diomede917
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sabato 12 gennaio 2013
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the master and the slave....
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Dopo il Leone d’argento per la regia e la doppia coppa Volpi per gli attori che ne ha decretato il vincitore morale dell’ultimo festival di Venezia The master esce in Italia anche forte delle tre nominations per i tre interpreti.
Con The Master Paul Thomas Anderson prosegue ad inserire tasselli per descrivere l’altra faccia o la propria versione dell’America.
La sua America anni ’50, figlia della rinascita dettata dalla seconda guerra mondiale, è una terra irrequieta che cerca di reinserire i propri eroi stressati e segnati dalla violenza di una guerra vissuta in terra lontana.
Tra questi c’è Freddie Quell marinaio di ritorno dal Giappone, un uomo che manifesta la propria fragilità caratteriale con un comportamento quasi primordiale rifugiandosi nell’alcool e vivendo in maniera ossessiva il sesso a causa di una delusione amorosa.
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Dopo il Leone d’argento per la regia e la doppia coppa Volpi per gli attori che ne ha decretato il vincitore morale dell’ultimo festival di Venezia The master esce in Italia anche forte delle tre nominations per i tre interpreti.
Con The Master Paul Thomas Anderson prosegue ad inserire tasselli per descrivere l’altra faccia o la propria versione dell’America.
La sua America anni ’50, figlia della rinascita dettata dalla seconda guerra mondiale, è una terra irrequieta che cerca di reinserire i propri eroi stressati e segnati dalla violenza di una guerra vissuta in terra lontana.
Tra questi c’è Freddie Quell marinaio di ritorno dal Giappone, un uomo che manifesta la propria fragilità caratteriale con un comportamento quasi primordiale rifugiandosi nell’alcool e vivendo in maniera ossessiva il sesso a causa di una delusione amorosa.
Nella sua ricerca di un ruolo all’interno della società americana, passando da fotografo di centri commerciali a raccoglitore di cavoli, si imbatte nella comunità pseudo religiosa di Lancaster Dodd.
Il maestro che da il titolo al film decide che ripulire e reinserire Freddie sia la sua missione e Freddie lo segue in tutto il suo istinto animalesco.
Fugando ogni dubbio l’obiettivo di Anderson non è Scientology, ma quel sistema molto radicato in America fatto di pastori e reverendi che spuntano come funghi facendo nascere movimenti e idee religiose capaci di guarire leucemie mediante ipnotici salti temporali.
Il film si sviluppa e si concentra tutto nell’ambiguo rapporto a due (pastore e pecorella smarrita, padre e figlio, padrone e cane) anche grazie all’apporto di due monumentali attori come Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman che anche grazie la loro fisicità rappresentano le due realtà sociali.
Da una parte abbiamo un Joaquin Phoenix rachitico, piegato quasi su stesso e una faccia lesionata dagli orrori del tempo dall’altra un opulento Philip Seymour Hoffman che raffigura la grandezza e la sicurezza di questo predicatore.
Negli incontri e scontri tra i due c’è tutta la forza del film come si può notare nella scena della prima seduta terapeutica, nel confronto in cella dopo l’arresto o nell’opera di redenzione fatta di passeggiate cieche in un salotto.
Tra di loro si inserisce benissimo Amy Adams la moglie del master, l’unica che crede nei principi e nei valori della Causa ed è capace di tutto pur di difenderli da vedere l’intensità della masturbazione in bagno per credere.
Il punto debole del film però è la mancanza di una certa linearità narrativa, il film regge e vive sui sussulti attoriali dei propri interpreti…..per fare un raffronto di natura calcistica The master è paragonabile a quelle squadre composte da numerosi fuoriclasse che riescono a vincere nonostante non giochino bene.
Per cui The Master risulta una serie di belle immagini quasi scollate fra di loro lasciando un po’ di amaro in bocca…..un po’ lo stesso senso di delusione che ha il protagonista nell’ultimo incontro con il suo mentore.
Voto 6+
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lolligno69
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sabato 12 gennaio 2013
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sceneggiatura insipida
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Ottimi attori e niente piu' per questa elegante delusione.
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talete79
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sabato 12 gennaio 2013
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semplicemente insulso
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Mi ero avvicinato con tante attese a questo film visto che aveva ricevuto buone critiche e che il tema era interessante, ma è stata una delusione completa. Il problema è che è un film senza storia, nn c'è un evoluzione dei personaggi, poteva continuare per altre due ore, o finire un'ora prima, non sarebbe cambiato nulla. Non c'è un emozione, un'attesa, una scoperta, un cambiamento. Dire che il film non ha ritmo è poco, sempliemente è di una lentezza esasperante. Avrebbe potuto giocare di più in senso introspettivo, sulla ambivalenza del Master, ad esempio, o sulla infanzia di Freddie, ma non lo fa e tutto si riduce ad una serie di accadimenti, anche banali, che a me non hanno lasciato nulla.
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Mi ero avvicinato con tante attese a questo film visto che aveva ricevuto buone critiche e che il tema era interessante, ma è stata una delusione completa. Il problema è che è un film senza storia, nn c'è un evoluzione dei personaggi, poteva continuare per altre due ore, o finire un'ora prima, non sarebbe cambiato nulla. Non c'è un emozione, un'attesa, una scoperta, un cambiamento. Dire che il film non ha ritmo è poco, sempliemente è di una lentezza esasperante. Avrebbe potuto giocare di più in senso introspettivo, sulla ambivalenza del Master, ad esempio, o sulla infanzia di Freddie, ma non lo fa e tutto si riduce ad una serie di accadimenti, anche banali, che a me non hanno lasciato nulla. Alcune persone non hanno atteso la fine del film, ed io non lho fatto solo perchè ero in compagnia.
Bravissimi gli attori, a cominciare da Phoenix, ma nn ho senso questa bravura quando tutto il resto è noia.
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cicliemercati
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sabato 12 gennaio 2013
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pretenzioso e sconcertante
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Il nuovo film del regista di “Magnolia” (*****1/2″, a mio avviso un film splendido e vicino al capolavoro assoluto) e “Il Petroliere” (****1/2) parla dell’incontro casuale, nel secondo dopoguerra, tra due personaggi, molto diversi da loro ma entrambi psichicamente spostati: un reduce di guerra ( Joaquin Phoenix) e il futuro fondatore di Scientology (Philip Seymour Hoffman). I due, l’uno affetto da una forma maniacale depressiva con ossessioni varie e l’altro spinto (oltre che dall’arrivismo della seconda moglie) da un ego abnorme e da deliri di onnipotenza, danno vita a un percorso di alcuni anni dove il primo si appoggia al secondo e il secondo studia in vitro il primo.
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Il nuovo film del regista di “Magnolia” (*****1/2″, a mio avviso un film splendido e vicino al capolavoro assoluto) e “Il Petroliere” (****1/2) parla dell’incontro casuale, nel secondo dopoguerra, tra due personaggi, molto diversi da loro ma entrambi psichicamente spostati: un reduce di guerra ( Joaquin Phoenix) e il futuro fondatore di Scientology (Philip Seymour Hoffman). I due, l’uno affetto da una forma maniacale depressiva con ossessioni varie e l’altro spinto (oltre che dall’arrivismo della seconda moglie) da un ego abnorme e da deliri di onnipotenza, danno vita a un percorso di alcuni anni dove il primo si appoggia al secondo e il secondo studia in vitro il primo. Detto cosi’ il film potrebbe anche apparire interessante: invece è solo un lungo e frustrante percorso verso il nulla. Ovvio che – trattandosi di Paul Thomas Anderson e di attori di primissimo livello è un “nulla” formalmente perfetto, impeccabile: ma è come un bel vestito vuoto. Non basta far muovere per tutto il film Joaquin Phoenix con una specie di emiparesi facciale e con le movenze di Braccio di Ferro. Non basta l’iconico Philip Seymour Hoffman che canticchia canzoncine idiote (ma perché poi non lasciarle nel film in inglese e mettere i sottotitoli, invece di tentare traduzioni inquietanti e improbabili?). Non basta qualche nudo di gruppo pseudoartistico. Tutto sembra falso, impossibile provare emozioni, impossibile farsi prendere dalla storia: facilissimo farsi prendere dal sonno anche per chi, come me, ama indiscriminatamente tutto il cinema. Ovviamente la mia è solo un’opinione: liberissimi di pensarla diversamente. Il film del resto ha già vinto a Venezia ed è candidato a 3 Oscar, 3 Globes e 4 BAFTA. Quindi è ovvio che sono io a sbagliare, ma mantengo ferma la mia opinione. In due parole il mio parere: pretenzioso e sconcertante.
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william wilson
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sabato 12 gennaio 2013
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la consapevolezza di essere eterni
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L'interpretazione di Joaquin Phoenix (se non vincerà l'oscar dopo questa interpretazione, diffcilmente ci sriuscirà in futuro) vale, da sola, il prezzo del biglietto.
Il film lo si può reputare noioso se lo si guarda con sufficienza, ma scrutato in profondità, non fa altro che mostrarci le caratteristiche primigenie e fondamentali dell'uomo, la ricerca dell'anima gemella, sia essa un "semplice" amico con il quale condividere esperienze di vita, piangendo e ridendo, sia esso un grande amore, sofferto, lancinante, straziante ma rivelatore, le debolezze e le paure insite nell'animo umano da sempre, la solitudine, la curiosità, la sete di conoscenza e quella di potere, la volontà di realizzarsi, di essere "qualcuno" o "qualcosa" nella vita, o semplicemente, la consapevolezza di di essere eterni, nel senso più filosofico ed etereo che mente umana possa concepire e comprendere.
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L'interpretazione di Joaquin Phoenix (se non vincerà l'oscar dopo questa interpretazione, diffcilmente ci sriuscirà in futuro) vale, da sola, il prezzo del biglietto.
Il film lo si può reputare noioso se lo si guarda con sufficienza, ma scrutato in profondità, non fa altro che mostrarci le caratteristiche primigenie e fondamentali dell'uomo, la ricerca dell'anima gemella, sia essa un "semplice" amico con il quale condividere esperienze di vita, piangendo e ridendo, sia esso un grande amore, sofferto, lancinante, straziante ma rivelatore, le debolezze e le paure insite nell'animo umano da sempre, la solitudine, la curiosità, la sete di conoscenza e quella di potere, la volontà di realizzarsi, di essere "qualcuno" o "qualcosa" nella vita, o semplicemente, la consapevolezza di di essere eterni, nel senso più filosofico ed etereo che mente umana possa concepire e comprendere.
Cinque stelle, per quanto mi riguarda, al capolavoro di Paul Thomas Anderson.
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(di alberigoevani)
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melania
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sabato 12 gennaio 2013
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mi chiedo il senso delle 4 palline....
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ma forse avrebbero potuto metterne di più visto che è una palla infinita.é difficilissimo che io chiuda gli occhi al cinema,ma c'è stato un momento in cui ho tentato di farlo.La trama è noiosa e poco interessante,il film è andato avanti cosi' senza nè testa nè coda.i due poveri attori protagonisti ce l'hanno messa tutta....ma con una trama del genere non sono riusciti più di tanto.Quando siamo finalmente arrivati alla fine ho emesso un sospiro di sollievo...è stato il momento più bello.
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lo stopper
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venerdì 11 gennaio 2013
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noia regnante
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Volete vedere un film senza ne' capo ne' coda, che racconta il nulla, e che vi rende felici perche' finalmente e' finito? "The Master" e’ quello che fa per voi. Il vostro istinto masochistico ne rimarra’ assolutamente soddisfatto. Se poi, molto piu’ banalmente, soffrite d’insonnia, il consiglio e’ sempre lo stesso: “The Master” e’ l’ideale perche’ il grande Orfeo si aggira soavemente nella sala, fra una poltrona e l’altra, e molto difficilmente riuscirete a sottrarvi al suo grande potere che nell’arco dei 137 minuti vi catturera’, prima o poi, senza lasciarvi scampo.
Un solo aggettivo mi viene in mente per i due personaggi principali del film: ripugnanti.
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Volete vedere un film senza ne' capo ne' coda, che racconta il nulla, e che vi rende felici perche' finalmente e' finito? "The Master" e’ quello che fa per voi. Il vostro istinto masochistico ne rimarra’ assolutamente soddisfatto. Se poi, molto piu’ banalmente, soffrite d’insonnia, il consiglio e’ sempre lo stesso: “The Master” e’ l’ideale perche’ il grande Orfeo si aggira soavemente nella sala, fra una poltrona e l’altra, e molto difficilmente riuscirete a sottrarvi al suo grande potere che nell’arco dei 137 minuti vi catturera’, prima o poi, senza lasciarvi scampo.
Un solo aggettivo mi viene in mente per i due personaggi principali del film: ripugnanti. Un esaltato pseudo psico terapista incontra un ritardato mentale alcolizzato, traumatizzato dagli anni passati in Marina durante la seconda guerra mondiale, e insieme formano il primo nucleo di quella che diventera’ una delle piu’ potenti sette “religiose” americane.
I dialoghi e i tentativi di psico-analisi che il guru organizza per “salvare” l’ex marinaio sono di una noia mortale, per il semplice motivo che non significano nulla, se non una serie di parole in liberta’, che blaterano di “piu’ vite” e di un immaginario incontro in una vita precedente, che giustificherebbe la reciproca attrazione intellettuale tra i due personaggi. Non ricordo una sola frase del film che sia in qualche modo interessante, o che inviti a riflettere. Nulla.
I dialoghi e le situazioni sono talmente insensati che neanche due fenomenali attori come Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman – anche in questa occasione molto bravi - riescono ad evitare l’assoluta inutilita’ di questo film.
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(di killtheboredom)
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manheim88
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giovedì 10 gennaio 2013
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la trama pallida di un culto
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L'ennesima trovata di Anderson per annoiare con una storia che promette bene. Uno squarcio del rapporto di due caratteri psicotici che si incontrano e scontrano quasi con metodo. Una prova eccelente dei due protagonisti troppo imbrigliati in due personaggi che permettono tanto e dicono poco. La chiave di lettura, pigra e già vista, sottolinea il rapporto snob del regista nei confronti del cinema e del suo pubblico. Una pellicola che regala fragilità ed emozione affongandola lentamente in un perverso gioco di resistenza. Parte bene e stanca presto, classico film-prostituta da una botta e via.
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mr but
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giovedì 10 gennaio 2013
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noia
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Noioso, presuntuoso, ridondante.
Belle prove attoriali al ritmo di una marcia funebre.
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sebastian13
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giovedì 10 gennaio 2013
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confesso di averci provato
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Confesso di averci provato a trovare in questo ultimo lavoro di Anderson lo stessa meraviglia suscitata nei critici, la stessa meraviglia susciata in me dagli altri suoi film. Confesso di non esserci riuscito. E tutto ciò nonostante l'ennesima prova di bravura degli attori. La capacità di adattare i corpi alla sceneggiatura (come Cruise in Magnolia come Day-Lewis nel Petroliere). Eppure il profondo disgusto che si prova nei confronti dei personaggi, di Fred e Dodd gli psicopatici, violentatori e violentati, e del contorno di famigliole ridenti, sembra fatto ad oc per centrare l'obiettivo del regista: suscitarlo! E quindi che dire, tutto come previsto? Niente affatto.
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Confesso di averci provato a trovare in questo ultimo lavoro di Anderson lo stessa meraviglia suscitata nei critici, la stessa meraviglia susciata in me dagli altri suoi film. Confesso di non esserci riuscito. E tutto ciò nonostante l'ennesima prova di bravura degli attori. La capacità di adattare i corpi alla sceneggiatura (come Cruise in Magnolia come Day-Lewis nel Petroliere). Eppure il profondo disgusto che si prova nei confronti dei personaggi, di Fred e Dodd gli psicopatici, violentatori e violentati, e del contorno di famigliole ridenti, sembra fatto ad oc per centrare l'obiettivo del regista: suscitarlo! E quindi che dire, tutto come previsto? Niente affatto. Credo che si abbia il diritto, vedendo un lavoro di livello, di pretendere che esso susciti nel nostro corpo la passione per le cose fatte bene, e queste sensazioni non le ho provate. Il valore del negativo sintetizza tutta l'opera di Gustav Mahler ed essa rappresenta la tragedia della fine dell'Impero Austro-Ungarico. In The Master la tragedia della guerra mondiale che ci restituisce questi corpi privi di vita, deformati e pur presenti, vogliosi di trascendenza, non li valorizza attraverso il sarcasmo o l'ironia, ma anzi li abbrutisce ancora di più e la guerra da tragedia diventa operetta: la danza con canzoncina e donne spogliate degli abiti al termine della quale Dott dichiara "Dobbiamo trovare il modo di vivere in questi corpi che ci contengono...Ridere" Il giudizio complessivamente accettabile è più di stima verso il regista e gli attori che di apprezzamento reale. Alla prossima Paul!!!
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