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Le luci di Big Hero 6, un'innovazione italiana

Intervista ad Alessandro Jacomini, lighting artist del prossimo film Disney.
di Gabriele Niola


mercoledì 15 ottobre 2014 - Incontri

È un lighting artist, cioè un direttore della fotografia per set che non esistono, si occupa dell'illuminazione di oggetti che non ci sono con luci immaginarie. Alessandro Jacomini, italiano, è uno dei pezzi più importanti dei nuovi cartoni Disney (è parte fissa della squadra almeno da Chicken Little), si occupa di creare la verosimiglianza di ogni elemento attraverso un'illuminazione adeguata. Ombre e luci realistiche ma anche drammatiche quando serve.
Ora Alessandro è stato un tassello fondamentale del prossimo lungometraggio Disney, quello che uscirà a Natale con l'arduo compito di seguire il successo planetario di Frozen: Big Hero 6. Si tratta di un cartone di fantascienza che flirta con il mondo dei supereroi. Ma nell'anima è un classico Disney.

Ma è vero che hai iniziato con le luci dei parchi giochi?
Si, Las Vegas e Tokyo ma si trattava comunque di animazioni eh! In questi parchi a tema c'era un grosso contributo in computer grafica e lì entravo io. Si tratta sempre di mondi che non esistono da ricreare, il salto un po' più diverso è stato lavorare nel live action con gli effetti visivi dei film, quando il tuo contributo deve interagire con immagini riprese dal vero.

Per Big Hero 6 hai dovuto lavorare con la fantascienza, che è il genere più a contatto di tutti con i materiali. Oggetti levigati dal design, metalli che si immagina saranno inventati e addirittura in questo caso un protagonista che non si capisce di cosa sia fatto... Tutte cose su cui immaginare come si rifletta la luce.
In realtà il film si riferisce ad un mondo nel futuro prossimo (10-15anni), quindi non troppo remoto, e sostanzialmente direi che i materiali sono quelli che conosciamo. La cosa diversa dal solito (per l'animazione) era la credibilità, occorreva immaginare un mondo che fosse futuribile ma anche possibile e tangibile. L'aspetto visivo dev'essere sempre quello dello stile Disney (ad esempio certi aspetti legati all'architettura sono stati caricaturati e stilizzati) ma la resa dei materiali stavolta doveva essere realistica, cercare di creare qualcosa che si vede e si sente come reale.

Si tratta di un lavoro di tecnologia o uno di concetto? Cioè bisognare creare una strategia o inventare del software?
Entrambe le cose. Abbiamo generato un nostro software di rendering [quel processo che serve a mescolare tutte le componenti del disegno dagli sfondi, ai personaggi, ai colori, alle luci, in un'immagine sola, ndr] così abbiamo di fatto cambiato modo di costruire le immagini.

Se non sbaglio fu il primissimo segreto della Pixar, anche loro scrissero un software di rendering micidiale, chiamato RenderMan, che negli anni hanno anche cominciato a vendere al pubblico e alle altre società tanto era buono...
Esatto, il nostro si chiama Hyperion. È stata una scommessa perchè l'abbiamo fatto in soli 18 mesi e sostanzialmente con un piccolo team di ingegneri che ha prodotto un renderer per l'illuminazione globale che però usa una nuova strategia di "coherent shading". In parole povere lo rende estremamente adatto per renderizzare scene ad altissima complessità.

Per questo il film sembra più realistico?
Si, quella era la parte tecnica dell'innovazione che abbiamo portato; quella creativa invece stava nel cercare di studiare modi perchè ci fosse illuminazione naturalistica sia per esterni che interni. Sembra facile ma non lo è perchè la luce ovviamente non esiste, la dobbiamo creare da zero ed è facile che sembri sempre uguale. Per gli esterni abbiamo fuso caratteristiche di San Francisco e Tokyo, ad esempio c'è una nebbiolina che è tipica di San Francisco ma anche le l'illuminazione notturna con i colori di Tokyo. Questo dà una forte impressione di realtà.

Qual è la prossima frontiera dell'illuminazione nell'animazione in computer grafica?
Vorrei riuscire a metterlo sempre più a servizio dello storytelling e avere l'opportunità di creare immagini fotorealistiche che possano facilmente essere stilizzate. Fotorealismo che in un attimo possa anche disobbedire alle leggi della fisica per seguire quelle dell'arte. Così potremmo affrontare complessità sempre più importanti, perchè ogni film è sempre più complesso e la complessità si traduce in risorse e sostanzialmente nell'essere un passo avanti.

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