Advertisement
Storia "poconormale" del cinema: puntata 94

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema.
di Pino Farinotti

Marcello Mastroianni (Marcello Vincenzo Domenico Mastroianni) 28 settembre 1924, Frosinone (Italia) - 19 Dicembre 1996, Parigi (Francia). Interpreta Guido Anselmi nel film di Federico Fellini 8 ½.

venerdì 10 dicembre 2010 - Focus

Il sociale
Il grande movimento del nostro realismo si esaurisce alla fine degli anni quaranta. Ma il filo d'oro non si interrompe, sta per nascere quella che verrà chiamata "commedia italiana". L'evoluzione è quasi naturale. Il Paese esce dalla guerra, esce dalla povertà e dalle macerie. I film di De Sica e Rossellini hanno rappresentato quella stagione, hanno appunto raccontato le macerie, ma anche la speranza. Nei primi anni sessanta la nazione comincia a trasformarsi. La gente ha superato lo stadio della sopravvivenza, cominciano ad esserci esigenze, piccole all'inizio, poi più grandi, qualcuno guarda persino all'America, il paese del benessere, dove quasi tutti hanno la macchina. E la macchina diventa qualcosa di molto importante, sì, un simbolo. Quando le 500 Fiat cominciano a vendersi a decine di migliaia, poi centinaia, ecco che qualcuno comincia a pronunciare quella parola, "boom" che identifica i primi anni sessanta.

Tradizione
Ma nel frattempo la nostra tradizione, figlia delle opere degli anni quaranta e cinquanta, non cede. L'ultimo anno del decennio, il '59, porta il Leone d'oro a due capolavori, firmati da due eroi: Il generale della Rovere, di Rossellini, e La grande guerra, di Monicelli. Scrivendo questi titoli, evocando Venezia di allora, davvero non si può non provare disagio. Il fatto che ai due titoli venga attribuito il riconoscimento a pari merito è un magnifico segnale. Rossellini ha diretto una storia, l'estetica del "Generale" è quella del racconto. C'è De Sica nella parte del generale. Vittorio ha sempre dichiarato di aver molto temuto quella parte: "non avevo mai interpretato ruoli così drammatici, avrei anche potuto sbagliare, e così non me ne avrebbero più affidati". Ma non sbagliò. La grande guerra, capolavoro accreditato nel mondo, è un racconto ma con intenzioni estetiche impegnative. Monicelli studiò le fotografie dell'epoca. Certe locandine che mostrano i soldati nelle trincee del Carso, sembrano davvero immagini della prima guerra mondiale.

Naturale
Il termine "capolavoro" ricorre spesso in questa fase della Storia poconormale, ma è più che naturale. I capolavori c'erano. E devo ripetermi citando il titolo vincitore della Palma d'oro nel 1960. E "capolavoro" è persino riduttivo. Trattasi de La dolce vita. Un'opera assoluta, oltre il cinema e oltre le discipline. Con quel film Federico Fellini diventa autore del mondo. Il cinema italiano sorpassa il realismo, la commedia, sorpassa tutto. La cifra e il sortilegio, non spiegabile, del regista di Rimini sono un unicum. L'attenzione del movimento internazionale staziona su Cinecittà. La polemiche, grandi, che hanno avvolto il titolo, sono un elemento aggiuntivo a determinare la leggenda. Ma adesso Fellini si è messo in una posizione difficile: come potrà evolversi? Come potrà fare di meglio? Comunque ci riuscirà.

Lemma
Il "boom", anche come lemma, è affascinante. Il cinema vi si dedica. Una ricerca a posteriori determinò che l'anno canonico del boom fu il 1963. Fu quello l'anno del benessere. Gli italiani spendevano per le vacanze, per le macchine, per i divertimenti, e riuscivano anche a risparmiare. Il cinema spende due titoli esemplari del boom. Entrambi proprio del '63. In un episodio de I mostri, Ugo Tognazzi compra una Seicento. Firma una pila di cambiali fino ad avere un crampo al braccio. Appende le fotografie di moglie e figlio con la scritta "pensa a noi", esce dalla concessionaria e punta direttamente sul lungotevere dove raccoglie una prostituta. È una visione grottesca del boom. Risi non si fida di quel miracolo quasi improvviso. E De Sica, nello stesso anno, girando appunto Il boom offre la stessa indicazione. Alberto Sordi è un velleitario costretto a mille acrobazie nel tentativo di fare il palazzinaro. C'è un alto tenore di vita da mostrare, c'è una moglie ambiziosa da portare in società. Occorre una bella casa, una fuoriserie e tutto il resto. Strozzato dai debiti Alberto è costretto a... vendere un occhio. Un palazzinaro vero, che ha appunto perso un occhio in un incidente, gli offre quel "guadagno", ma con una contropartita dolorosissima. In sostanza il boom lo si paga a caro prezzo. I ricchi continuano ad essere ricchi, e gli ambiziosi senza capitali ... vendono un occhio.

Nel 1962 il nostro cinema si aggiudica il Leone d'oro a Venezia con Cronaca famigliare, di Valerio Zurlini. Il regista non è un artista generale come i De Sica, i Fellini e i Visconti, ma è un narratore vero e sa tradurre in un film di qualità il romanzo di Vasco Pratolini. È certo partito da una base favorevole, ma non sempre un ottimo romanzo è garanzia di un ottimo film. L'anno dopo, nel '63, a Federico Fellini non serve un romanzo per girare un altro dei miracoli del nostro cinema, 8 e mezzo. E arriva un altro Oscar. Il terzo per Federico.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati