danilodac
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domenica 9 agosto 2009
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non è un paese per vecchi
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A far da motore all’azione vi è una valigetta contenente due milioni di dollari, ritrovata da Moss (J. Brolin) nel bel mezzo di una tipica zona desertica del Texas. Il bottino è l’unico sopravvissuto ad una strage tra bande di criminali messicani; Moss pensa di tenere il denaro, ma dietro l’angolo vi è un glaciale assassino a pagamento che ha il compito di recuperarlo.
Per il loro 12° film i Coen scelgono di raccontare una storia che rappresenta il compendio della loro intera opera cinematografica.
In questa laconica eppur poliedrica “sentenza”, illuminata dalla splendida fotografia di Roger Deakins, si percepisce un’acuta analisi di carattere del mondo passato e odierno, scaturita da una volontà che rimane congelata anche nei momenti più assurdi.
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A far da motore all’azione vi è una valigetta contenente due milioni di dollari, ritrovata da Moss (J. Brolin) nel bel mezzo di una tipica zona desertica del Texas. Il bottino è l’unico sopravvissuto ad una strage tra bande di criminali messicani; Moss pensa di tenere il denaro, ma dietro l’angolo vi è un glaciale assassino a pagamento che ha il compito di recuperarlo.
Per il loro 12° film i Coen scelgono di raccontare una storia che rappresenta il compendio della loro intera opera cinematografica.
In questa laconica eppur poliedrica “sentenza”, illuminata dalla splendida fotografia di Roger Deakins, si percepisce un’acuta analisi di carattere del mondo passato e odierno, scaturita da una volontà che rimane congelata anche nei momenti più assurdi.
L’ibrida natura di questa tragica odissea nei meandri della malvagità umana è l’essenza stessa dell’opera cinematografica dei Coen, caratterizzata dall’imprevedibile mescolanza dei generi.
Attraverso le disavventure del protagonista(?) e del suo implacabile, folle inseguitore, vengono poste molte domande, alle quali difficilmente si può trovare una risposta.
Il Paese a cui allude il titolo è il Texas, perfetto sfondo per un’esistenza angosciante, avida e perfino immune, spavalda di fronte al giudizio degli uomini.
In questa “apocalisse”, sarebbe difficile stabilire quanto la lente deformante del grottesco alteri la vicenda, che pur tra passaggi di azione iperbolica riesce ad apparire secca, fulminea,realistica. Anche nelle più crude scene di violenza infatti, non c’è compiacimento.
Caratterizzato da un ritmo svelto, spiccio nel mostrare gli eventi, il racconto può risultare a tratti spiazzante, soprattutto a causa del funzionale utilizzo di un tono freddo e distaccato che permette sì allo spettatore di entrare in simbiosi con il film, ma anche di rimanerne al di fuori. La perfetta miscela di suspense, azione, mistero, humour nero, contribuiscono non poco alla riuscita caratterizzazione di un mondo violento, freddo e insensato nella sua follia estrema, turgida e maledetta.
Tutto, o quasi, nel film è accennato, suggerito; Il principale obiettivo dei Coen è, infatti, mostrare, esentandosi da qualsiasi giudizio critico o morale. Anche nell’approfondimento psicologico dei personaggi vi è una voluta insoddisfazione cognitiva che lascia libero lo spettatore di credere o di immaginare, di supporre o di rifiutare.
Nel contesto di un universo spaesato, senza guida e alla deriva, il personaggio di Tommy Lee Jones, in cui s’imprime la metafora del film, vive un incubo ad occhi aperti. Più che un film sulla violenza, è un film sulla normalità della violenza, in un Paese in cui neanche più la normalità ha un’identità precisa.
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aborrelli
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domenica 22 febbraio 2015
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non è un film per i coen
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Sembra che "Non è un paese per vecchi" voglia voglia presentare una realtà spietata, cruda, che non lascia via di scampo. Eppure nei confronti del feroce assassino tutti si comportano con cortesia, affabilmente. Anche i criminali nemici si comportano con lui in maniera mite, arrendevole, e si presentano indifesi e disarmati, lasciandosi gentilmente ammazzare.
Si cerca di riprodurre una realtà crudele senza regole, eppure di fronte a un uomo che spara e ammazza, che minaccia e terrorizza, che circola con un fucile da killer e a viso scoperto, che entra armato negli hotel e perfino nel quartier generale dell'organizzazione malavitosa da lui tradita, nessuno gli spara a sua volta (tranne che nello scontro con il cacciatore), nessuno si vendica, nessuno lo insegue, nessuno lo perseguita, nessuno lo affronta, nessuno lo sfida, nessuno lo picchia, nesuno lo bracca, nesuno lo denuncia, nessuno lo insulta nemmeno .
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Sembra che "Non è un paese per vecchi" voglia voglia presentare una realtà spietata, cruda, che non lascia via di scampo. Eppure nei confronti del feroce assassino tutti si comportano con cortesia, affabilmente. Anche i criminali nemici si comportano con lui in maniera mite, arrendevole, e si presentano indifesi e disarmati, lasciandosi gentilmente ammazzare.
Si cerca di riprodurre una realtà crudele senza regole, eppure di fronte a un uomo che spara e ammazza, che minaccia e terrorizza, che circola con un fucile da killer e a viso scoperto, che entra armato negli hotel e perfino nel quartier generale dell'organizzazione malavitosa da lui tradita, nessuno gli spara a sua volta (tranne che nello scontro con il cacciatore), nessuno si vendica, nessuno lo insegue, nessuno lo perseguita, nessuno lo affronta, nessuno lo sfida, nessuno lo picchia, nesuno lo bracca, nesuno lo denuncia, nessuno lo insulta nemmeno ... sembra quasi di vivere nel regno dei buoni e dei santi!
Persino la polizia, quella americana, una delle più spietate al mondo, si presenta sonnacchiosa e compassata, priva di ogni minima parvenza di mordente e di aggressività. I suoi funzionari tollerano tranquillamente l'assassinio brutale di un proprio collega, e non pensano affatto ad avviare la caccia all'uomo nei confronti dell'omicida, ad essi ben noto.
Insomma, una sceneggiatura piena di contraddizioni e di assurdità.
L'assassino viene più volte definito "psicopatico" ma in effetti è un efferato criminale che perpetra i suoi delitti con accurato studio e conoscenza di ogni dettaglio organizzativo e tecnico. E' un cinico che persegue i suoi appetiti con lucida determinazione. E' uno che uccide per i soldi. Ma questo non vuol dire essere pazzi. Non vi sono affatto in lui quegli elementi di disfunzione o debolezza o vulnerabilità che possano giustificare la definizione patologica, e che alla fine esporrebbero lui stesso a situazioni di pericolo, o quanto meno di imbarazzo e difficoltà, che nella storia appunto non compaiono per niente.
Quanto alla decantata suspance del film, quella tensione striscante che pure andava salendo dalle scene iniziali, essa si diluisce sempre più, finendo per perdersi, per tutta quanta la seconda metà, in una stanca sequenza di situazioni ripetitive e prevedibili.
L'intensità dell'azione sarebbe potuta crescere solo sviluppando il duello fra il serial killer e il cacciatore fuggitivo, unico personaggio che riesce a mettere sotto scacco l'antagonista. Ma questo tema viene sciaguratamente messo a parte e i due non si incontrano più, fino allo scialbo finale in cui il predicozzo moralista dello sceriffo riesce solo a risultare incongruente, patetico e posticcio.
Occasione di riscatto per il film potrebbe essere l'insano gesto finale del killer (questo sì unico segno di inquietante malessere mentale) che va a uccidere la moglie del cacciatore solo perché in precedenza da lui minacciata, anche se ormai l'attuazione della minaccia non ha più alcun senso. Il gioco dell'imponderabile casualità, più volte evocato, avrebbe potuto richiamare nell'azione qualcun altro dei soggetti coinvolti e costretto stavolta proprio il glaciale sicario a doversi giocare la vita a testa o croce davanti all'imprevisto. Ma anche qui incredibilmente la scena prosegue tra blande lamentele quasi filosofeggianti della ragazza (impensabili in un momento così drammatico e terribile), compunta e arrendevole dinanzi al suo imminente uccisore.
E' proprio l'assenza di un guizzo catartico, di una resa dei conti finale, che rappresenta forse la più odiosa mancanza di rispetto per il pubblico, già costretto a subire per due ore un'escalation di atmosfere cupe e oppressive.
In conclusione un film mediocre, che dimenticheremo senza molti rimpianti.
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(di sam_evemero)
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nik deco
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giovedì 15 agosto 2013
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i coen emulano shakespeare
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"Nella criminalità di oggi è difficile capirci qualcosa,non è che mi faccia paura,ma non ho intenzione di mettere la mia posta sul tavolo,di uscire per andare incontro a qualcosa che non capisco. Significherebbe mettere a rischio la propria anima,dire OK faccio parte di questo mondo". Con queste parole lo sceriffo Bell apre il film in qualità di voce narrante. Il tema del film è sollecitamente presentato dai Coen con poche e apparentemente semplici parole. Dietro questa affermazione in realtà si cela l'intero complesso di violenza e giustizia umana che da secoli concerne l'integrità della natura umana. Ed è questo il teme che pervade l'intera durata della pellicola.
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"Nella criminalità di oggi è difficile capirci qualcosa,non è che mi faccia paura,ma non ho intenzione di mettere la mia posta sul tavolo,di uscire per andare incontro a qualcosa che non capisco. Significherebbe mettere a rischio la propria anima,dire OK faccio parte di questo mondo". Con queste parole lo sceriffo Bell apre il film in qualità di voce narrante. Il tema del film è sollecitamente presentato dai Coen con poche e apparentemente semplici parole. Dietro questa affermazione in realtà si cela l'intero complesso di violenza e giustizia umana che da secoli concerne l'integrità della natura umana. Ed è questo il teme che pervade l'intera durata della pellicola. L'opposizione, il conflitto fra uomini e ideali, fra uomini e uomini, un conflitto che determina le scelte di ognuno e che genera l'imprevedibilità delle situazioni. In questo i Coen si rivelano l'alter ego moderno di Shakespeare: così come per il drammaturgo è il conflitto morale-idealistico insediato in ciascuna personalità umana a generare le situazioni, a determinare gli esiti delle azioni, a definire il composito e irregolare succedersi degli eventi secondo volubili rapporti di causa-effetto, in Non è un paese per vecchila contrapposizione ideologica fra i tre principali personaggi dell'opera determina il continuo capovolgersi della situazione. Accingendosi all'analisi del reale protagonista della pellicola, il killer Anton Chigurh (magistralmente interpretato da un più che mai ammaliante Bardem), si può constatare sin dal principio che è presente un principio regolatore, un articolato e macchinoso algoritmo che regola la vita dello spietato assassino e non solo. Un algoritmo di cui è tuttavia possibile intravedere solo i radicati estremi. Radicati al medesimo concetto di imprevedibilità, tanto inveterati da non rendere possibile la visione completa dell'algoritmo. La cagione è semplice: quel così incomprensibile algoritmo in realtà non è definito, completo, esaudiente. È estremamente mutevole, ha contorni sfumati, faziosamente visibili solamente attraverso un eterogeneo ed eclettico sistema di conoscenza della realtà umana, rappresentato dallo sceriffo Bell. "Ti voglio fare una domanda: qual'è la scommessa più grossa che hai perso a testa o croce?": Chigurh è come la moneta offerta all'anonimo benzinaio prima e a Carla Jean poi: è imprevedibile, volubile, soggetta alle incomprensibili antropiche scelte. Scelte dettate a loro volta da una costante tendenza all'individualismo in tutti i possibili aspetti, a partire da quello economico: è l'immagine di Moss, la tanto lodata immagine del self-made man americano, tanto disposto a conseguire il profitto da contendere la propria esistenza con l'imponderabile natura antropologica. Lo sceriffo Bell, per quanto ultimo rappresentante dell’antica società umana moralmente ed eticamente ammissibile, e dunque disposto a tutto pur di difendere i suoi valori, deve cedere il passo a una nuova forma di società: vorticosa, frenetica, senza valori, come dimostrano due affermazioni da lui pronunciate: “penso che quando non si dice più «grazie» e «per favore» la fine è vicina” e “Non puoi fermare quello che sta arrivando. Non dipende tutto da te. È semplice vanità”. Con definiti presupposti, l’epilogo della vicenda non può essere che determinato e tragico: nessuno dei rappresentanti dei valori positivi ne esce vincitore, neanche l’improbabile protagonista della vicenda, Moss, tutto a scapito della perdurante caoticità perseguita da Chirguh.
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filippo catani
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mercoledì 11 gennaio 2012
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uno splendido mix di generi cinematografici
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Texas occidentale 1980. Uno sbandato recupera una valigetta piena di dollari nel deserto che era parte di uno scambio di droga finito male. Da quel momento dovrà fare i conti con un killer psicopatico disposto a tutto pur di riavere i soldi. Intanto un anziano e disilluso sceriffo cerca di dare la caccia a entrambi.
Iniziamo con il dire che l'ambientazione è quanto di meglio ci potesse essere per un film del genere tra deserti e strade polverose. Quindi c'è la splendida caratterizzazione dei personaggi e un mix di generi tra dramma, thriller e battute da black commedy ma soprattutto è un film on the roas. Javier Bardem è a dir poco straordinario nell'interpretazione del killer psicopatico fatalista che si affida al testa o croce per decidere se uccidere o no le persone.
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Texas occidentale 1980. Uno sbandato recupera una valigetta piena di dollari nel deserto che era parte di uno scambio di droga finito male. Da quel momento dovrà fare i conti con un killer psicopatico disposto a tutto pur di riavere i soldi. Intanto un anziano e disilluso sceriffo cerca di dare la caccia a entrambi.
Iniziamo con il dire che l'ambientazione è quanto di meglio ci potesse essere per un film del genere tra deserti e strade polverose. Quindi c'è la splendida caratterizzazione dei personaggi e un mix di generi tra dramma, thriller e battute da black commedy ma soprattutto è un film on the roas. Javier Bardem è a dir poco straordinario nell'interpretazione del killer psicopatico fatalista che si affida al testa o croce per decidere se uccidere o no le persone. Allo stesso tempo grande pezzo di bravura anche per lo sceriffo Tommy Lee Jones sceriffo ormai rassegnato al peggio e che, dopo aver seguito il caso, deciderà di appendere la stella al chiodo. Un film che, al contrario di quanto spesso capita, rende piena giustizia all'opera omonima di Cormac McCarty. Alcuni dialoghi tra sceriffo e giovane recluta e tra il killer e alcune sue vittime sono da antologia.
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misterbughivughi
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venerdì 24 luglio 2015
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un film che si prende a pugni da solo
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La vicenda parte da una valigetta piena di dollari rimasta sul teatro di un sanguinoso conflitto a fuoco tra due bande di narcotrafficanti.
La ritrova un cacciatore / saldatore, un “uomo comune” che pensa di dare, grazie all’insperato bottino, un’autentica svolta alla sua modesta esistenza.
La successiva fuga del protagonista e la sua incessante persecuzione ad opera di banditi e criminali vari sembrano sottolineare l’impossibilità per un uomo solo di mettersi contro forze tanto più potenti e maligne, senza poi dover soccombere sotto i loro inesorabili colpi.
Ma fin dai primi fotogrammi si affaccia e via via si impone all’attenzione dello spettatore una storia parallela che si intreccia e sovrappone a quella principale: quella di un killer spietato anche lui alla caccia della valigetta, che non esita ad ammazzare selvaggiamente chiunque si ponga fra lui e il suo sospirato obiettivo.
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La vicenda parte da una valigetta piena di dollari rimasta sul teatro di un sanguinoso conflitto a fuoco tra due bande di narcotrafficanti.
La ritrova un cacciatore / saldatore, un “uomo comune” che pensa di dare, grazie all’insperato bottino, un’autentica svolta alla sua modesta esistenza.
La successiva fuga del protagonista e la sua incessante persecuzione ad opera di banditi e criminali vari sembrano sottolineare l’impossibilità per un uomo solo di mettersi contro forze tanto più potenti e maligne, senza poi dover soccombere sotto i loro inesorabili colpi.
Ma fin dai primi fotogrammi si affaccia e via via si impone all’attenzione dello spettatore una storia parallela che si intreccia e sovrappone a quella principale: quella di un killer spietato anche lui alla caccia della valigetta, che non esita ad ammazzare selvaggiamente chiunque si ponga fra lui e il suo sospirato obiettivo.
Costui viene definito “psicopatico”, si comporta con una miscela di ferocia ottusa e di calcolato opportunismo, cammina con un incedere lugubre e goffo da mostro dell’horror, ragiona con una logica paradossale, e resta prigioniero di una unica e invariabile espressione nel parlare, nell’agire, nell’uccidere.
Insomma è lui che diviene il personaggio-chiave del film con incursioni improvvise e devastanti che diventano sempre più frequenti.
È lui che alla fine si mette contro poteri troppo più forti, è lui che sfida in maniera azzardata e temeraria le organizzazioni malavitose che la fanno da padrone.
È lui che commette degli sgarri atroci che gli costerebbero una fine truculenta già dalle prime scene.
Ma è qui che il film comincia a fare a cazzotti con se stesso.
Con il cacciatore/saldatore, nonostante il suo coraggio e astuzia, malavitosi e banditi esprimono il massimo dell’accanimento e della spietatezza per scovarlo e stanarlo e infine raggiungerlo.
Con il killer traditore e sanguinario, che diventa in breve tempo l’obiettivo dichiarato di tutti (polizia, bande rivali, e delinquenti vari), ogni potenziale antagonista risulta invece rinunciatario e arrendevole.
I criminali nemici sono sempre disarmati e indifesi o incredibilmente incapaci di tenergli testa.
Nessuna banda lo apposta, nessuno gli tende agguati o insidie.
La realtà, che per il baffuto cacciatore protagonista, si mostra feroce e spietata, diventa per il killer inverosimilmente benevola e favorevole. Per lui non esistono né rischi né pericoli e le sue iniziative sono baciate da un successo facile, comodo, senza alcuno sforzo.
Ma allora il vero tema di fondo, quello della debolezza del singolo, destinato a soccombere nel duro scontro con i poteri contro cui si è messo, viene a cadere sotto i colpi dello stesso svolgimento del film.
Il killer si rivela personaggio bizzarro e inquietante e forse gli autori ne amplificano un pò troppo il ruolo per attrarre l’attenzione del pubblico, ma il prezzo di questa operazione è una sceneggiatura piena di assurdità e di contraddizioni, da filmetto di serie zeta.
Sullo sfondo della vicenda le considerazioni che ogni tanto vengono fatte da uno sceriffo disilluso e amareggiato fanno da cornice inutilmente moralistica, e decisamente incongruente visto che, come poliziotto, lui non prova nemmeno lontanamente a fare qualcosa di logico o costruttivo.
Il finale si avvicina monotono, tra scene che diventano cerebrali e incomprensibili. Ma il film oramai si prende a pugni da solo, riuscendo persino a sgretolarsi, ben prima della fine della proiezione.
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underr
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venerdì 27 gennaio 2012
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film incompreso.
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Un uomo va a caccia. Sulle tracce della preda si ritrova nel bel mezzo di uno scambio di droga finito male. Sono tutti morti. Ispeziona e tra i cadaveri trova una borsa, contenente 2 milioni di dollari. Un altro uomo è in arresto, uccide un funzionario della legge, un uomo a cui ruba la macchina e due uomini che gli offrono un lavoro: trovare una valigetta contenente 2 milioni di dollari. Lo sceriffo della contea, interpretato da un ottimo Tommy Lee Jones, è il narratore, e guarda le vicende della storia con crescente timore e disgusto, verso una società che continua a cambiare, e che piano piano si accorge di non poter gestire. Gli uomini si ammazzano tra di loro per soldi, droga, ma anche per nessun motivo.
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Un uomo va a caccia. Sulle tracce della preda si ritrova nel bel mezzo di uno scambio di droga finito male. Sono tutti morti. Ispeziona e tra i cadaveri trova una borsa, contenente 2 milioni di dollari. Un altro uomo è in arresto, uccide un funzionario della legge, un uomo a cui ruba la macchina e due uomini che gli offrono un lavoro: trovare una valigetta contenente 2 milioni di dollari. Lo sceriffo della contea, interpretato da un ottimo Tommy Lee Jones, è il narratore, e guarda le vicende della storia con crescente timore e disgusto, verso una società che continua a cambiare, e che piano piano si accorge di non poter gestire. Gli uomini si ammazzano tra di loro per soldi, droga, ma anche per nessun motivo. E' per questo che lo sceriffo tenta di estraniarsi da questo mondo che non riesce più a comprendere, perchè farlo "significherebbe mettere a rischio la propria anima, dire OK, faccio parte di questo mondo."
I fratelli Coen sono in grado di sfornare un capolavoro senza tempo, una pietra miliare del cinema, che riprende parzialmente il concetto di "pulp" tarantiniano, trasformandolo però in un concetto morale: che tutto è affidato al caso. L'uomo è impotente di fronte alla casualità degli eventi, deve accettare le cose per come vanno, perchè "certe cose succedono, non posso farle tornare indietro." Film probabilmente sottovalutato dal pubblico, che lo vede come un'altra scusa per mostrare la violenza in tutte le sua facce, ma che in realtà mostra la cruda realtà, e anche il fatto che le cose possono benissimo andare in modo completamente diverso da quello che ci si aspettava. Vincitore di 4 premi oscar, tra cui miglior attore non protagonista (veramente meritato da un Javier Bardem perfettamente calato nella parte), è un film che merita di essere visto e rivisto, per assimilarne meglio quelle immagini, quelle scene e quei concetti che ad una prima occhiata possono apparire come mera violenza, ma che in realtà sono le basi per fare Il Grande Cinema.
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mdelgaudio
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martedì 3 febbraio 2015
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troppo poco
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Una borsa piena di soldi, bande rivali e un eroe solitario, uno sceriffo stanco e disincantato, un assassino che si muove, parla e uccide senza cambiare mai espressione.
Da questi elementi muove l'intreccio di questa storia, narrata fra le desolate freeways texane e il confine messicano, giocata fra le scorribande di delinquenti di frontiera e il fatalistico abbandono all'imponderabile di chi vorrebbe tutelare l'ordine ma capitola di fronte a qualcosa che sente più grande di lui.
Le atmosfere sono cupe, intrise di un pessimismo risoluto.
L'incombere di un destino spietato che nella sua furia distruttrice non risparmia nessuno, prevale su ogni possibile barlume di speranza, su ogni minima possibilità di ribellione.
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Una borsa piena di soldi, bande rivali e un eroe solitario, uno sceriffo stanco e disincantato, un assassino che si muove, parla e uccide senza cambiare mai espressione.
Da questi elementi muove l'intreccio di questa storia, narrata fra le desolate freeways texane e il confine messicano, giocata fra le scorribande di delinquenti di frontiera e il fatalistico abbandono all'imponderabile di chi vorrebbe tutelare l'ordine ma capitola di fronte a qualcosa che sente più grande di lui.
Le atmosfere sono cupe, intrise di un pessimismo risoluto.
L'incombere di un destino spietato che nella sua furia distruttrice non risparmia nessuno, prevale su ogni possibile barlume di speranza, su ogni minima possibilità di ribellione.
Tutti vengono travolti, innocenti e criminali, coraggiosi e pavidi, uomini e donne.
E anche l'energia caparbia del cacciatore / saldatore / reduce del Viet Nam, unico personaggio che osa sfidare l'inesorabile, viene compressa e frustrata, relegata in secondo piano rispetto alla primazia del nichilismo assoluto.
La violenza, pur non frequentissima, è a tratti gratuita, superflua. Ne sarebbe bastata la metà per conservare al film la sua carica sconsolante e disperata.
In quest'opera dei Coen viene a mancare quella carica sarcastica e graffiante che caratterizzava alcune loro precedenti realizzazioni. Qui essi si cimentano con un linguaggio astratto e glaciale, con la pretesa di una narrazione rarefatta e dal taglio appuntito.
Ma nella insistente ricerca di esiti eccessivi, la sceneggiatura diventa poco accurata e spesso incongruente.
Dopo una prima parte in cui l'impasto degli antefatti prometteva uno sviluppo ben più adrenalinico, il film comincia a perdere colpi, si ripiega su se stesso e declina stancamente nella ripetitività di un cliché ossessivo, fino alla desolante aridità del finale - non finale.
Non basta a riscattare la vicenda dalla sua monotonia e prevedibilità la tirata moraleggiante dello sceriffo nel finale, nella quale, più che una insignificante resa di fronte alla ineluttabilità del male, null'altro è dato cogliere.
Per chi riponeva più elevate aspettative nei confronti del collaudato duo di registi / sceneggiatori, tutto ciò è troppo poco. Davvero troppo poco, troppo vuoto, troppo niente.
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erre
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mercoledì 4 giugno 2008
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i fratelli coen e un incantevole film
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Non è un paese per vecchi, ci mancherebbe altro. Un film intricanto, intrigante e geniale, quelo dei fratelli Coen, una pellicola non semplice ma piena di spunti morali, un thriller, non fine a se stesso, colto e avvincente con una fotografia buonissima, delle scene e delle non scene raffinate e con delle interpretazioni maggistrali, prima su tutte quella del premio oscar Javier Bardem, incredibilmente entrato, in maniera perfetta, nella parte del killer psicopatico freddo e distaccato. Non da meno le interpretazioni di Josh Brolin, grande, e del protagonista, Tommy Lee Jones nella parte dell' anziano sceriffo stanco del suo lavoro e del mondo che sta cambiando inesorabilmente. Un gran film, altro non ci si poteva aspettare, ma come tutti i film d' autore al botteghino è stato un disastro.
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Non è un paese per vecchi, ci mancherebbe altro. Un film intricanto, intrigante e geniale, quelo dei fratelli Coen, una pellicola non semplice ma piena di spunti morali, un thriller, non fine a se stesso, colto e avvincente con una fotografia buonissima, delle scene e delle non scene raffinate e con delle interpretazioni maggistrali, prima su tutte quella del premio oscar Javier Bardem, incredibilmente entrato, in maniera perfetta, nella parte del killer psicopatico freddo e distaccato. Non da meno le interpretazioni di Josh Brolin, grande, e del protagonista, Tommy Lee Jones nella parte dell' anziano sceriffo stanco del suo lavoro e del mondo che sta cambiando inesorabilmente. Un gran film, altro non ci si poteva aspettare, ma come tutti i film d' autore al botteghino è stato un disastro. Dispiace che il cinema e, soprattutto, il pubblico non si risollevino dell' oblio artistico in cui stanno sprofondando, va bè. Non sarà un paese der noi poveri vecchi giovani nostalgici dei film impegnati e impegnativi, delle commedie illuminate e illuminanti, della risata inteligente e dei drammi moralmente e collettivamente educativi e importanti. Non è un paese per chi ama il CINEMA, è un paese per chi ama il cinema
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[+] se sergio leone potesse parlare
(di il pordenone)
[ - ] se sergio leone potesse parlare
[+] per pordenone
(di erre)
[ - ] per pordenone
[+] sergio leone ha già detto la sua.
(di xo)
[ - ] sergio leone ha già detto la sua.
[+] il nesso è semplice
(di erre)
[ - ] il nesso è semplice
[+] dimenticavo per xo
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[+] fortuna che c'è ancora gente che sa guardare film
(di costaz)
[ - ] fortuna che c'è ancora gente che sa guardare film
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ninopantera
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martedì 1 luglio 2008
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"Non è un paese per vecchi" è una pellicola che attraverso la violenza lancia un messaggio morale allo spettatore lasciando lungo la strada una serie di vittime sottratte alla vita in modo brutale e spesso gratuito da una società oramai al collasso.
"Non è un paese per vecchi" racconta il forte cambiamento della società americana negli ultimi anni,che come un muro di cemento si contrappone ai più deboli;Come dice lo sceriffo Bell (Tommy Lee Jones):"Ai vecchi tempi c'erano sceriffi che non giravano neanche armati" ma oggi "non ho intenzione di mettere la mia posta sul tavolo,di uscire per andare incontro a qualcosa che...non capisco".Questi sono due spezzoni del bellissimo monologo di apertura che fa capire allo spettatore fin dai primi minuti com'è difficile sopravvivere in una realtà cosi folle e incontrollabile.
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"Non è un paese per vecchi" è una pellicola che attraverso la violenza lancia un messaggio morale allo spettatore lasciando lungo la strada una serie di vittime sottratte alla vita in modo brutale e spesso gratuito da una società oramai al collasso.
"Non è un paese per vecchi" racconta il forte cambiamento della società americana negli ultimi anni,che come un muro di cemento si contrappone ai più deboli;Come dice lo sceriffo Bell (Tommy Lee Jones):"Ai vecchi tempi c'erano sceriffi che non giravano neanche armati" ma oggi "non ho intenzione di mettere la mia posta sul tavolo,di uscire per andare incontro a qualcosa che...non capisco".Questi sono due spezzoni del bellissimo monologo di apertura che fa capire allo spettatore fin dai primi minuti com'è difficile sopravvivere in una realtà cosi folle e incontrollabile.
Protagonisti di questa realtà saranno: Llewelyn Moss (Josh Brolin) cittadino americano che trova casualmente due milioni di dollari in una zona dispersa del Texas,tra cadaveri e macchine di uno scambio di droga andato male.
Llewelyn Moss è un reduce della guerra del Vietnam e ora vive in una roulotte con la moglie Carla Jean Moss (Kelly MacDonald):è una persona a posto,non ha problemi con la legge e ispira sicurezza,ma sarà lui ad aprire un capitolo di violenza nella vicenda,appropriandosi di quei due milioni di dollari.Da quel momento in poi la sua vita cambierà radicalmente,a dargli la caccia ci sarà Anton Chigurh,psicopatico omicida a cui appartengono i soldi:non è persona,è un simbolo,il simbolo del male;agisce seguendo delle regole ben precise alle quali non può sottrarsi:soldi,droga,morte.Più di una volta nel film vengono messe in discussione le sue azioni,come una possibilità di redenzione del male che popola il mondo,ma questo male non si può curare:si è sviluppato nel tempo,a piccoli passi,ma ora,non ci ricordiamo più perché...è solo caos...testa o croce.
L'antagonista di Anton Chigurh che tenterà di raggiungere in tempo Llewelyn Moss per tirarlo fuori dal circolo vizioso in cui è finito,è lo sceriffo Bell:discendente di una famiglia di sceriffi,va fiero del proprio lavoro,è sposato e conduce una vita prudente.Lo sceriffo Bell è la figura morale della vicenda,ha la percezione del giusto e dello sbagliato,ma ciò che lo attende fuori,per le strade,va al di là di tutto ciò.Anch'egli vittima del cambiamento,rimane a guardare impotente,quasi come se il giusto non avesse spazio nel mondo;Ma i fratelli Coen non sono cosi pessimisti,danno una luce di speranza attraverso la famiglia,in un finale che fa scuola.
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matteo
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sabato 23 febbraio 2008
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una nuova icona:javier bardem
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Ottimo film,ottime interpretazioni,buona sceneggiatura.Non avendo mai visto altri film dei fratelli Coen non posso fare alcun paragone,ma posso benissimo affermare che il film non è per niente male,pur avendo i suoi pro e contro.I tre personaggi sono davvero fantastici:Josh Brolin ha dimostrato di saper fare un film da protagonista senza mai far annoiare,Tommy Lee Jones,la cui sola presenza basterebbe a dire che è un film eccellente,ottimo nella parte del vecchio e sconsolato sceriffo in età pensionabile e infine il magistrale,da capogiro,Javier Bardem,con una interpretazione davvero degna solo di pochi eletti.La storia è molto interessante e alcune scene mi hanno particolarmente colpito per avermi fatto ricordare classici del cinema.
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Ottimo film,ottime interpretazioni,buona sceneggiatura.Non avendo mai visto altri film dei fratelli Coen non posso fare alcun paragone,ma posso benissimo affermare che il film non è per niente male,pur avendo i suoi pro e contro.I tre personaggi sono davvero fantastici:Josh Brolin ha dimostrato di saper fare un film da protagonista senza mai far annoiare,Tommy Lee Jones,la cui sola presenza basterebbe a dire che è un film eccellente,ottimo nella parte del vecchio e sconsolato sceriffo in età pensionabile e infine il magistrale,da capogiro,Javier Bardem,con una interpretazione davvero degna solo di pochi eletti.La storia è molto interessante e alcune scene mi hanno particolarmente colpito per avermi fatto ricordare classici del cinema.La scena del Motel,dove Anthony(Bardem)massacra i tre messicani nella speranza di trovare la valiggetta e anche la scena al secondo Motel, erano piene di suspence e mi hanno ricordato per alcuni istanti Psycho del maestro Hitchcok.Anthony è folle,in preda ad una furia assassina e l'unica cosa che può fermarlo è una semplice moneta che,se lanciata in aria dalle sue mani grandi come pale,può decidere il corso della vita delle povere vittime.Un pazzo,vero,ma con moderazione.Non è infatti solo grosso e mostruoso,ma anche molto astuto.Se vuole trovarti,sa dove trovarti!Adoro Bardem.Con la sua interpretazione può dormire sonni tranquilli stanotte...vincerà lui l'Oscar,essendo un gradino sopra tutti gli altri nominati.Tommy Lee Jones è molto bravo,ma credo che sia stato solamente per merito suo.Il personaggio non è stato usato molto nel corso del film e solo alla fine si vuol cercare di spiegare tutto il suo passato(sicuramente non facile)in due minuti.Oltre al poco spazio dato a Lee Jones,non viene molto approfondito il rapporto tra Moss e la moglie e trovo inutile l'entrata in scena di Woody Harrelson,a cui avrebbero almeno dovuto dare una seppur piccola importanza nella storia.Un ottimo finale(anche se non sono stati della stessa opinione le altre persone in sala)che chiude un ottimo film.Premio all'attore non protagonista,combattuto l'Oscar alla regia tra i Coen e Anderson,forse lo vincerà come film,anche se ho preferito per certi versi "il Petroliere".
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