Anno | 2014 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia, Argentina, Slovenia |
Durata | 75 minuti |
Regia di | Ivan Gergolet |
Attori | Maria Fux, Martina Serban, Maria José Vexenat, Marcos Ruiz, Macarena Battista Diana Martínez. |
Uscita | giovedì 26 febbraio 2015 |
Distribuzione | ExitMedia |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Il film è prodotto da Igor Princic, artefice del Premio Sic 2013 Zoran, il mio nipote scemo. Il film ha ottenuto 1 candidatura agli European Film Awards,
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CONSIGLIATO SÌ
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Maria Fux ha 93 anni. Ancora danza, con le braccia e con la mente, e ancora insegna a danzare. Alla sua casa-studio di Buenos Aires arrivano persone da tutto il mondo, per frequentare i suoi seminari e per conoscere il suo metodo, così particolare, nato nel 1942 vedendo una foglia staccarsi da un albero e muoversi al vento. Secondo Maria Fux non è solo seguendo la musica che si danza, ma imparando a seguire il proprio ritmo interno. Dunque tutti possono farlo. Trasformare i limiti fisici in una risorsa è diventata la sua missione.
Maria Fux, in questo senso, ha cambiato la vita di molta gente. Certamente quella di Maria Garrido, bambina mapuche trovata dalla polizia in una grotta, nel 1971, denutrita e sordomuta. La Fux le ha insegnato a muoversi tra le compagne, e poi nel mondo. Ha fatto scoprire il linguaggio del corpo a chi non può camminare, a chi non vede, ai ragazzini down Marcos e Macarena. Il documentario di Ivan Gergolet racconta questi successi senza farne motivo di clamore, mantenendoli nell'alveo della quotidianità in cui Maria vive del proprio del lavoro, da sempre, felice di fare quello che è, piuttosto che il contrario. La dimensione del film è pacata, intima: il regista non sgomita in casa d'altri, ma assorbe con discrezione le abitudini della padrona di casa, rispettandone la volontà di entrare e uscire di scena tuttora in maniera teatrale, per conservare quell'aura di mistero che l'ha resa una sorta di guida per tante donne, una guru in senso buono. E a colpire, del film, è proprio il rapporto tra la classe e la maestra, il clima di rispetto e il lavoro di integrazione che la Fux sa instaurare. La componente teatrale è presente, importante, ma non si risolve in un'occasione di narcisismo: piuttosto contiene l'idea e la prassi, molto argentine, secondo cui un attore (un danzatore, un artista) non è mai un semplice interprete, ma sempre un creativo, che mette la propria intuizione al servizio di quel che è chiamato a fare.
Con la sua voce monocorde, attenta a non sovrastare il gesto del corpo, Maria Fux si allena ogni giorno con la sua classe, sempre più gremita, alla sbarra dell'immaginazione, e non è mai una fuga dalla realtà ma un altro modo di guardare ad essa, di approfondire la sua conoscenza, esattamente come, a volte, una parola di un'altra lingua fa luce su un vocabolo o su un concetto della nostra.
Il regista goriziano osserva l'artista al lavoro senza mai farsi passare dalla mente l'idea di costringerla ad interviste para-televisive o di forzarla a dar spettacolo di sé. È un ospite nel suo mondo e lo sa bene. Si fa bastare quel che intercetta, anche se qualche volta ci induce a desiderare di saperne più.
La carriera dell'ultranovantenne poetessa argentina della danza Maria Fux, con filmati d'epoca delle sue prime performance; ma soprattutto l'esercizio quotidiano della sua arte, nel suo atelier a Buenos Aires, sola o con allievi di ogni età, nazionalità e condizione sociale e psicofisica. L'esordiente regista goriziano onora il titolo invitando lo spettatore a proiettarsi tra gli allievi di Maria e a danzare con lei, cioè a filtrare la musica con la propria sensibilità, unica e irripetibile, per tradurla in lirica del corpo, in espressione creativa e armonica della più profonda, e dunque inconscia, soggettività personale. Di qui il suo effetto terapeutico, documentato da casi di bambini e ragazzi down, una poliomielitica, una cieca, un'indigena della Patagonia sordomuta dalla nascita. Non a caso il regista sceglie - come contrappunto ai piani sequenza delle sedute di danza - brevi inquadrature di palazzi-alveari simbolo della spersonalizzazione e della devastazione estetica. Fine allegorica e di originale bellezza: una ripresa dall'alto dei colorati e flessuosi allievi di Maria che, danzando, invadono una grigia via cittadina. Premio "Civitas Vitae" della Settimana della Critica di Venezia 2014.
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Fortuna che alcuni bravi e sensibili registi cinematografici abbiano mogli o compagne ancora più brave e sensibili di loro. Wim Wenders ha conosciuto Pina Bausch attraverso la moglie Donata Schmidt che l’ha trascinato a uno spettacolo della grande danzatrice e coreografa tedesca. Così è successo anche Ivan Gergolet.
Piccolo prezioso documentario, coinvolgente e liberatorio. Quando esci dal cinema, senti con una consapevolezza nuova ogni parte del tuo corpo muoversi in sintonia con lo spazio che ti circonda e con il tempo che scandisce il tuo passo. Avverti il tuo ritmo interiore accordarsi misteriosamente con il ritmo della vita esterna. Capisci che la musica si può sentire con ogni fibra, ma anche vedere, [...] Vai alla recensione »
Corpo e spazio, musica e silenzio. Un grandissimo film che ammalia. Splendide le musiche di Ciut e la regia che ci fa scoprire poco a poco il mondo suggestivo e denso di Maria. Occhi che trafiggono con dolcezza, gesti che esprimono una corporeità squisitamente femminile: tantissime le donne nelle classi di Maria. Il corpo come un tutto che si esprime, indipendentemente dalla perfezione o dalla malattia. [...] Vai alla recensione »