnici, nessuno escluso, adoperando un’ottima commistione che li valorizza uno per uno a favore della costruzione generale di trama, impressioni non immediate, significati profondi. 532,5 milioni di dollari d’incasso nel mondo nel solo 2016. Una sorpresa al botteghino oltremodo meritata per un film che annunciava fin dal principio di non deludere nessuna aspettativa, a prescindere da chi si aspettava qualcosa. Sicuramente qualcosa di preparato.
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