Vi siete mai sentiti sfiancati, sfiniti, esauriti e sull’orlo di una crisi di nervi? È quel che capita anche ad Antonia, detta Toni, madre single che porta avanti da anni una routine fatta di problemi, sacrifici e sforzi continui. Cinque figli non sono uno scherzo per nessuno, neanche per una vedova tuttofare. 

Eppure Ricomincio da me di Nathan Ambrosioni non si configura come un dramma struggente o strappalacrime, riesce anzi ad appassionare con una storia di rinascita piena di energia: perché a qualunque età e in qualsiasi condizione, suggerisce il film, si può decidere di cambiare ogni cosa.

Toni è stata una stella della musica pop degli anni Novanta. La sua carriera musicale ha subito un arresto, nel frattempo lei ha avuto una famiglia numerosa, attraversato un grande lutto e il tempo per se stessa è scemato ogni giorno di più. 

La incontriamo a quarantatré anni, imprigionata in un’infernale giostra di doveri e incombenze senza sosta, per lo più relativi ai cinque figli. Ognuno con i suoi problemi: chi vive una fase delicata dell’adolescenza, chi si sente trascurato, chi è alle prese con l’esplorazione della propria sessualità, chi decide di fare coming out, chi deve misurarsi con il proprio talento e con i primi rifiuti, chi deve scegliere quale strada intraprendere “da grande”. 

È un film capace di far riflettere, Ricomincio da me, squadernando in modo opportuno e intelligente tutte le prospettive e i punti di vista dei diversi personaggi, senza mai trascurare di far valere le cause e le motivazioni di ciascuno. Da una parte il genitore affannato che tenta di recuperare un suo spazio di libertà personale, dall’altra i figli che crescono e che devono imparare a convivere con nuove realtà e nuove emozioni, anche negative, ogni giorno.

Tutto raccontato così com’è, con un approccio realistico che non intende mai cedere al favolistico, tanto meno all’edulcorazione, o a una deriva retorica. Sta qui la forza di una narrazione che diventa a maggior ragione travolgente e, a suo modo, contagiosa: tanto più seguiamo e ci immedesimiamo negli sforzi quotidiani della protagonista, tanto più riusciamo a comprenderne la voglia di riscatto e anche di riconquista della sua indipendenza. 

Di movimento, come di pensiero: la prima cosa a cui Toni pensa, non a caso, è di tornare a studiare, riappropriarsi di una scelta di vita che non ha fatto tempo prima e che oggi sente la necessità di compiere, per ricordare a se stessa, come ai suoi figli, che una donna non deve mai rinunciare alla sua libertà e alla soddisfazione personale. 

Un tema gigante affrontato in modo intelligente e leggero, con la performance titanica di una delle attrici più talentuose e stimate d’Europa, che il grande pubblico internazionale ha conosciuto grazie alla serie Call my agent. Camille Cottin qui ricorda per intensità la Marion Cotillard di Due giorni, una notte, e superando se stessa in performance notevoli come quella in La ragazza di Stillwater riesce questa volta a dare vita a un personaggio delicato, complesso, ben scritto e difficilmente dimenticabile. 

Una madre coraggio che non dimentica la sua dimensione privata di donna ma anzi si impegna a riconquistarla: si asciuga le lacrime, si rimbocca le maniche e si lancia nel mondo, pronta ad affrontare nuove sfide, tra una lavatrice e una corsa in ospedale per l’ennesima emergenza imprevista. 

Le capita di tutto, ma il racconto non sfocia mai nell’iperbole vittimista, resta ben saldo nella verosimiglianza del racconto di ciò che può accadere a tutti ogni giorno, mirando a offrire a chi guarda l’ammirevole ritratto di una donna che non si fa scalfire dal fluire degli eventi, neanche quando uno dei suoi figli la mette a dura prova. Perché il più grande insegnamento che come madre intende impartire sta proprio nel principio dell’autoaffermazione e nel valore della resilienza. 

Un film da guardare e riguardare, per (ri)trovare la forza di credere in se stessi e nella vita, che può sempre offrire nuove chances anche nei momenti più improbabili. Ma anche per apprezzare lo sfoggio di bravura di un’interprete d’eccezione come Camille Cottin, di cui non avremo mai abbastanza.