Quando il regista, scrittore, attore Finazzer si applica a un soggetto, o a un modello, è sempre bene prestare attenzione. Perché nella sue narrazioni riesce sempre a scovare qualcosa che oltrepassa il convenzionale, il già visto e assunto. Fa parte della sua vocazione visionaria, del suo passo accelerato, e di una visione della storia che va rivisitata, possibilmente riletta, magari trasformata.

Flory si è applicato negli anni, alla vicende di giganti come Virgilio, Rilke, Beethoven, Mahler, Pinocchio, secondo schemi mai esplorati prima, in ambienti, teatri, istituzioni come la Scala e il Piccolo teatro. Attraverso tour che toccavano l’Europa, gli Stati Uniti, il Medio e l’Estremo Oriente. Non c’è dubbio che l’artista abbia veicolato la cultura italiana attraverso piani che possono riguardare le élite, ma accessibili a tutte le fasce. Nel suo ultimo Ali dorate, dove attraverso un drone guarda dall’alto la Milano tragicamente deserta per pandemia, Finazzer ha fatto parlare le statue simbolo della città. Ha “dettato” le opinioni di gente come San Francesco, Manzoni, Leonardo... la Madonnina.

Questa premessa per arrivare al suo nuovo focus, che non è Storia o statua, è una donna contemporanea, che non c’è più da cinque anni ma... c’è ancora. E molto ha rappresentato su vari piani.

Stilisticamente Finazzer ha ancora affinato il suo linguaggio. Comanda  la soggettiva – gli occhi che sostituiscono l’obiettivo - e lo slow motion, un metodo efficace, che rilancia l’emozione del racconto, ma lo fa con attenzione. I registri non abbandonano mai quella che è una visione di Finazzer, una chiave fisica e metafisica del racconto e dei caratteri.

Il film si apre con una scritta: “Volate alto. Metteteci fantasia. Se non avete una storia d’amore, inventatela. Marta. E lei, a piedi nudi, si muove in un interno ricco ed elegante, sfiora vasi di fiori, guarda un dipinto, indossa un abito senza tempo, sfiora una fontana, sale, con lentezza,  una scala principesca.

E poi le città e i posti che si legano a Marta. Venezia, con quegli scenari che non sono luoghi, ma sortilegi perfetti per essere colti e vissuti. Il regista riprende dall’alto Marta davanti al colonnato di Palazzo Ducale e la segue quando lei, sempre lenta, si muove verso il mare.

C’è un inserto, scaltro, di Patty Pravo che canta “... come fossi una bambola...” e ritocca l’atmosfera lenta e barocca.

La voce di Finazzer racconta “Aveva vent’anni quando mise piede a Cortina per la prima volta. Si è chiesta quale fosse lo scopo della vita... viverla, viverla fino in fondo con coraggio.” E poi la domanda sulla felicità. Personale e generale.

Seguiranno la Sardegna, il Marocco. E, naturalmente il privato.

È funzionale riportare parte dello scritto del pressbook che illustra il film.

“Una donna, Marta, una grande donna. A tutti nota, eppure sempre alla ricerca di altro. Vuole e deve ricordare la figlia perduta. Lo fa attraverso l’arte, un quadro di Botticelli: una Madonna con il figlio. La storia di un restauro diventa la storia di Marta. Seguiamo questa madre per le sale del museo. Ambienti che diventano un viaggio nel tempo... Siamo con lei. Sentiamo una voce... E la madre diventa la figlia che ricorda la madre. Una storia vera, intima, della prima influencer della bellezza.... è la storia di un rapporto tra l’arte come madre di tutte le cose e la nostra vita, storia vera che ha al centro il rapporto tra Marta Marzotto e il quadro di Sandro Botticelli “Madonna del Libro” da lei restaurato prima della scomparsa in favore del Museo Poldi Pezzoli di Milano... Una donna che ha ispirato l'estetica, il design, la moda italiana attraverso la personalità di “nata libera”.