casastella
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giovedì 17 gennaio 2013
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ok fotografia e attori. il resto aiuto.
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Molto bella la fotografia e notevoli gli attori e la recitazione.
Quanto al film, la trama non regge, forse il montaggio è stato decisamente sbagliato, perchè l'idea di base non era male.
Non si tratta di ermetismo, oltre agli attori non c'è proprio nulla.
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samurai77
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giovedì 17 gennaio 2013
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per chi soffre d'insonnia
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Non avevo grande attesa per questo film, non avevo nemmeno visto il trailer.
Un amico mi dice:"Ehi andiamo a vedere The Master, vieni?" Io gli rispondo di si incuriosito dalla descrizione che il mio amico mi ha dato per questo film.
Dopo 2h e 20 di pellicola sono arrivato alla conclusione che ci sono 2 ore di troppo in questo film (e ho approssimato per eccesso).
Non mi sono mai addormentato al cinema, nemmeno dopo una giornata di lavoro difficile e stancante e "The Master" ha avuto un effetto soporifero su di me e credo sulla maggior parte dei (pochi) spettatori in sala.
La regia è anche accettabile con una bella fotografia ma la sceneggiatura non "prendeva", non catturava la mia attenzione, insomma di una NOIA MORTALE!!Non aveva un senso logico, un inizio e una fine.
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Non avevo grande attesa per questo film, non avevo nemmeno visto il trailer.
Un amico mi dice:"Ehi andiamo a vedere The Master, vieni?" Io gli rispondo di si incuriosito dalla descrizione che il mio amico mi ha dato per questo film.
Dopo 2h e 20 di pellicola sono arrivato alla conclusione che ci sono 2 ore di troppo in questo film (e ho approssimato per eccesso).
Non mi sono mai addormentato al cinema, nemmeno dopo una giornata di lavoro difficile e stancante e "The Master" ha avuto un effetto soporifero su di me e credo sulla maggior parte dei (pochi) spettatori in sala.
La regia è anche accettabile con una bella fotografia ma la sceneggiatura non "prendeva", non catturava la mia attenzione, insomma di una NOIA MORTALE!!Non aveva un senso logico, un inizio e una fine.
Hoffman mi è piaciuto nella sua interpretazione molto di più di Joaquin Phoenix troppo stereotipato e poco reale e naturale.
Per chi soffre d'insonnia un film consigliatissimo!!!
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mjs82
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giovedì 17 gennaio 2013
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perplessità e precarietà
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Interpretazione dei due attori, soprattutto quella di Phoenix (che personalmente adoro) eccezionale, ma oltre a quella?
La domanda che più sorge spontanea guardando il film è: ma di che cosa parla? qual è la storia? Mi sono perso qualcosa? E vi posso assicurare che non è stata solo una mia impressione, ma quella di gran parte della sala.
L'impressione di aver proprio perso dei pezzi, come se uno si fosse alzato in continuazione a comprare i pop corn e fosse tornato senza che nessuno gli dicesse cosa fosse successo nel mentre.
Per poi non parlare dei comportamenti ossessivo-compulsivi-perversi diel personaggio di Phoenix, li ho trovati a volte volgari a volte fuori luogo; così come le scene lunghe, tormentate e tortuose della stanza con la finestra di vetro e la parete di legno, se Phoenix non fosse stato folle lo avrebbero fatto diventare!
Insomma, l'ho trovato a tratti quasi angosciante, ed io sono un'amante dei film drammatici, ma qui supera ogni logica.
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Interpretazione dei due attori, soprattutto quella di Phoenix (che personalmente adoro) eccezionale, ma oltre a quella?
La domanda che più sorge spontanea guardando il film è: ma di che cosa parla? qual è la storia? Mi sono perso qualcosa? E vi posso assicurare che non è stata solo una mia impressione, ma quella di gran parte della sala.
L'impressione di aver proprio perso dei pezzi, come se uno si fosse alzato in continuazione a comprare i pop corn e fosse tornato senza che nessuno gli dicesse cosa fosse successo nel mentre.
Per poi non parlare dei comportamenti ossessivo-compulsivi-perversi diel personaggio di Phoenix, li ho trovati a volte volgari a volte fuori luogo; così come le scene lunghe, tormentate e tortuose della stanza con la finestra di vetro e la parete di legno, se Phoenix non fosse stato folle lo avrebbero fatto diventare!
Insomma, l'ho trovato a tratti quasi angosciante, ed io sono un'amante dei film drammatici, ma qui supera ogni logica.
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francysig
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giovedì 17 gennaio 2013
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ottimo
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un anderson davvero in forma per questo the master, phoenix e hoffman impareggiabili giganti.
Da vedere assolutamente, anche il doppiaggio (ottimo Pannofino) mi ha convinto molto!
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paperinik
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giovedì 17 gennaio 2013
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val la pena vederlo...se vi pagano bene!
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Bravi gli attori e bla bla bla.
Film? Vuoto, insignificate, lezioso, inconcludente.
Noioso. Chi è restato seduto dopo la prima ora si vuole male.
Bocciato. Senza appello.
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gilda85
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giovedì 17 gennaio 2013
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straordinario
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"capolavoro" è il nome giusto per l'ultimo lavoro di paul thomas anderson, un film dalla bellezza straziante e commovente. Da Oscar tutti e tre gli interpreti principali, con Phoenix una spanna sopra a tutti. Menzione a parte per fotografia e colonna sonora di Greenwood (si vede che adoro i Radiohead?)
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kriss.
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martedì 15 gennaio 2013
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the master of failure
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Sostenuto da un'acclamazione mediatica che lascia qualche dubbio, (onestà intellettuale?, competenza?, contesto valutativo [niente di meglio in giro]?), mi chiedo l'apporto emotivo e/o conoscitivo offerto da questo film a coloro a cui è piaciuto. La principale curiosità suscitata circa la pretesa analisi dei meccanismi che conducono all'affermarsi di una guida spirituale discussa (riferita ad una qualsiasi setta), viene liquidata con alcuni accenni superficiali: la fragilità e la facile suggestionabilità degli adepti, il sospetto di opportunismo economico del presunto guru, l'intolleranza verso le critiche, i problemi giudiziari ... temi che avrebbero meritato un maggiore approfondimento.
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Sostenuto da un'acclamazione mediatica che lascia qualche dubbio, (onestà intellettuale?, competenza?, contesto valutativo [niente di meglio in giro]?), mi chiedo l'apporto emotivo e/o conoscitivo offerto da questo film a coloro a cui è piaciuto. La principale curiosità suscitata circa la pretesa analisi dei meccanismi che conducono all'affermarsi di una guida spirituale discussa (riferita ad una qualsiasi setta), viene liquidata con alcuni accenni superficiali: la fragilità e la facile suggestionabilità degli adepti, il sospetto di opportunismo economico del presunto guru, l'intolleranza verso le critiche, i problemi giudiziari ... temi che avrebbero meritato un maggiore approfondimento.
A voler trovare a tutti i costi qualche elemento interessante, non resta che il rapporto/confronto tra i due protagonisti. Uno (Quell) affetto da problemi psichiatrici per i quali viene speso un eccesso di tempo per renderli noti allo spettatore, l'altro (Dodd) rappresentante di quella che Ellenberger definisce "malattia creativa", disturbo emotivo che riesce a sfociare in un impiego dell'energia psichica costruttivo, a patto di mantenere saldi legami con la realtà, soprattutto grazie a rapporti affettivi. Determinante per Dodd infatti il sostegno dei familiari, anche se a volte ambiguo (come nel caso della figlia), ma soprattutto della moglie, il cui ruolo è stato poco sottolineato.
Pare che l'attenzione del regista si sia concentrata sulle dinamiche dei rapporti fra questi soggetti (affiliazione, potere, opportunismo, etc.), ma, a mio parere, senza riuscire a comunicare qualcosa di particolarmente interessante.
Nemmeno interpretazioni eccezionali avrebbero potuto evitare gli inevitabili sbadigli.
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pepito1948
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martedì 15 gennaio 2013
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una perversa alleanza
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Lancaster e Freddie si incontrano casualmente. Lancaster, plurititolato capo indiscusso di un movimento filosofico-religioso, pontifica circondato da una corte che ne asseconda entusiasticamente le esternazioni , espone come illuminato da luce divina le sue ardite teorie speculative, si avvale della collaborazione della sua migliore discepola (in verità co-maestra), la fedele moglie che è anche la custode del verbo della Causa, ma necessita di continuo di sperimentazioni umane che verifichino la validità delle teorie del Master e ne soddisfino il narcisismo e la ricerca di conferme personali. Freddie è un reduce i cui pensieri vagano in ordine sparso, ha una rabbia talvolta incontrollata , ha problemi nel gestire la propria sessualità, si perde nei labirintici meandri del rapporto con la donna amata; in sostanza cerca qualcosa o qualcuno che dia un senso alla sua squilibrata realtà mentale.
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Lancaster e Freddie si incontrano casualmente. Lancaster, plurititolato capo indiscusso di un movimento filosofico-religioso, pontifica circondato da una corte che ne asseconda entusiasticamente le esternazioni , espone come illuminato da luce divina le sue ardite teorie speculative, si avvale della collaborazione della sua migliore discepola (in verità co-maestra), la fedele moglie che è anche la custode del verbo della Causa, ma necessita di continuo di sperimentazioni umane che verifichino la validità delle teorie del Master e ne soddisfino il narcisismo e la ricerca di conferme personali. Freddie è un reduce i cui pensieri vagano in ordine sparso, ha una rabbia talvolta incontrollata , ha problemi nel gestire la propria sessualità, si perde nei labirintici meandri del rapporto con la donna amata; in sostanza cerca qualcosa o qualcuno che dia un senso alla sua squilibrata realtà mentale. L’incontro mette in moto un processo relazionale che realizza le attese di entrambi: Lancaster ha la sua cavia, Freddie il suo psico-restauratore. Inizia un percorso di affiliazione, che in realtà è di formazione coatta sotto le false spoglie di una cura dell'anima e della mente; le metodiche sono basate sulla ripetitività di frasi e movimenti, sulla estenuante durata delle "sedute", sull'obbedienza. Freddie si fa plasmare e diviene la guardia dell'ortodossia della Causa, tanto da mettere a mal partito chi osi contestarla. Sembra riacquisire l'identità perduta, ma qualcosa nel suo profondo intimo si ribella. Una luce inconscia lo avverte del pericolo fino a spingerlo alla scelta traumatica ma inevitabile del distacco, nel momento in cui il rapporto di forza tra i due tende ad invertirsi: l'avido bisogno di gratificazione prevale sull'inseguimento di un modello che comincia a scricchiolare. E quando i due si ritrovano per riprendere il filo, Freddie ha la forza di reciderlo, riappropriandosi della libertà di pensare ed agire, potenzialmente ben più efficace di qualsiasi indottrinamento etero-guidato. Nella ritrovata sessualità con una donna ora si sente lui il maestro, vuole condurre il gioco da tanto tempo subito. Ma è davvero così?
L'abilità di Anderson sta nel proporre una vicenda chiaramente ispirata a Ron Hubbard, in cui tutto questo è descritto con estrema sottigliezza, velando e tratteggiando senza mai debordare da un’apparente plausibilità. La figura del Predicatore non è quella di un cialtrone da 4 soldi, ma un intellettuale dotto e sicuro di sè che, seppure smodatamente narcisista, sembra volersi prendere cura di un ex soldato sbandato nell'America post-bellica pruriginosa, appesantita e moralista. Il rapporto è in continuo movimento, ed è proprio la reattività tumultuosa dell'ex soldato che infervora, attrae ed affascina il suo maestro. Ma i segnali di "warning" affiorano ben presto, sia pure sotto le righe. Le donne nude, la masturbazione della moglie al leader della Causa sono segnali di una sottomissione settaria imposta ed inderogabile; la scelta dell'adepto psicolabile (sempre un po’ piegato in avanti, come se dovesse inciampare da un momento all’altro) fa pensare alla generale fragilità o labilità di coloro che si affidano totalmente ai demiurghi di cervelli, e così via. Naturalmente Anderson è un degno rappresentante del cinema moderno, quello che richiede la partecipazione attiva dello spettatore nello scavare sotto la superficie, quello che suscita riflessioni o la ricerca di significati cifrati. Il film non indica soluzioni, ma offre elementi di ponderazione, e sventaglia diverse opzioni interpretative, come quella di un attacco, attraverso una storia di guru e di plagio, alla pratica psicanalitica, così diffusa in USA (e non solo) da far ipotizzare una sorta di dipendenza generalizzata. Inutile sottolineare che un film del genere almeno per il 50% è basato sulla resa attoriale dei protagonisti, qui al massimo della bravura, sulla cui dinamica espressiva è incentra la sapiente regia. Qualche pausa di troppo, un taglio forse elitario che richiede un approccio intellettivo notevole, ma un prodotto d’autore pregevole.
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kriss.
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martedì 15 gennaio 2013
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the master of failure
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Sorretto da un'acclamazione mediatica che lascia molti dubbi (onestà intellettuale?, competenza?, contesto di valutazione [niente di meglio]?), mi chiedo quale apporto emotivo e/o conoscitivo questo film abbia arrichito coloro a cui è risultato gradito. La maggiore curiosità suscitata dalla pretesa analisi dei meccanismi che portano all'elezione di una guida spirituale discussa, (riferita a una setta o un'altra), è largamente delusa da accenni descrittivi superficiali. A voler a tutti i costi cercare qualche elemento interessante, non resta che il rapporto fra i due protagonisti. Uno (Quell) affetto da disturbo psichiatrico per il quale il regista ha speso un eccesso di tempo per renderlo noto, l'altro (Dodd) rappresentante di quella che Ellenberger* chiama "malattia creativa", nella quale solo la presenza di saldi legami consente di mantenersi ancorati alla realtà ed eventualmente indirizzare le proprie energie psichiche in una direzione costruttiva a livello personale.
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Sorretto da un'acclamazione mediatica che lascia molti dubbi (onestà intellettuale?, competenza?, contesto di valutazione [niente di meglio]?), mi chiedo quale apporto emotivo e/o conoscitivo questo film abbia arrichito coloro a cui è risultato gradito. La maggiore curiosità suscitata dalla pretesa analisi dei meccanismi che portano all'elezione di una guida spirituale discussa, (riferita a una setta o un'altra), è largamente delusa da accenni descrittivi superficiali. A voler a tutti i costi cercare qualche elemento interessante, non resta che il rapporto fra i due protagonisti. Uno (Quell) affetto da disturbo psichiatrico per il quale il regista ha speso un eccesso di tempo per renderlo noto, l'altro (Dodd) rappresentante di quella che Ellenberger* chiama "malattia creativa", nella quale solo la presenza di saldi legami consente di mantenersi ancorati alla realtà ed eventualmente indirizzare le proprie energie psichiche in una direzione costruttiva a livello personale. Infatti i familiari, in particolare la moglie di Dodd, giocano un ruolo, a volte anche ambiguo, determinante nel sostenere l'impianto della mente del loro patriarca.
Per il resto, utile dedicarsi ad altro.
* H. Ellenberger "La scoperta dell'inconscio", Bollati Boringhieri, Torino 1976.
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marinabelinda
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martedì 15 gennaio 2013
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il grande boh
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Film utile, non so dire invece, quanto mi sia piaciuto.
Gli attori sono bravissimi, eppure qualche cosa sfugge.
Si ha la sensazione che la storia non sia stata risolta e rimane, in ogni caso, una certa inquietudine.
L'inquietudine è assolutamente attuale, posto che, al di là dell'esplicito richiamo a Scientology, esperienze di culto della personalità sono molto più comuni di quello che si pensi. E spesso, quelle stesse personalità, sono così fragili da nascondere dietro l'apparente cordialità e la superiorità rispetto alla modestia della platea, una latente prepotenza, una continua contraddizione e un ripiegamento su altre personalità, magari meno meno appariscenti, ma molto più incisive.
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Film utile, non so dire invece, quanto mi sia piaciuto.
Gli attori sono bravissimi, eppure qualche cosa sfugge.
Si ha la sensazione che la storia non sia stata risolta e rimane, in ogni caso, una certa inquietudine.
L'inquietudine è assolutamente attuale, posto che, al di là dell'esplicito richiamo a Scientology, esperienze di culto della personalità sono molto più comuni di quello che si pensi. E spesso, quelle stesse personalità, sono così fragili da nascondere dietro l'apparente cordialità e la superiorità rispetto alla modestia della platea, una latente prepotenza, una continua contraddizione e un ripiegamento su altre personalità, magari meno meno appariscenti, ma molto più incisive.
Dodd (con baffo e ciuffo che in certi momenti ricorda Hitler), infatti, ancorchè autodefinitosi fisico nucleare, scrittore e medico, non sa rispondere alla domanda dell'adepta sul passaggio da 'cercare di ricordare' a 'cercare di immaginare', risolvendosi quindi ad aggredire (quanto meno verbalmente) l'adepta stessa, come già fatto in precedenza ad un partecipante scettico durante un esperimento.
Basta saper affabulare per essere carismatici? Secondo me no, ma su questo si potrebbero scrivere pagine e pagine.
E allora, come mai il disturbato (o forse ipersensibile) Freddie, non riesce a rompere il legame (invero sorto per puro caso) con Dodd? La parete di legno è comunque una parete di legno ed insistere nel voler vedere quello che altri pretendono di farci vedere, non riesce comunque a convincere Freddie, il quale però non riesce a dare sfogo al suo dubbio. E proprio lo stesso Freddie indirizza la propria aggressività (sicuramente fisica) a quelli che dubitano degli insegnamenti del maestro Dodd.
Fino a qui tutto funziona. Ma poi?
Di qui il mio dubbio. Non concludere è stata una scelta precisa per consentire al pubblico di riflettere, oppure la mancanza di conclusione è il vero difetto del film, che in certi momenti si trascina un po' troppo senza svelare tutte le contraddizione e allunga a dismisura alcune scene (davvero l'esperimento sulla parete di legno alla fine risultava irritante).
E in questo contesto si colloca la (incomprensibile) scena di Dodd che canta tra gli adepti. Dopo uno stacco tutte le donne sono completamente nude: una visione del sessuofobo Freddie? una manifestazione di problemi di natura sessuale dello stesso Dodd? una rappresentazione di quello che accadeva nel corso delle riunioni private? Anche in questo caso non c'è risposta.
Come non c'è risposta in relazione alla consapevolezza (o atteggiamento ribelle dell'adolescente nei confronti del genitore?) del figlio di Dodd sulla estemporaneità delle elaborizioni del padre.
Lo spunto 'eversivo' doveva essere approfondito, considerato che, alla fine del film, lo stesso figlio diventa responsabile in una scuola della 'causa' in Inghilterra. Scuola in cui gli studenti, alla ricerca della libertà, indossano divise e sono seguiti da personale in divisa quasi militare.
E' libertà? .
E perchè dare questa conclusione irrisolta anche al Freddie che fugge ma che riprova su altri gli esperimenti di Dodd?
Peccato. Un film interessante ma riuscito solo a metà.
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[+] scuse
(di marinabelinda)
[ - ] scuse
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