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Super 8, il segreto è nello stile

Guida alla scoperta delle ispirazioni del film di J.J. Abrams.
di Gabriele Niola

In foto i tre giovani protagonisti del film Super 8 di J.J. Abrams.
Elle Fanning (Mary Elle Fanning) (26 anni) 9 aprile 1998, Conyers (Georgia - USA) - Ariete. Interpreta Alice nel film di J.J. Abrams Super 8.

mercoledì 7 settembre 2011 - Making Of

Affezionato alle sue ossessioni, attaccato ad un certo modus operandi e dannatamente focalizzato sul concetto di mistero (sia nelle trame che nella lavorazione dei film) J.J. Abrams con quattro film, di cui uno da produttore, e tre serie televisive ha già creato uno standard stilistico, visivo e procedurale. Le sue opere non ruotano attorno a temi ricorrenti ma hanno spesso intere scene che si ripresentano, di volta in volta adattandosi ai diversi contesti.
Ugualmente influente sia come produttore che come regista, il filo che unisce il regista di Super 8 al suo mentore, Steven Spielberg, è più spesso di quel che sembri da questo film-calco che, dove non rielabora idee, soluzioni e atmosfere Amblin sembra esondare nei tanti territori abramsiani, riproponendone gli elementi vincenti.

Dimensione Abrams
Super 8 sembra riuscire a fare una fusione degli elementi più caratteristici del pilota di Lost, di Star Trek e Cloverfield.
Cineasta perfetto per spiegare la nuova generazione di Hollywood, quella che non vede differenza tra serie tv e cinema, capace di realizzare prodotti che incrociano le due dimensioni (Star Trek), di rielaborare i propri maestri senza mai fare citazionismo tarantiniano (Super 8) e focalizzarsi sui nuovi mezzi di comunicazione per costruire un discorso sulle proprie creazioni, J.J. Abrams con il suo ultimo film porta a compimento molti degli stimoli accennati nel corso della sua carriera.
Una campagna di mistero come quella che si è creata intorno ai pochi particolari veicolati su Super 8 raramente si era vista. Non a caso la “mistery box” (l’oggetto ignoto che genera curiosità solo per il suo fattore di mistero) è un punto fermo di ogni strategia-Abrams. Creare un segreto per gli spettatori come raccontare storie che abbiano misteri per i protagonisti.
Misteri che solitamente ruotano intorno a “creature” che si agitano nel bosco come nel pilota di Lost e nelle prime scene di Super 8, o che vengono nascoste dai palazzi come in Cloverfield. Ma non solo quello, l’ultimo film di Abrams esplicita l’importanza che nell’immaginario del regista hanno i filmati in bassa qualità. È quasi sempre da queste immagini che viene la verità, siano i video Dharma, che le riprese traballanti attraverso le quali indaghiamo la realtà di Cloverfield o ancora il super 8 dell’omonimo film.
Allo stesso modo anche dal punto di vista stilistico Abrams cerca di ritrovare parte dell’ingenuità dei filmati più amatoriali scegliendo sempre un controluce controllato che genera bagliori lenticolari. Ma è anche pronto a diventare invisibile come fa in Mission: Impossible 3 o nelle ricorrenti scene di incidenti che danno spesso origine alle sue trame. Siano i pezzi di aereo in fiamme sulla spiaggia o i vagoni deragliati sul prato, il modo di muoversi della macchina da presa tra le macerie, con lunghi piani sequenza che identificano la scoperta e il disagio spaventato dello spettatore con quelli del protagonista rimane lo stesso. Il racconto audiovisivo del mistero parte spesso dal disastro per Abrams, cioè da una delle situazioni più spiazzanti che esistano, quella che ti scaraventa fuori dal conosciuto oppure che scaraventa nel conosciuto lo sconosciuto.

Dimensione Spielberg
Non è un segreto che parte della grande forza di Super 8 risieda nel suo effetto madeleine, nel modo cioè in cui, senza mai esagerare con il calco, il film cerchi di risvegliare ricordi e sensazioni legate al mondo Amblin. Guardando Super 8 non si pensa direttamente ai film di Spielberg ma quelle immagini evocano molte delle sensazioni associate a quelle visioni.
I pasti caotici intorno al tavolo delle famiglie numerose, il continuo muoversi e vociare casalingo di bambini e familiari, le biciclette come unico mezzo di indagine della realtà e su tutto una vita provinciale che non è mai distanza dal cuore della realtà ma microcosmo in cui sviluppare un mondo interiore, qui rappresentato dal fare cinema.
Dal cinema spielberghiano della fase Amblin J.J. Abrams coglie a piene mani l’ambientazione e lo spirito, sebbene tradisca volontariamente il rapporto con l’alieno. Partendo dai medesimi presupposti del suo maestro l’allievo sviluppa una sua strada. Di tanto in tanto però ritorna alle astronavi colorate che si alzano in mezzo ai boschi, alle tane aliene dentro i garage, alle colline che sovrastano la città, fino ancora a dettagli minimi come le battute da adolescente al termine di una scena particolarmente forte o il modo di guardare i volti dei protagonisti.
Eppure nonostante Abrams abbia scelto di discostarsi da Spielberg proprio nella concezione, nel ruolo e nell’atteggiamento verso l’alieno, in un momento di confronto estremo tra protagonista e creatura verso la fine di Super 8, il regista svela un particolare anatomico di quest’ultimo che grida Spielberg da ogni pixel.

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