Una donna è costretta a reagire a un trauma mentre si trova coinvolta in un triangolo amoroso. Online con MYmovies ONE.
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di Roberto Manassero
Love Life, presentato in concorso alla Mostra di Venezia del 2022 e ora in streaming su MYmovies ONE, è la storia di una coppia con un bambino piccolo che non riesce a condividere il dolore di una perdita.
Il suo regista, il giapponese Koji Fukada, nel 2016 premiato al Certain regard di Cannes con il precedente Harmonium, l’ha scritto e diretto a partire da un’omonima canzone di Akiko Yano, cantante famosissima in Giappone. «Qualunque sia la distanza tra di noi, niente può impedirmi di amarti»: da questo verso, ha dichiarato il regista, è nata l’ispirazione del film, in cui la tragedia che colpisce la coppia di sposi Taeko e Jir? diventa una riflessione universale sull’incapacità di gestire gli imprevisti della vita.
Al centro del racconto c’è un incidente che accade in modo inatteso nella casa in cui Taeko e Jir? stanno celebrando una festa di compleanno con il piccolo Keita, il bambino che la donna ha avuto da un precedente matrimonio. Dopo questo trauma iniziale, nulla sarà più come prima: Taeko ritrova l’ex marito Park, sordomuto e senza fissa dimora, e cerca di garantirgli la protezione che non ha saputo dare al figlio, mentre Jiro, frastornato dalla nuova distanza della moglie, si riavvicina a una fidanzata abbandonata senza dare spiegazioni.
In un mondo piccolo borghese, tra interni di case e strade tranquille, Koji Fukada mette in scena una storia di silenzi e piccoli gesti, in cui la messinscena semplice evidenzia la violenza degli eventi e le loro conseguenze. «Per raccontare questo evento così drammatico», ha detto il regista, «ho creduto fosse importante considerare come la morte può essere rappresentata realisticamente in un film di finzione. Non intendo solo la verosimiglianza dell’evento in sé, ma il problema del mostrare come la morte può intromettersi improvvisamente nella nostra vita quotidiana, senza alcun preavviso e senza alcun significato».
Da questo approccio tipicamente giapponese (non è sbagliato rimandare anche in questo caso al cinema di Yasujiro Ozu, maestro per un’intera cinematografia) nasce l’atmosfera impressionista di Love Life, in cui eventi casuali e ordinari, apparentemente estranei alla tragedia, sembrano distogliere l’attenzione dello spettatore e proprio per questo ne approfondiscono il dramma, sottolineando la reazione di ciascun personaggio a un dolore inimmaginabile.
In modo simile da quanto fatto da un altro grande regista giapponese contemporaneo, Ryusuke Hamaguchi, nel suo capolavoro Drive My Car, anche Koji Fukada racconta il lutto soffermandosi sulle parole che i personaggi usano per affrontarlo. In entrambi i film, ad esempio, compare la lingua dei segni, che nel caso di Love Life, attraverso il rapporto esclusivo fra Taeko e l’ex marito Park, i quali fra loro parlano con modalità inaccessibili a Jiro, diventa uno strumento decisivo per rappresentare tensione fortissime ma invisibili. Il film rappresenta così un mondo in apparenza normale, ossequioso delle regole, benpensante e religioso, diviso però al suo interno da barriere che separano le persone e ne causano il reciproco allontanamento.
La distanza, come suggerisce la canzone di Akiko Yano, diventa così il tema fondamentale di Love Life, sia quando i personaggi, così vicini eppure così lontani, sono disposti dal regista ai lati opposti di inquadrature fisse e prolungate, sia quando Taeko intraprende un viaggio che la porta il più lontano possibile da Jiro, salvo accorgersi che il posto dove vorrebbe stare è sempre stato quello in cui tutto è iniziato…