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Storia 'poconormale' del cinema: puntata 135

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema. Di Pino Farinotti.
di Pino e Rossella Farinotti

In foto una scena del film Basquiat di Julian Schnabel.
David Bowie (David Robert Hayward-Jones) 8 gennaio 1947, Londra (Gran Bretagna) - 10 Gennaio 2016, Londra (Gran Bretagna). Interpreta Andy Warhol nel film di Julian Schnabel Basquiat.

venerdì 6 gennaio 2012 - Focus

Il cinema e l'arte
Due importanti artisti, insieme. Julian Schnabel, artista e regista, racconta Jean Michel Basquiat, artista. Il film è Basquiat, del 1996.
Vocazione e predestinazione, è un destino quello che segna la nascita di Schnabel, Brooklyn 1951, da una famiglia ebrea. Inizia con la pittura per gioco, facendo domanda per un corso al Whitney Museum. Viene accettato, e da quel momento assume lo status di pittore. Certo, lo era già. Naturalmente la qualità c'è, soprattutto in prospettiva, ma il ragazzo si fa notare da gente importante, come Mary Boone, gallerista di New York, che nel 1979 organizza la sua prima mostra personale, decisamente utile, perché l'anno successivo Schnabel si vede aprire le porte della Biennale di Venezia. Dunque viene assunto e consacrato nome importante degli anni Ottanta, con un segno distintivo che si fa notare: i quadri fatti con i piatti in ceramica rotti. Un'idea originale che lo rende riconoscibile all'interno di un quadro delineato.
Nel 1996 Schnabel scrive e realizza un film su un grande personaggio della storia dell'arte e della storia americana del suo periodo: il giovane e ribelle Basquiat, ragazzo nero del Bronx, scoperto da critici e galleristi fondamentali in quella stagione, e poi sostenuto da qualcuno che davvero contava, faceva testo come si dice, Andy Warhol, che, dopo averne riscontrato il talento, lo adottò nella sua Factory a New York, cercando, nei limiti del possibile, di dare al ribelle indicazioni utili per il percorso artistico e per i rapporti umani. Per essere una star il talento puro non è sufficiente. C'è forse anche una parte di leggenda nel primo incontro fra Basquiat e Warhol. Basquiat nel film per caso incontra Andy Warhol, noto ormai da vent'anni a livello internazionale, come artista ma anche come promotore di tutte le arti, di nicchia e non, dal cinema, alla fotografia, alla televisione. L'impatto è questo: Andy Warhol che, seduto a un tavolino in un ristorante, apprezza gli acquarelli del giovane artista di strada, e lo prende con sé.
Dopo un anno si rivede il giovane nello studio del maestro, ormai amico. Girava fra le pareti guardando, senza manifestare. Andy parlava con questo e con quello, poi si accorse di qualcosa di strano, l'ospite stava lavorando con un pennello su una parete. Si avvicinò e vide che la parete era qualcosa di più, era un'opera, Basquiat la stava ritoccando, inseriva piccoli elementi in certi spazi e altri li ricopriva di colore, sì, li cancellava. In una certa chiave qualcuno direbbe "qualche centinaio di migliaia di dollari sfumati, ma Warhol non perdeva mai la calma, non alzava mai la voce e non aumentava la velocità del suo gesto. Guardò l'opera e disse: "è meglio di prima".

Anche Basquiat era nato a Brooklyn, nel 1960, da una famiglia borghese, poco compatibile con l'immagine, che da famoso, gli era stata attribuita, "nero del ghetto". Elemento importante per la base su cui si muoveva e per la sua formazione. Partiva dai muri, dipingendo graffiti e scritte, distinguendosi dal panorama del periodo, dove, insieme a lui si facevano strada altre figure promettenti, che avrebbero riscosso grande successo, come Kenny Sharf e Keith Haring.

Raro
Basquiat era un personaggio attraente per Schnabel, sia per il talento, indubbio e irripetibile, sia per vicenda umana: un giovane raro per istinto, con profonde problematiche di personalità, droghe e vita in generale, che raggiunge rapidamente una grande fama, spegnendosi poi a soli 28 anni. Una sorta di legame curioso, e forse un po' "geloso", con un ragazzo nato con il riconoscibile dono della pittura. Materiale perfetto, forse un po' romanzato, per un bel primo film. E così è stato.
L'arte nell'arte. La storia dell'arte in un film. Il regista inizia il racconto citando Van Gogh: mentre il critico d'arte della rivista Artforum, Rene Ricard, il primo a credere in lui, legge ad alta voce i suoi appunti sull'artista olandese che doveva rivoluzionare la pittura, ma che in vita aveva venduto un solo quadro, ecco che sbuca da una scatola di cartone alle sue spalle un giovane dai capelli rasta, che dormiva lì, nel parco. Da qui inizia la storia. Schnabel pedina Jean Michel Basquiat, ma lo fa con l'occhio di chi queste cose le ha viste, e senza dubbio capite: entra nei luoghi dove Basquiat ha vissuto e lavorato, e li fa vivere allo spettatore. Immagini reali per le strade, per i locali, e immagini irreali, di sogni, trip, fantasie, a volte malate; racconti e video di amici; accompagnamenti musicali, sia di brani classici, che del periodo, da Lou Reed e David Bowie, a Miles Davis, o ancora la nascente musica hip hop, come sfondo di una vita maledetta. Lo insegue mentre scrive per le strade del suo quartiere, quando ancora si firmava Samo, e mentre disegna. Un istinto forte da non poter resistere neppure su di un tavolino del bar, dove Basquiat crea una piccola opera d'arte, un ritratto con lo sciroppo d'acero. Schnabel mette in gioco la sua arte cinematografica fatta di escamotages che rendono il racconto vivido e complesso, con un cast importante, con personaggi come David Bowie, che fa Warhol, Dennis Hopper, Willem Defoe, Benicio del Toro e l'allora esordiente Jeffrey Wright che interpreta l'artista.
Colori forti su grandi tele, volti abbozzati, semi graffiti, parole su parole, scritte cancellate, tratti biografici, animali, esseri neri, corone, pulci, parassiti, sanguisughe, forme, volti e figure primordiali, giochini da risolvere ...il Basquiat/Wright viene documentato dal regista, che, verso la fine, lo fa intervistare da un giornalista, interpretato da Christopher Walken, che in poco gli riassume la sua breve e intensa vita da famoso artista: "Lei ha fatto 23 personali, ha partecipato a 43 collettive da Zurigo a Tokyo, hanno scritto su di lei più di 500 articoli, e poi ha cambiato galleria moltissime volte.
Ha fatto il dj nei locali più alla moda, è stato uno dei più giovani artisti in assoluto che abbia partecipato alla biennale del Whitney, ha prodotto un disco rap, si dice anche che lei sia anche un donnaiolo, mmm ? È uscito con Madonna un paio di mesi, no? E tutto questo alla veneranda età di 24 anni. Verrebbe da chiedersi se è rimasto ancora qualcosa che Jean Michel Basquiat non abbia ancora fatto. Insomma la domanda è: che cos' è che la fa alzare al mattino ?".
Basquiat/Wright ride e indicando la videocamera dice "la odio quella, la spenga".
Il giornalista imbarazzato gli chiede scusa e riprende guardando i suoi dipinti: "Ci può decifrare tutte queste scritte ?".
"Decifrare ? Sono parole."
"Sì, ma di chi sono queste parole, le prenderà pure da qualche parte".
Basquiat stupito "Non so, lei chiederebbe a un musicista, chiederebbe a Miles, quella nota che hai fatto da dove l'hai presa ?". L'intervista si conclude con la domanda "Perché le persone le disegna così rozze ?". "La gente tendenzialmente è piuttosto rozza, non ne conosco di persone pure."
In pochi minuti un quadro riassuntivo dell'umano Basquiat, della sua vita, con una chiusura univoca e netta, un suo pensiero sulla realtà che lo circonda. Una scusa semplice, l'intervista, per riprendere le fila del personaggio che Schnabel ha deciso di testimoniare, da autore che riconosce e lascia un tributo a un grande, giovane talento.

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