Adesso Harvey Keitel, ne Il mercante di pietre di Renzo Martinelli (in lavorazione), è un terrorista islamico dì Al Qaeda. seduttore di donne utili all’azione: una parte difficile per un attore bravissimo che ha però sessantasei anni e che ha sempre lottato contro il proprio brutto aspetto fisico. Non è certo la prima volta che lavora diretto da un regista italiano. Ha recitato il ruolo di Tom Paine per Ettore Scola ne Il mondo nuovo. È stato un poliziotto newyorkese duro per Roberto Faenza in Copkiller. Per Lina Wertmùller ha recitato in Un complicato intrigo di donne, vicoli e delitto (il titolo americano era più chiaro: Camorra). Per Carlo Lizzani ha interpretato il ruolo di Bucharin in Caro Gorbaciov, per Damiano Damiani ha interpretato il ruolo di Pilato ne L’inchiesta. Per Giovanni Veronesi è stato il pistolero pentito padre di Pieraccioni ne Il mio West. E a registi non americani si devono i suoi personaggi meno brutali, più affascinanti: il regista greco de Lo sguardo di Ulisse di Theo Anghelopoulos; l’innamorato di Lezioni di piano di Jane Campion; soprattutto, lo schermidore di selvaggia energia ne I duellanti di Ridley Scott.
L’autobiografia di Harvey Keitel ha un bel titolo, L’arte dell’oscurità. La sua biografia è invece quella consueta degli attori bravi della sua generazione: newyorkese, breve esperienza nel corpo dei Marines, studi di recitazione con Lee Strasberg e Stella Adier, debutto in teatro off Broadway, matrimonio con la brava attrice Lorraine Bracco eccetera. Il suo debutto e la sua carriera nel cinema sono legati a Martin Scorsese, suo amico e regista in Mean Streets, Taxi Driver, L’ultima tentazione di Cristo dove Keitel era Giuda, mentre uno dei suoi personaggi più straordinari è il poliziotto violento, drogato, disperato de Il cattivo tenente di Abel Ferrara. Nel 1992 Keitel è uno dei coproduttori, oltre che uno degli interpreti, del primo film di Quentin Tarantino, Le iene, ha intuito subito il talento del regista, che in Pulp Fiction gli darà la parte di Mr. Wolf, «l’uomo che risolve i problemi».
Harvey Keltel è geniale nell’interpretazione di caratteri nevrotici e violenti, intensi e a tratti umoristici, assediati da un senso dell’onore assurdo, da una religiosità paradossale: i più adatti a quel suo corpo piccolo e tarchiato, a quella sua faccia dura e volgare che l’hanno fatto soffrire per tutta la vita.
Da Specchio, 27 agosto 2005