fabris piermaria
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lunedì 7 gennaio 2013
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the master, quando l'interpretazione non basta
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1950, Stati Uniti, Freddie Quell è un ex militare affetto da disturbi della psiche, alcolista e malato di sesso. Un giorno, in un modo del tutto casuale incontra Lancaster Dodd, leader carismatico di una neonata setta che lo convince a seguirlo lasciandogli sperimentare il metodo di introspezione che sta promuovendo in giro per la nazione con alterne fortune.
Anderson conduce l'attenzione attraverso l'analisi di due personaggi completamente diversi, ma accomunati dalla solitudine. Il film offre tantissimi spunti che non vengono sviluppati e che lo rendono, a mio parere, incompiuto, trascinando lo spettatore in uno stato di inevitabile noia e confusione, dovuto anche alla durata notevole (2 ore e 30).
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1950, Stati Uniti, Freddie Quell è un ex militare affetto da disturbi della psiche, alcolista e malato di sesso. Un giorno, in un modo del tutto casuale incontra Lancaster Dodd, leader carismatico di una neonata setta che lo convince a seguirlo lasciandogli sperimentare il metodo di introspezione che sta promuovendo in giro per la nazione con alterne fortune.
Anderson conduce l'attenzione attraverso l'analisi di due personaggi completamente diversi, ma accomunati dalla solitudine. Il film offre tantissimi spunti che non vengono sviluppati e che lo rendono, a mio parere, incompiuto, trascinando lo spettatore in uno stato di inevitabile noia e confusione, dovuto anche alla durata notevole (2 ore e 30). Bisogna al contempo sottolineare l'inconfutabile bravura dei protagonisti (Joaquin Phoenix e Phillip Seymour Hoffman), autentici fuoriclasse che però non bastano a rendere il film pienamente godibile.
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[+] siamo soli
(di vapor)
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[+] solitudine
(di fabris piermaria)
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ruspa machete
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lunedì 7 gennaio 2013
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delizioso
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Film tecnicamente perfetto. Solo per la recitazione di Phoenix meriterebbe 100 stelle. Capisco che a molti possa non piacere, per uno spettatore medio è troppo complicato.
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(di paolorol)
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ennas
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lunedì 7 gennaio 2013
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maestri e seguaci
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La guerra, eterna e spietata maestra di orrori è doppiamente feroce nel restituirci individui
nevrotici e disadattati e nel rendere più psico-fragile chi già lo era di suo, è il caso di Freddie Quell ( il superbo Joachin Phoenix) nel film di Anderson, reduce dalla guerra che cerca di riprendere il controllo della propria vita abusando dei classici ingredienti distruttivi : alcool – potenziato da intrugli- , sesso compulsivo e aggressività a fior di pelle.
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La guerra, eterna e spietata maestra di orrori è doppiamente feroce nel restituirci individui
nevrotici e disadattati e nel rendere più psico-fragile chi già lo era di suo, è il caso di Freddie Quell ( il superbo Joachin Phoenix) nel film di Anderson, reduce dalla guerra che cerca di riprendere il controllo della propria vita abusando dei classici ingredienti distruttivi : alcool – potenziato da intrugli- , sesso compulsivo e aggressività a fior di pelle.
E’ quindi un’incontro fulminante quello di Freddie con Lancaster Dobb ( un magistrale Hoffmann) capo di una setta che teorizza il controllo dei propri istinti e della propria vita a chi si sottopone alla “disciplina” della “Causa” (nome della setta).
Le attese di questo film da parte del pubblico, dopo il Festival di Venezia 2012 e i relativi premi – Leone d’argento alla regia, Coppa Volpi doppia ai due attori- erano molto forti: molti fra questi, ed io fra loro, si attendevano un film incentrato sulla crescita di una setta pseudo-religiosa, con messa a fuoco dei meccanismi di proselitismo e irretimento di individui drammaticamente bisognosi di sicurezze.
Il film, nel personaggio di Lancaster, dei suoi adepti e famigliari, sembra all’inizio imboccare questa strada, mostrandoci le tecniche parapsicologiche d’accatto, i luoghi comuni sull’autocontrollo, lle immersioni in altre vite prenatali ed altre amenità che rendono palese un senso di inconsistenza dietro la facciata rutilante della setta. Il tutto sovrastato dalla carismatica figura del “capo” .
Poi però il film si concentra sul rapporto tra i due protagonisti : sul loro bisogno reciproco, sullo specchio di odio e amore, seduzione e ricatto che si dispiega dal loro legame sempre più forte. Di questa schermaglia passionale la regia scandaglia ogni piega con meticolosa cura.
Sulla bravura dei due attori protagonisti niente da eccepire : due giganti del cinema, sono fantastici, straordinari. Ma proprio qui, a mio parere, si innesca una delle contraddizioni di questo film. E’ come se fra i due prendesse corpo una gara di bravura e a questa gara il regista assista rapito, dimenticando il resto del film e girando a vuoto sui contenuti.
La regia sembra girare alla moviola tanto i tempi sono lunghissimi e il risultato rende il film un mattone fortemente indigesto per lo spettatore.
I cinefili più esperti e raffinati apprezzeranno la perfezione tecnica di questo film, la splendida fotografia, l’accuratezza dell’ambientazione.
Ma il pubblico comune, al quale appartengo, esce dal cinema stremato da una pesantezza soporifera, come avesse ingerito chili di cibi mal cotti. E perciò non ha nè la voce nè lo spirito per gridare al capolavoro ma può sommessamente sussurrare “ flop “.
Siamo noi pubblico comune un po’ “beoti”, incapaci di vedere la qualità perciò inadatti a giudicarla? O il regista in questo film ha mancato il bersaglio? O lo ha modificato in corso d’opera? In ogni caso un risultato piuttosto controverso.
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filippo catani
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lunedì 7 gennaio 2013
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la deriva di due uomini
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Subito dopo la fine della II Guerra Mondiale un giovane e disturbato soldato con problemi di alcolismo non riesce ad inserirsi nella società civile. L'uomo su una nave farà la conoscenza con il maestro di una fantomatica Causa che cerca di tenere a bada i suoi turbamenti attraverso gli insegnamenti ai suoi adepti.
Il film è molto intenso e si presta a diverse riflessioni e proprio per questo non è certo il ritmo il suo punto di forza ma nè il genere nè il tema lo richiedeva. Intanto non è un film su Scientology e faceva bene il regista nelle diverse interviste a insistere su questo punto. Certo alcuni punti di contatto sono evidenti (i discorsi sugli altri mondi, la grande mole di pagine scritte, il rigido settarismo che vige) ma non è un film sul fondatore della setta.
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Subito dopo la fine della II Guerra Mondiale un giovane e disturbato soldato con problemi di alcolismo non riesce ad inserirsi nella società civile. L'uomo su una nave farà la conoscenza con il maestro di una fantomatica Causa che cerca di tenere a bada i suoi turbamenti attraverso gli insegnamenti ai suoi adepti.
Il film è molto intenso e si presta a diverse riflessioni e proprio per questo non è certo il ritmo il suo punto di forza ma nè il genere nè il tema lo richiedeva. Intanto non è un film su Scientology e faceva bene il regista nelle diverse interviste a insistere su questo punto. Certo alcuni punti di contatto sono evidenti (i discorsi sugli altri mondi, la grande mole di pagine scritte, il rigido settarismo che vige) ma non è un film sul fondatore della setta. Semplicemente il regista ci vuole mostrare la deriva di due uomini nell'America che cercava con difficoltà di rimettersi in sesto dopo la guerra. E poi si deve riflettere anche sul fatto di quanto certe persone abbiano la possibilità o il "potere" di manipolarne altre tanto da fargli credere delle vere e proprie assurdità. D'altra parte sono purtroppo ancora troppe le persone che si affidano a cialtroni di ogni genere per guarire da malattie o parlare con i propri cari defunti (anche il protagonista promette di guarire certi tipi di leucemia). Ed ecco allora che un ragazzo sballato finisce quasi per diventare la guardia del corpo di questo santone senza però riuscire a cambiare la propia vita. Ed è davvero forte ed inquietante il fotogramma in cui il capo della setta prima di essere arrestato e circondato da tutti i suoi proseliti che sono disposti ad immolarsi al posto suo. Questo film si gioca poi anche sulla gara di bravura tra i due protagonisti Phoenix ritornato in un ruolo principale dopo essersi ritirato e Hoffman che vive un momento straordinario da ormai diversi anni (oltre all'Oscar per l'interpretazione di Capote anche le belle parti in Onora il padre e la madre, Le idi di marzo e L'arte di vincere per citarne alcuni). Una menzione particolare anche per Amy Adams che dopo la non eccezionale performance nel film accanto a Eastwood torna ai livelli di The Fighter. Insomma un film per chi vuol riflettere e assistere a un saggio di recitazione.
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vapor
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lunedì 7 gennaio 2013
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la "cinema-terapia"
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Il regista di "Magnolia" è bravo e gira un film che sembra avere l'effetto di un farmaco a base di impressioni appena un po' fuori dall'ordinario, quel tanto che basta per portare lo spettatore in una dimensione indefinita e trasmettergli le stesse sensazioni affascinanti e seducenti di cui sono capaci i personaggi carismatici a cui Anderson si ispira nei suoi film, come l'eccentrico telepredicatore in Magnolia e stavolta il controverso L. Ron Hubbard fondatore di Scientology. Il film ha un passo lento e deciso e procede inesorabile e silenzioso come la nave che spesso appare, interrotto solo da istanti di brusca tensione costruiti abilmente attorno alle vicende dei due bravi protagonisti-Phoenix è totalmente nella parte, fa impressione- capaci di animare il film come i due poli di una batteria.
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Il regista di "Magnolia" è bravo e gira un film che sembra avere l'effetto di un farmaco a base di impressioni appena un po' fuori dall'ordinario, quel tanto che basta per portare lo spettatore in una dimensione indefinita e trasmettergli le stesse sensazioni affascinanti e seducenti di cui sono capaci i personaggi carismatici a cui Anderson si ispira nei suoi film, come l'eccentrico telepredicatore in Magnolia e stavolta il controverso L. Ron Hubbard fondatore di Scientology. Il film ha un passo lento e deciso e procede inesorabile e silenzioso come la nave che spesso appare, interrotto solo da istanti di brusca tensione costruiti abilmente attorno alle vicende dei due bravi protagonisti-Phoenix è totalmente nella parte, fa impressione- capaci di animare il film come i due poli di una batteria. Con questo non si può dire che sia un film semplice o semplicemente godibile; la pellicola scorre in maniera imprevista, non si sa dove il regista voglia condurre la sua analisi e lascia allo spettatore il compito di auto-suggestionarsi oppure di osservare con distacco. La colonna sonora (molto piacevole) spinge nella prima direzione e al tempo stesso si resta distanti. Giunti al termine si scende dalla nave e si soffre di mal di terra, ma ci ricorda l'importanza di un cinema che cerca di essere diverso, oppure che ci riesce e basta. Leggere attentamente il foglietto illustrativo può avere effetti collaterali. MAT
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incantamenti
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lunedì 7 gennaio 2013
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fantastico.
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"L'inconscio collettivo è il precipitato di tutte le esperienze mondiali di ogni epoca, è quindi un'immagine del mondo che si è venuta formando nel corso di eoni. In questa immagine si sono delineati nel corso del tempo determinati tratti, i cosiddetti dominanti. Questi dominanti rappresentano i dominatori, gli dèi, sono cioè immagini dileggi e principi dominanti, i quali si ripresentano con regolarità media nei fluire delle immagini che il cervello ha assorbito dal fluire dei processi secolari." Jung
Film assolutamente geniale e, chiaramente, "non per tutti". Ma non è a livello intellettuale che si gioca la partita del plauso o del dileggio, quanto piuttosto su quello più viscerale dell'inconscio.
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"L'inconscio collettivo è il precipitato di tutte le esperienze mondiali di ogni epoca, è quindi un'immagine del mondo che si è venuta formando nel corso di eoni. In questa immagine si sono delineati nel corso del tempo determinati tratti, i cosiddetti dominanti. Questi dominanti rappresentano i dominatori, gli dèi, sono cioè immagini dileggi e principi dominanti, i quali si ripresentano con regolarità media nei fluire delle immagini che il cervello ha assorbito dal fluire dei processi secolari." Jung
Film assolutamente geniale e, chiaramente, "non per tutti". Ma non è a livello intellettuale che si gioca la partita del plauso o del dileggio, quanto piuttosto su quello più viscerale dell'inconscio. Chi ha familiarità con le sinuose anse dello psichico profondo non troverà alieno l'elemento perturbante di questo film; al contrario, chi teme, misconosce o non ha ancora avuto modo di toccare quelle parti così ancestrali (difficili anche solo da osservare) dell'anima umana...proverà un certo qual senso di fastidio, di indignazione quasi.
Inutile ribadire la maestosità dell'interpretazione di Joaquin Phoenix, grandioso nel raschiare il fondo del fondo del suo personaggio, e di Philip Seymour Hoffman, impareggiabile anche lui.
Consiglio assolutamente di vederlo, e di farlo al cinema, perché l'impatto visivo di questo film merita la proiezione in sala; e consiglio di farlo cercando di lasciare a casa tutte le difese che normalmente ci tengono alla larga da situazioni ritenute "moralmente deprecabili".
Immergetevi in questo "viaggio nel sottosuolo" con la stessa libertà d'espressione e comprensione di voi stessi che avreste in una seduta psicoanalitica. Ne trarrete perfino giovamento, per qualche misteriosa ragione.
Buona visione!
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[+] perfetto
(di menco3)
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no_data
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lunedì 7 gennaio 2013
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ottimi attori ma...
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Per fare un film che lasci il segno non basta farlo durare più dei canonici 100 min. e far recitare decine di scene a due attori (bravissimi di cui uno J. Phoenix in stato di grazia), circondandoli da personaggi femminili algidi e anafettivi. La biografia di L. Ron Hubbard offriva così tanti spunti che è un peccato averli trascurati cercando di mettere in piedi uno spaccato psicologico neanche tanto approfondito (lo è solo quello di Freddie, ma è fine a se stesso).
L'ossessività del regista per il rapporto tra i due protagonisti è claustrofobica e sbatte contro il muro impenetrabile dell'assenza di reali contenuti su cui lavorare.
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Per fare un film che lasci il segno non basta farlo durare più dei canonici 100 min. e far recitare decine di scene a due attori (bravissimi di cui uno J. Phoenix in stato di grazia), circondandoli da personaggi femminili algidi e anafettivi. La biografia di L. Ron Hubbard offriva così tanti spunti che è un peccato averli trascurati cercando di mettere in piedi uno spaccato psicologico neanche tanto approfondito (lo è solo quello di Freddie, ma è fine a se stesso).
L'ossessività del regista per il rapporto tra i due protagonisti è claustrofobica e sbatte contro il muro impenetrabile dell'assenza di reali contenuti su cui lavorare. Dopo i primi 50 minuti, già tutto è stato detto, ma nulla cambia, nulla di nuovo emerge e la noia regna sovrana sopra una coltre scura di elementi psicologici affastellati che rimescolati più e più volte finiscono per deludere e lasciare perplessi se non addirittura infastiditi.
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flyanto
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domenica 6 gennaio 2013
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uno strano rapporto come antidoto a due solitudini
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Film in cui si racconta dell'incontro avvenuto negli anni '50 tra uno scrittore carismatico ed imbonitore ed un giovane sbandato, reduce dalla guerra. Paul Thomas Anderson qui analizza in maniera assai minuziosa lo strano rapporto di dipendenza reciproca (sebbene il giovane sbandato sia l'elemento tra i due più debole e più nevrotico) che si instaura tra i due protagonisti ma l'intera rappresentazione risulta un pò eccessiva nel suo complesso, rendendo la pellicola pesante e, pertanto, un pò tediosa. Il regista non dice e non aggiunge nulla di nuovo al tema della fascinazione esercitata da alcuni individui su altri più deboli e così svilisce di molto la resa della sua opera.
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Film in cui si racconta dell'incontro avvenuto negli anni '50 tra uno scrittore carismatico ed imbonitore ed un giovane sbandato, reduce dalla guerra. Paul Thomas Anderson qui analizza in maniera assai minuziosa lo strano rapporto di dipendenza reciproca (sebbene il giovane sbandato sia l'elemento tra i due più debole e più nevrotico) che si instaura tra i due protagonisti ma l'intera rappresentazione risulta un pò eccessiva nel suo complesso, rendendo la pellicola pesante e, pertanto, un pò tediosa. Il regista non dice e non aggiunge nulla di nuovo al tema della fascinazione esercitata da alcuni individui su altri più deboli e così svilisce di molto la resa della sua opera. Gli unici elementi di lode sono le ottime recitazioni di Joaquin Phoenix nella parte appunto del giovane sbandato nevrotico e quella soprattutto di Philip Seymour Hoffman che ancora una volta si conferma uno dei più talentuosi attori americani, nel suo ruolo di intellettuale carismatico ed imbroglione. Molto ben ricostruita anche l'ambientazione e l'epoca della provincia statunitense degli anni '50, ma personalmente non riesco a trovare alcun altro elemento positivo in più a favore del film.
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sabatino
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domenica 6 gennaio 2013
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senza storia non vi e' bellezza
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Il film di Anderson pecca di una degli errori più grandi del cinema: la mancanza di narrazione. In una sola parola, o meglio, in poche: manca la storia. Quando finisce il film (ma anche mentre il film è sullo schermo) ci si chiede più volte: di cosa parla questo film? La risposta (non nascondiamoci dietro falsi miti idealistici) c'è! Ed è: niente. E' un ritratto della pazzia di due personaggi. Ma chi sono questi personaggi, cosa pensano, come diventano, come si evolvono, come crescono e perchè ci raccontano la loro storia, allo spettatore non è dato sapere. Eppure sembra che i motivi che possano a spingere al racconto della storia di una "setta religiosa" ci siano tutti.
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Il film di Anderson pecca di una degli errori più grandi del cinema: la mancanza di narrazione. In una sola parola, o meglio, in poche: manca la storia. Quando finisce il film (ma anche mentre il film è sullo schermo) ci si chiede più volte: di cosa parla questo film? La risposta (non nascondiamoci dietro falsi miti idealistici) c'è! Ed è: niente. E' un ritratto della pazzia di due personaggi. Ma chi sono questi personaggi, cosa pensano, come diventano, come si evolvono, come crescono e perchè ci raccontano la loro storia, allo spettatore non è dato sapere. Eppure sembra che i motivi che possano a spingere al racconto della storia di una "setta religiosa" ci siano tutti. Si poteva per esempio raccontare come nasce la setta, perchè nasce, quali sono gli ideali, come ci si relaziona all'interno della setta, cosa succede tra la setta e l'esterno, cosa succede se non si ubbidisce alla setta, etc..etc.. moltissimi argomenti che nel film ovviamente non sono sfiorati. Eppure la critica (i critici) della carta stampata e le alte aristocrazie intellettuali si sono fiondati in slanci positivistici da far credere allo spettatore, che ancora crede che tra le righe della carta ci sia qualcosa di "bello" (non è bello ciò che è bello, ma....) , che valeva la pena vederlo. Invece no, è il classico film da SKY in quella sera che proprio non hai nulla di meglio da fare e che hai bisogno di qualcosa di meglio di trenta gocce di Minias.
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luigi.blu
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domenica 6 gennaio 2013
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assurdo, incomprensibile e sconclusionato
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Uno dei film piu' assurdi, incomprensibili e sconclusionati che abbia visto in questi ultimi anni. Non si capisce perche' lo spettatore dovrebbe essere interessato a vedere le tecniche che un pazzo mette in atto, per cercare di rinsavire un altro pazzo...
[+] grande delusione
(di no_data)
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