Reese Witherspoon (Laura Jeanne Reese Witherspoon) è un attore statunitense, produttore, produttore esecutivo, è nato il 22 marzo 1976 a New Orleans, Louisiana (USA). Reese Witherspoon ha oggi 48 anni ed è del segno zodiacale Ariete.
La bionda, non bella ma molto fascinosa attrice, esordisce nel 1991 in televisione, girando numerosi serial e approda a metà degli anni Novanta al cinema. Il suo primo film importante è lo sfavillante Pleasantville (1997), nel quale condivide la scena con il futuro Spiderman, Tobey Maguire. A differenza della maggior parte delle attrici sue coetanee, Reese Whiterspoon, non deve la sua fama ad un horror giovanilistico, anzi ne ha rifiutati a bizzeffe, compresi i successi Scream (1997), I know wht you did last summer (1997) e Urban legend (1998). Il suo innegabile fiuto per i copioni giusti la induce invece ad accettare parti intriganti in film di successo come Election (1998), American psyco (1999) e Cruel intention (1999), durante le riprese del quale conosce l'attuale marito Ryan Philippe. Biondissima e molto brava a ricoprire sia ruoli drammatici che leggeri ottiene la definitiva consacrazione nel 2001 con l'hit Legally blonde (2001) che ottiene incassi strepitosi in America e la fa conoscere definitivamente in tutto il mondo. Nel 2002 ha girato una nuova commedia, Sweet Home Alabama che ha incassato più di 130 milioni di dollari in pochi giorni mentre nel futuro l'attendono un cachet di 15 milioni di dollari ed il seguito di Legally blonde.
Capita a volte che il personaggio sia più forte dell’interprete: Reese Witherspoon, 31 anni, nata in quel paradisiaco inferno della musica tradizionale americana che è Nashville, nel Tennessee, non avrebbe vinto forse l’Oscar se non fosse stato per June Carter, cantante comica amante e poi moglie di Johnny Cash, coprotagonista di Quando l’amore brucia l’anima di James Mangold. Tra i giurati degli Academy Awards fin troppi sanno per esperienza diretta quale terribile impresa sia vivere accanto a un alcolizzato drogato, tentare di indurlo a disintossicarsi, riuscire, restituirlo a un’esistenza vivibile: il personaggio del film, seducente combinazione di dolcezza e durezza, deve averli conquistati.
Reese Witherspoon è una bellezza delicata, con i lineamenti fini di tante donne del Sud, con espressioni ammiccanti e maliziose. È sposata, ha due figli, ha una società di produzione chiamata Type A Films. Ha debuttato come protagonista nel 1993 nell’avventuroso Sulle orme del vento di Mikael Salomon. Sono seguiti i successi di Pleasantville di Gary Ross, di Election di Alexander Payne, aspra satira dell’arrivismo che intossica la società americana, delle due commedie sulle ragazze al platino (La rivincita delle bionde, Una bionda in carriera). In più, qualche prova letteraria: La fiera delle vanità di Mira Nair dal classico romanzo di Thackeray, dove interpreta l’arrampicatrice protagonista Becky Sharp; L’importanza di chiamarsi Ernest dal testo teatrale di Oscar Wilde, diretto da Oliver Parker. Con personaggi del genere e con qualche altra commedia, è diventata un tipo di attrice sempre benvoluta dagli spettatori americani: la biondina tuttopepe, briosa e scherzosa, maliziosa e ironica, magari preoccupante però divertente.
È una parte difficile, di solito detestata dalle attrici: esige molta fatica, se non funziona anche per un solo momento danneggia il film, pretende una perpetua finzione d’allegria e dunque uno sforzo nervoso da esaurimento; molte dive la abbandonano il più presto possibile. Reese Witherspoon, no. Ma in Quando l’amore brucia l’anima la biondina è diventata bruna, il ruolo brillante s’è mescolato sorprendentemente a quello patetico: e l’Oscar-risultato non è mancato.
da Lo Specchio, 18 marzo 2006
Perfetta bellezza del Sud con un avo tra i firmatari della Dichiarazione di Indipendenza, Reese ha scoperto fin da piccola quel che voleva. E ha fatto di tutto per ottenerlo. «Alle elementari, entro il primo mese di scuola avevo già letto tutti i libri previsti per l’intero anno». Sua madre la chiamava Miss Type A, Miss dieci e lode, «perché l’importante», spiega lei, «è avere degli obiettivi». Infatti ha incontrato Ryan alla festa per i suoi ventun anni, e già in fine di serata gli sussurrava: «Penso che tu sia il mio regalo di compleanno». Purtroppo, alle sei della mattina successiva, lui doveva partire per girare un film nella Carolina del Nord. «Il nostro è stato un corteggiamento da libro di Edith Wharton, tutto lettere e scambio di romanzi. Sono andata a trovarlo due mesi dopo ed ero sicura della mia scelta».
Quando si sono sposati lei era incinta di sei mesi, e a 23 anni era già mamma di Ava. Un anno fa, già star, ha avuto Deacon, che lei e Phillippe chiamano Mister Dude o Baby D. La famiglia è al primo posto: lei e il marito alternano i periodi sul set in modo che uno di loro rimanga sempre con i figli.
Nel frattempo è diventata anche produttrice (con La rivincita delle bionde 2) e ha creato la sua società di produzione, la Type A Films (sì, la ragazza dieci e lode). «Se qualcosa non mi pare abbastanza difficile, cerco di renderla più complicata». Ora, alla venerabile età di 28 anni, è pronta per la prossima sfida. Anche se spesso viene paragonata a Julia Roberts, quella che sogna è la corona di Meryl Streep. Da qui la decisione di interpretare Becky Sharp. Grande ammiratrice della Nair, la Witherspoon l’ha chiamata e le ha detto che voleva collaborare con lei. Il risultato è stato Vanity Fair «che ho fatto praticamente gratis». E con qualche problema di guardaroba. Di solito cerca di non mostrare nemmeno un filo di scollatura, ma al termine delle riprese, un anno fa, era incinta di sette mesi: i costumi a vita alta in stile Impero l’hanno aiutata a nascondere il pancione. Con la voglia che aveva di fare di Becky «una donna assolutamente sensuale», Mira Nair era felice che la sua star fosse incinta, ma fare in modo che la Witherspoon mettesse in mostra le sue grazie è stato penoso come una seduta difficile dal dentista.
«Quando Mira mi diceva di mettere in mostra il seno, cominciavo a sudare», ammette. «Ho qualche problema con la sessualità esplicita, e cerco sempre di fare film che non abbiano niente a che fare con il mio corpo. Tutte queste pance scoperte mi rendono nervosa. Mi minacciano...». Si copre il viso con le mani. «E quelle donne nude in copertina, poi... A me, in casa, non permettevano né i bikini, né i vestiti neri. E il rossetto poteva essere soltanto di due tonalità: o rosa o pesca». Ancora, per ribadire il concetto: «Nella Rivincita delle bionde ho dovuto girare una scena in bikini, e ho fatto ginnastica per tre ore al giorno. Mai più. Se mi chiedessero un’altra scena in costume, diventerebbe sicuramente una scena in caftano».
Alla base, c’è un’idea precisa di quel che dura o meno. «È bellissimo sapere che oggi ti considerano sexy, ma che cosa farai quando non lo sarai più? Studio la carriera degli altri. Che cosa farebbe Tom Hanks? Cerco di assicurarmi una carriera per quando non sarò più il nuovo giocattolino giovane e sexy». Lei si è sempre considerata una caratterista, preferibilmente nel genere comico: «Il sense of humour non si affloscia. E io son quel che sono. Ho la cellulite. Ho le smagliature. Dopo aver allattato due figli, non ho più il seno di una volta. La lingerie Victoria’s Secret mi intimidisce. Tutta quella sessualità esplicita gettata in faccia... penso che molte la trovino minacciosa».
Le stanno sui nervi, poi, le divette che sostengono di raggiungere la perfezione senza fatica. «È irresponsabile dire alle donne: “Ho eliminato il peso accumulato in gravidanza con le bevande dietetiche”. Così, loro corrono a comprarle! Io faccio jogging per cinque chilometri almeno quattro volte alla settimana, vado in palestra, prendo lezioni di yoga. Non è che abbia voglia di farlo: è parte del mio lavoro. Preferirei bere candeggina piuttosto che dover avere braccia ben modellate. La verità è che non c’è niente da vincere. Non vincerai mai la gara della magrezza, della bellezza, dell’intelligenza, della comicità. Aspiro semplicemente a essere la migliore versione possibile di me stessa». E il segreto, secondo lei, è di «non cercare conferme. Non ho bisogno di nessuno che mi dica che sono brava. Sarò io a dire quando una cosa andrà bene».
«E poi, c’è il mio complesso di Napoleone. Ho sempre dovuto lottare per farmi vedere e ascoltare. Ero una specie di ragnetto, la bambina più piccola della classe. Portavo occhiali con lenti molto spesse - veramente enormi - e ci vedevo così male che non riuscivo a leggere nemmeno la E sul tabellone dell’oculista. Ero un’imbranata che leggeva una montagna di libri. Ma alla gente stavo simpatica perché avevo imparato a essere divertente».
Quando due anni fa, alla cerimonia degli Oscar, Reese Witherspoon e Ryan Phillippe sono saliti sul podio per consegnare una statuetta, sembravano una coppia perfetta.
Poi, Phillippe ha consegnato la busta alla moglie perché l’aprisse: «Guadagni più di me. Pensaci tu», le ha detto. Lo scherzo ha dato il via a molte chiacchiere, e le voci di dissidi coniugali si sono intensificate quando, nel corso di un’intervista, a lui è capitato di dire che erano in terapia coniugale. A pensarci, Reese ancora si arrabbia. «Mi sembra che tutta la cosa sia stata male interpretata. Da quando in qua il miglioramento di se stessi è qualcosa di negativo?». Oggi, la coppia non segue più nessuna terapia, e lei dice che le cose procedono molto bene. Quando oso dirle che molti uomini rimangono sconvolti se le proprie mogli hanno più successo di loro, sbotta: «Di quale generazione sta parlando?». Ma poi - visto che non si dimentica mai di civettare - mi rivolge un sorriso cospiratore: «Certo, se cominciasse a farmi concorrenza per dei ruoli femminili in commedie romantiche, allora sì che avremmo dei problemi».
Essere diventata madre l’ha aiutata a maturare. «Quando hai un bambino piccolo che ti sputa addosso la pappa e ti spalma il cioccolato sui pantaloni, sei proprio uguale alle altre». Be’, forse non proprio; a differenza della maggior parte delle donne della sua generazione, lei crede fermamente nell’importanza del galateo e della formalità. «Mia madre lavorava e mia nonna veniva a prendermi a scuola con la sua Cadillac bianca. Al volante metteva degli splendidi guanti di pelle anche se doveva guidare per poche decine di metri. Si è fatta pettinare i capelli sempre nello stesso salone di bellezza, ogni martedì, per cinquant’anni. Al Sud, la gente parla tutto il giorno di ciò che è appropriato e di ciò che è sconveniente. In certi posti, l’etichetta non è morta. E per apprezzarla davvero, me ne sono dovuta andare». Ora vive nella California del Sud. Ma ha voglia di traslocare, perché i paparazzi danno la caccia ai suoi bambini: «Si appostano nei pressi dell’asilo e li spaventano perché facciano delle belle smorfie da fotografare». Mancanza di privacy, e mancanza di galateo. «Qui, a scuola, ti fanno chiamare gli insegnanti per nome: insopportabile. È una cosa così... così intima». Un brivido le corre lungo la schiena. Molto signorina ottocentesca. Molto stile impero.
Da Vanity Fair, 9 settembre 2004
L’attrice premio Oscar Reese Witherspoon ha dato vita a una serie di personaggi indimenticabili che hanno messo d’accordo pubblico e critica, rendendola una delle attrici di maggior richiamo di Hollywood.
Recentemente Reese ha recitato nella commedia della New Line Four Christmases (Tutti insieme inevitabilmente), al fianco di Vince Vaughn. Il film segue le esilaranti vicende di una coppia che, per Natale, intende far visita ai loro 4 genitori, tutti divorziati. Il film ha incassato ad oggi 156 milioni di dollari in tutto il mondo.
In precedenza Witherspoon è apparsa nel thriller Rendition (Rendition- detenzione illegale), diretto da Gavin Hood (regista del film Tsotsi, premio Oscar nella categoria di Miglior Film Straniero), con un cast che comprende Jake Gyllenhaal, Meryl Streep, Peter Sarsgaard e Alan Arkin; il film è stato presentato al Toronto Film Festival 2007. Ha interpretato il ruolo della donna che si rifiuta di accettare la propria morte, nella commedia romantica Just Like Heaven (Se solo fosse vero); inoltre ha vestito i panni dell’arrampicatrice sociale Becky Sharp, l’indimenticabile eroina della letteratura inglese, protagonista del film tratto dal romanzo di Thackeray, Vanity Fair (La fiera della vanità), diretto da Mira Nair.
La sua straordinaria performance nel ruolo di June Carter Cash al fianco di Joaquin Phoenix, nel film biografico della 20th Century Fox Walk the Line (Quando l’amore brucia l’anima), le è valso l’Oscar nel 2006, nella categoria ‘Best Performance by an Actress in a Leading Role’, nonché il BAFTA, il Golden Globe Award, lo Screen Actors Guild Award, il New York Film Critics Award, il Broadcast Film Critics Award e il People’s Choice Award, oltre ad altri 11 premi.
Prima di Walk the Line, Witherspoon aveva recitato in numerosi progetti interpretando una varietà di ruoli, da ragazza spiritosa e disinvolta a giovane innocente e moralista. Ha conquistato il cuore di tutte le donne con la sua toccante performance di Elle Woods nel film Legally Blonde (La rivincita delle bionde), e due anni dopo ha prodotto e interpretato Legally Blonde 2: Red, White & Blonde (Una bionda in carriera), in cui la protagonista Elle Woods si lancia nella politica a difesa del suo amato Chihuahua, Bruiser.
E’ apparsa inoltre in Election nella parte di Tracy Flick, la ragazza che si oppone con tutte le sue forze al suo insegnante Jim McAllister (Matthew Broderick); diretta da Alexander Payne, questa brillante e ironica commedia ha meritato a Reese il premio di Migliore Attrice della National Society of Film Critics, e una nomination al Golden Globe. Altri film in cui ha lavorato comprendono Sweet Home Alabama (Tutta colpa dell’amore), una commedia romantica che ha registrato il record di incassi il giorno della sua uscita; il film per teenagers della Sony Pictures Cruel Intentions, in cui interpreta l’oggetto dei maliziosi giochi messi in atto da due fratellastri dell’Upper East Side; e Pleasantville, scritto e diretto da Gary Ross, in cui lei e Tobey Maguire interpretano due fratelli della nostra epoca che restano intrappolati nell’edulcorato mondo delle sitcom degli anni ‘50.
Nel 1995 Witherspoon ha recitato al fianco di Mark Wahlberg nel crudo thriller Fear (Paura) ed è stata elogiata dalla critica per il film indipendente Freeway (Freeway No Exit), una moderna versione di Cappuccetto Rosso prodotta da Oliver Stone, che ha esordito al Sundance Film Festival ed è ststa trasmessa su HBO registrando uno share da record.
La sua brillante carriera è iniziata all’età di 14 anni, con il ruolo di figurante nel film drammatico di Robert Mulligan The Man in the Moon (L’uomo della luna).
La società di produzione di Witherspoon, Type A Films, oltre a produrre Legally Blonde 2 (Una bionda in carriera) e Four Christmases (Tutti insieme inevitabilmente), ha prodotto la moderna favola Penelope, con Christina Ricci e James McAvoy.
Witherspoon si occupa di beneficenza, ed è particolarmente attiva nel Rape Treatment Center del Santa Monica-UCLA Medical Center, e nell’organizzazione Save the Children. Attualmente fa parte del Consiglio Direttivo del Children’s Defense Fund, con cui collabora da anni, occupandosi di raccogliere fondi e di divulgare informazioni sulle loro attività e sui loro programmi. Lo scorso anno si è recata a New Orleans con un gruppo di donne, con cui ha inaugurato la prima Freedom School della zona; da allora il gruppo ha aperto altri 13 centri sociali nel territorio.