Titolo originale | Aknyeo |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 143 minuti |
Regia di | Byung-gil Jung |
Attori | Ok-bin Kim, Shin Ha-kyun, Jun Sung, Seo-hyeong Kim, Jung Hae-Kyun Cheol-min Park, Jo Eun-ji, Ye-Ji Min, Kwon Hyuk-bum, Jung In-Tae, Yun-Woo Kim, Seung-Joo Lee, Min-Ji Son, Lee Chae Yun. |
Tag | Da vedere 2017 |
MYmonetro | 3,28 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento martedì 21 novembre 2023
Una ragazza, addestrata per uccidere, decide di lavorare per l'intelligence sudcoreana. Ma questo nuovo percorso non sarà così facile come immaginava.
CONSIGLIATO SÌ
|
Rapita in tenera età per essere addestrata a uccidere, Sook-hee vive di crimini finché non le si presenta un'occasione per cambiare vita. Lavorare per dieci anni per l'Intelligence sudcoreana come cellula dormiente e, alla fine del percorso, tornare in libertà con la sua bambina. L'identità che assume è quella di Chae Yeon-soo, attrice teatrale. Ma la vita normale non si rivela una scelta semplice per Sook-hee.
Parlare di partenza in medias res per The Villainess sa di eufemismo.
Seguendo la tecnica già sperimentata con successo dal russo Hardcore!, il regista Jung Byung-gil rende da subito lo spettatore parte attiva di uno scontro all'ultimo sangue, scegliendo come punto di vista proprio quello della protagonista, interpretata dall'attrice e artista marziale Kim Ok-bin (Thirst). Una ragazza capace di sfidare uno sprezzante universo maschile a suon di calci volanti e sciabolate, in una commistione tra le eroine del cinema di arti marziali contemporanee, come la thailandese Jeeja Yanin, e le crudeli combattenti di Kill Bill.
Il film di Tarantino in particolare costituisce la matrice principale, insieme a Nikita di Luc Besson, della trama di The Villainess: molti sono i punti di contatto tra il percorso di Sook-hee e quello di Beatrix Kiddo, a cominciare da un mentore-amante-macchina per uccidere.
Ma non è l'elemento contenutistico a spiccare nel film di Jung Byung-gil. È il livello esasperato e senza precedenti di dinamismo e di violenza, continua e insistita, quasi si trattasse di una prova di resistenza a cui sottoporre lo spettatore. Solo l'indonesiano The Raid: Redemption e il suo straordinario sequel si erano spinti tanto in là, ma dove Gareth Evans inseguiva lo stile, Jung si compiace di un'immagine grezza e di colori appiattiti dal digitale. Prediligendo il realismo della Go-pro rispetto alla grana della pellicola.
L'approccio videoludico dello scioccante incipit segna il passo in questo senso, coniugando intrattenimento e innovazione: quasi una nuova via all'action, discutibile dal punto di vista estetico e fruitivo, ma interessante come forma di ibridazione tra cinema e videogame.
Dopo la sequenza iniziale, Jung cambia rotta e si avvicina a forme più tradizionali di ripresa ma il livello di violenza è inaudito, fino all'incredibile climax conclusivo. Alla fine della visione ci si sente ammaccati e storditi, come dopo un incidente d'auto. Per l'anno 2017 un piccolo cult del genere, che nasconde una possibile interpretazione dell'action che verrà.