Titolo originale | Take Me Somewhere Nice |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Paesi Bassi, Bosnia-Herzegovina |
Durata | 91 minuti |
Regia di | Ena Sendijarevic |
Attori | Sara Luna Zoric, Lazar Dragojevic, Ernad Prnjavorac, Sanja Buric, Jasna Djuricic Alena Dzebo, Emir Hadzihafizbegovic, Mario Knezovic, Ivana Vojinovic, Ali Zijlstra, Mirsad Tuka, Alija Aljevic, Mirjana Jagodic-Marinkovic, Jelena Kordic, Damir Kustura, Mehmed Porca, Velimir Psenicnik-Njiric, Faketa Salihbegovic, Iva L. Simic, Dragan Suvak. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 3 ottobre 2019
Il viaggio di una ragazza per conoscere suo padre.
CONSIGLIATO SÌ
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Alma è una ragazza olandese di origini bosniache, che vive ad Amsterdam con la madre. La notizia che il padre è gravemente malato in ospedale, la riporta nel suo paese d’origine dopo dieci anni dall’ultima visita. Sola, a Sarajevo, nella casa di un cugino coetaneo che non ha alcuna voglia di aiutarla, Alma parte per un viaggio on the road attraverso la Bosnia, per raggiungere il padre in un ospedale di Mostar. Un viaggio di strani incontri, avventure notturne, che restituisce con grande ironia l’alienazione dell’adolescenza ma anche la forza e la freschezza del suo sguardo.
Sembra arrivare da un Nord più estremo dell’Olanda, quest’opera prima che trasforma l’ordinario in assurdo e viceversa, scandita da opposizioni geometriche e sociali, in tutti i casi insanabili, ma anche da una vitalità che spinge per bucare il ghiaccio e quando esce lo fa in modi impulsivi e irrazionali, irrefrenabili.
Alma è scura di capelli, nella slavata Olanda, poi bionda, nell’oscura Bosnia. Figlia di immigrati, anziché appartenere a due paesi, sembra condannata ad essere straniera in entrambi. Ma non è una lamentazione su questi temi, il film di Ena Sendijarevic: ciò che importa alla giovane regista è piuttosto, attraverso l’alter ego della protagonista, andare alla scoperta di un paese che fa rima con famiglia eppure le è totalmente ignoto. Attraverso metafore dal carattere simbolico e ironico (la Bosnia è uno spazio vuoto, sono tutti emigrati; la valigia che Alma si è portata non si apre: nessun conforto, nessuna identità a cui aggrapparsi: tutto è da (ri)costruire), esperienze brutali e avventure sempre al limite tra pericolo e autoaffermazione, la ragazza arriverà ad accettare in un certo senso la complessità della sua identità e questa consapevolezza avrà fatto di lei un’adulta e potrà mettere la parola fine alla sua piccola odissea.
Sarebbe stato bello che l’arditezza grafica e la profondità umoristica che segnano il film nella prima parte lo avessero abbracciato fino alla fine, ma è chiedere troppo ad un film di debutto, che mostra comunque di possedere già una voce personalissima e una chiara idea di stile, inteso tutt’altro che come esercizio di pura formalità, ma come sguardo sul mondo, volontà di vedere oltre la prima impressione e oltre il facile nichilismo. Take me somewhere nice (e l’ironia è già nel titolo) è un piccolo film, il viaggio acido di un’Alice nel paese dell’incoscienza, ma in esso pulsano forte, sotto una trama esile e ancora episodica, desiderio e talento.