Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Durata | 91 minuti |
Regia di | Shin'ya Tsukamoto |
Attori | Shin'ya Tsukamoto, Cocco . |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 8 settembre 2011
Tsukamoto, dopo le visioni oniriche della saga dedicata a Tetsuo, prende in esame la storia di una donna sull'orlo di una crisi di nervi. Il film è stato premiato al Festival di Venezia,
CONSIGLIATO SÌ
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Kotoko ha un problema, ci vede doppio, nel senso che la sua mente sdoppia le persone che vede, una reale e una no, una positiva e una negativa (che cerca di attaccarla), senza che lei possa distinguere quale esista e quale sia frutto della sua immaginazione. Il suo disagio mentale è acuito dallo stress dovuto alla cura del figlio neonato che tra pianti, urla ed esigenze lentamente porta la madre al totale esaurimento. Quando le viene levato l'affido le cose sembrano migliorare, una nuova storia d'amore però riporterà in superficie ansie, paure e sdoppiamenti.
E' da Nightmare detective (escludendo la parentesi di ritorno alla serie Tetsuo) che Shinya Tsukamoto sta operando uno slittamento dall'ossessione per la mutazione e la lacerazione della carne a quella per l'inconscio mentale, un movimento analogo a quello compiuto da un altro regista a lui simile per temi come David Cronenberg. Un passo in fondo non gigantesco, le ansie di Tetsuo, Tokyo fist e A snake of june finivano nella carne ma cominciavano nella mente e si nutrivano dell'oppressione dell'asfalto e del metallo cittadino.
In Kotoko tutto ciò è ancor più esplicito. Nei suoi momenti migliori il nuovo film di Tsukamoto racconta di una mente spaccata dal rumore ossessivo delle pentole metalliche contro i fornelli, dalle strette mura d'asfalto del palazzo in cui vive e dal pianto del bambino. La quiete arriva solo durante il canto o in campagna.
Il guaio del film è che non mantiene la forza e l'impatto che solitamente sono la cifra del regista giapponese lungo tutta la narrazione. Impennate visive e improvvise intuizioni (o anche solo visioni pienamente tsukamotiane) interrompono lunghi momenti che sono riflessivi solo nelle intenzioni del regista.
Questa volta è l'insostenibile ansia della maternità e della cura di un'altra vita, piccola e fragilissima ma in grado di indurre i peggiori pensieri, a preoccupare il regista. E sebbene Kotoko non possa dirsi tra le migliore opere di Tsukamoto, è sufficiente anche solo il modo impaurito e sinceramente timoroso con il quale filma il desiderio di omicidio del figlio da parte della madre, a confermare di essere di fronte ad uno dei più grandi registi di sempre.
Inquietante e moderno come solo Tsukamoto sà essere, visto all'Asian Film Festival di Reggio Emilia. Spero che presto venga presentato nelle sale Italiane per inquietare anche voi....
Inguardabile film del regista estremo Tsukamoto, che ci rappresenta la follia della protagonista con una mdp a mano agitatissima e nevrotica, una giustapposizione di realtà e allucinazione che non sempre riusciamo facilmente a discernere, una violenza estrema che la protagonista, nella sua follia, vive dentro il suo cervello ed esplicita anche su se stessa e su coloro che provano verso di lei [...] Vai alla recensione »