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Se posso permettermi, l'ennesima sfida di un maestro instancabile

Bellocchio presenta in anteprima al Locarno Film Festival un cortometraggio che racconta la nostra contemporaneità.
di Emanuele Sacchi

lunedì 16 agosto 2021 - Festival

Un uomo osserva un difetto o una difficoltà di fronte a lui, ma anziché pensare le sue considerazioni le esterna, suscitando reazioni imprevedibili. È un molestatore, un fannullone inopportuno o un uomo libero che non teme di violare i tabù e le ipocrisie della nostra società? Con pochi e semplici minuti di girato, in Se posso permettermi - cortometraggio presentato in prima mondiale al Locarno Film Festival - Marco Bellocchio riesce ad andare al cuore di un punto fondamentale della nostra contemporaneità. La comunicazione con l'altro da sé, costantemente inquinata da smartphone e social network, o dai vocali di WhatsApp; dalla volontà di carpire e non di condividere, o meglio di farlo solo con ciò che ci rende interessanti agli occhi degli altri. Un gioco di ipocrisie e di apparenze che aumenta sul piano quantitativo la comunicazione ma che la impoverisce su quello qualitativo. Materiale da saggi come "La conversazione necessaria" di Sherry Turkle, che Bellocchio riesce a rendere storytelling e materia narrativa.

I tre episodi che compongono il cortometraggio rivelano come l'eliminazione di ogni barriera comunicativa conduca a situazioni conflittuali, ma anche come l'intervento gratuito e apparentemente inopportuno di uno sconosciuto possa portare effetti benefici, guidati dall'oscuro disegno della provvidenza.
Emanuele Sacchi

Quello di Bellocchio è un divertito sberleffo, condotto con il surrealismo di una novella di Pirandello, oppure è un invito ad alzare il capo dallo smartphone e a fidarsi del prossimo, aggirando la misantropia del nostro tempo? Come sempre, l'opera del maestro di Bobbio si presta a molteplici interpretazioni, in una instancabile voglia di sfidare preconcetti ed esplorare nuovi territori. Se posso permettermi arriva in un momento di instancabile attività nella carriera del regista, di cui è uscito solo pochi mesi fa lo struggente documentario Marx può aspettare, dedicato alle ferite insanabili in seno alla famiglia del regista. Il tema delle proprie radici ritorna anche in Se posso permettermi, che si apre su una visita al cimitero da parte del protagonista, mentre porta un mazzo di fiori sulla tomba di una donna che reca il volto della madre di Bellocchio. Quasi quest'ultima si trattasse di uno spirito guida per le figure femminili che il protagonista sfiorerà negli episodi susseguenti, senza mai riuscire a sintonizzarsi sulla loro lunghezza d'onda. Nel frattempo Bellocchio, non pago, è anche al lavoro su Esterno notte, serie tv sul rapimento di Edgardo Mortara che espande il tema del terrorismo affrontato in Buongiorno, notte.
"È bello non dover pensare al ritiro, ma al piacere di affrontare nuove storie mentre si continua a lavorare" dice il regista, ancora desideroso di cimentarsi con nuove sfide, come una serie televisiva o il ritorno al cortometraggio, con l'adozione di un registro comico e spiazzante. Un fatto che a 82 anni, e dopo una carriera che gli ha dato tutto, appare tutt'altro che scontato. Marco Bellocchio non pensa ai premi e alle onorificenze, ma solo al prossimo film che girerà e a quanto questo possa rivelarsi spiazzante sull'idea che ci siamo fatti in merito a Marco Bellocchio.


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