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A-Team: cosa cambia e cosa resta

Mescolare con intelligenza azione e umorismo.
di Gabriele Niola

Serie poco serie
Liam Neeson (William John Neeson) (71 anni) 7 giugno 1952, Ballymena (Gran Bretagna) - Gemelli. Interpreta Il colonnello John “Hannibal” Smith nel film di Joe Carnahan A-Team.

giovedì 17 giugno 2010 - Making Of

Serie poco serie
La sorpresa di A-Team è che c'è da ridere. E molto. Ma è una sorpresa solo parziale se si guarda a come Hollywood negli ultimi anni ha affrontato i remake delle serie televisive anni '70/'80 da Hazzard a Starsky e Hutch fino a Charlie's Angels (escludendo il manniano Miami Vice e l'inutile Fame).
L'operazione nostalgia, che poteva portare risultati scadenti e ridicoli se affrontata con piglio eccessivamente serioso, diventa un'occasione per ridere di quei personaggi, quei soggetti e quelle dinamiche assieme al pubblico. E forse di tutti i remake allegri della serialità di venti o trent'anni fa proprio A-Team è quello che meglio azzecca la formula corretta: mescolare con intelligenza azione e umorismo, guardando alla furia compositiva di Guy Ritchie e all'umorismo fascinoso del primo Iron Man.
E non è da meno l'approccio riservato ai personaggi. L'aderenza all'originale diventa un requisito importante ma non essenziale, quindi se 3 personaggi su 4 rimangono attaccati alle loro caratteristiche primigenie, uno viene scelto per staccarsi, essere rimodellato e diventare la pietra intorno alla quale orchestrare una trama che sia adatta al lungometraggio. È Sberla, incarnato molto bene e con gusto da Bradley Cooper, che da dandy privo d'anima ed ennesimo strumento nelle mani di Hannibal (in maniera uguale ed opposta a B.A. Baracus), diventa amico e sodale del colonnello, guida del gruppo, eroe d'azione e a tutti gli effetti vero protagonista, l'unico ad avere un'anima e quindi una storia d'amore.

Cosa cambia e cosa resta?
È la prima domanda che ci si pone nel momento in cui si adatta una serie televisiva d'epoca e la si porta nella contemporaneità. Nel caso dell'A-Team la scelta è stata accurata e citazionista, riuscendo probabilmente a non scontentare i fan più tolleranti (gli intolleranti non potranno mai essere accontentati!) e a realizzare un prodotto in linea con quanto si vede oggi.
Innanzitutto i temi fondamentali ci sono tutti. Dal taglio alla mohicana che fu di Mr. T, al furgone nero con banda rossa, fino alla paura di volare, i piani organizzati, l'evasione dal manicomio e i rimorchi di Sberla. Come anche le relazioni interpersonali sono le medesime: il rispetto per il colonnello Smith, i battibecchi tra Murdock e Baracus e il semi-isolamento di Sberla.
In un divertente cammeo iniziale è anche presente il classico villain degli episodi della serie: il dittatore/generale/rivoluzionario di qualche ameno stato sudamericano in attesa di rovesciare una democrazia; mentre alla fine, dopo i titoli di coda, compaiono anche Dirk Benedict e Dwight Schultz, gli originali Sberla e Murodck.
A cambiare invece è proprio il dandy del gruppo, che diventa il protagonista, acquista un cuore (ma non troppo pieno di romanticismo) ed è un sodale decisamente più legato ad Hannibal. Sono loro due che insieme costituiscono l'A-Team, sono loro due ad essere i veri amici di vecchia data ed è Sberla quello a cui viene passato il testimone simbolico di mente del gruppo. I due riescono anche ad avere dei momenti di vera ed autentica mutua amicizia virile. Questo a testimonianza di come il cinema americano (e non la serialità) non sappia essere cinema di massa ma abbia una natura eminentemente individualista. Anche grazie allo spostamento di Sberla infatti il film fila liscio con ritmo e trova in qualche punto anche un vago senso sentimentale. Nulla per cui valga la pena versare delle lacrime sia chiaro, giusto una pennellata di colore in più che infonde densità ai personaggi.

Un prequel
A -Team (il film) è la storia di come quei 4 uomini si sono conosciuti e sono diventati l'A-Team che conosciamo (la serie), cioè come sono finiti ad essere dei fuorilegge che aiutano chi è in difficoltà. Una storia che presta il fianco a molti temi politici che Joe Carnahan ha mostrato di non voler trascurare e anzi evidenziare, primo fra tutti quello della sfiducia verso la CIA.
È infatti la Central Intelligence Agency ad aver ingannato l'A-Team, incastrandolo in un crimine che non hanno commesso, sono loro ad agire in maniera viscida, protetti dallo statuto di agenzia governativa e pronti a seguire solo i propri biechi fini. Una visione inedita per violenza dell'attacco e mancanza di sfumature di quella che una volta era un'istituzione stimata del paese.
Ma non solo, in maniera più sottile è anche evidenziato un certo cambio nell'orientamente politico del gruppo. Sebbene da sempre impegnati a riconquistare il loro onore militare infangato, attraverso azioni da civili eseguite con piglio e gerarchia militare (attitudine decisamente conservatrice), l'A-Team è anche sempre stato simbolo di un certo modo di intendere il ribellismo. Sono fuggiti, vivono in clandestinità e in viaggio, sono a modo loro degli outsider che agiscono secondo le proprie regole e la propria morale, non sono spinti dal denaro, dal profitto o da un interesse particoalre ma più secondo logiche hippy del dono e della pace. In questo modo la serie non prendeva effettivamente una posizione, occupandole tutte. Sia liberali che conservatori.
Il film invece pende più dalla parte dei conservatori. Certo l'A-Team è sempre in fuga ma il rispetto per le istituzioni, la celebrazione dei valori tradizionali e il modo in cui ratificano una certa fiducia verso quel sistema che in diversi modi sembra truffarli è abbastanza evidente. Questa prospettiva unita al dipinto fosco della CIA, sembra chiarire un punto di vista che esaspera i mali di una parte della famiglia, o di un braccio del sistema, per virare da quella parte tutti i problemi e quindi indirettamente assolvere il resto dell'establishment.

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