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Surviving Life: la psicanalisi in stop motion

Una storia sospesa tra sogno e realtà firmata da Jan Svankmajer.
di Marianna Cappi

La psicanalisi
Jan Svankmajer (90 anni) 4 settembre 1934, Praga (Repubblica ceca) - Vergine. Regista del film Sopravvivere la propria vita.

mercoledì 8 settembre 2010 - Incontri

La psicanalisi
A 10 anni esatti da Otesanek, il ceco Jan Svankmajer porta a Venezia Surviving Life, Sopravvivere alla propria vita, nel quale il guru dell'animazione si confronta con una storia sospesa tra sogno e realtà. Il protagonista può scegliere: curarsi dai sogni o abbandonarsi ad essi? La risposta di Svankmajer non poteva che essere la seconda.

Nel film due dei personaggi sono Sigmund Freud e Gustav Jung. Cos'è per lei la psicanalisi?
La psicanalisi m'interessa come scienza dell'interpretazione non come terapia. Come surrealista sono più vicino a Freud che a Jung, ma certo l'idea di un inconscio collettivo è qualcosa su cui lavorare, come sugli archetipi.

Si è sempre detto refrattario all'uso del computer, fedele ad una tecnica di animazione tradizionale. Ha cambiato idea?
Non considero la tecnica come un fine, ma come un mezzo per produrre qualcosa. Ogni tema richiede la sua tecnica particolare. In questo film la tecnica è stata stabilita da precisi limiti: volevo risparmiare dei soldi, girando solo in interni. Ma alla fine dei conti il mio produttore mi ha smentito, non ho risparmiato nulla. Ci sono voluti sei mesi per mettere appunto una tecnica del tutto nuova, chiamando persone giovani da tutto il mondo -Canada, Giappone, Turchia- che sapessero utilizzarla nel migliore dei modi. La preparazione è stata lunghissima e il computer è diventato necessario per archiviare i passaggi, che erano davvero troppi. Non l'ho utilizzato per l'animazione ma solo come archivio.

In passato ha subito censure, sotto i regimi della ex Cecoslovacchia, oggi quali censure si incontrano?
Per me il cambiamento politico non ha rappresentato un cambiamento mentale. Il mio modo di vedere il mondo o di girare, prima e dopo il novembre '89 non è mutato. Per me la malattia è della civiltà moderna, fascismo e stalinismo non sono che delle pustole. Dopo l'89 è stato possibile realizzare sceneggiature prima impossibili per motivi ideologici. La gente dei paesi democratici guarda a quelli comunisti sovietici con gli occhi dell'Orwell di "1984" ed è vero, il sistema era difettoso, nella sfera economica ma anche per la repressione, ma quest'ultima non lavorava in maniera uniforme e totale come descrive Orwell, aveva piuttosto un movimento ondivago, di maggiore e minore pressione. Soprattutto gli anni 60, quando ho prodotto la maggior parte dei miei cortometraggi, sono stati un periodo di liberalismo, ideale per la creazione artistica, quando lo stato che produceva film finanziava anche opere critiche verso se stesso.

Sostiene ancora che la libertà è l'unica ragione per cui fare un film?
La libertà è l'unica ragione che spinge al lavoro, lo dicevo già all'epoca dei "Cospiratori del Piacere" e lo ripeto ora. Non è qualcosa di statico ma un percorso di liberazione da una serie di fattori esterni: l'infanzia, l'educazione, l'ambiente. Possiamo identificare la libertà con il principio del piacere di Freud e la realtà con il principio della repressione. Durante il film il protagonista decide di incamminarsi verso la libertà, verso il piacere e dunque verso il sogno.

Viaggiando, va in cerca di oggetti dell'immaginazione del passato. Cosa ha trovato?
Mi faccio guidare da alcune mie precise ossessioni. L'ultima è il gabinetto delle curiosità in stile settecentesco, dove raccolgo gli avanzi del mondo magico. Perché esistono due mondi: uno reale e razionale, che dopo l'illuminismo ha preso il sopravvento e nel quale noi viviamo oggi, e un mondo magico, che esiste nelle nazioni primitive e che fino al '700 era quello dominante, retto dalle credenze popolari. È stato superato dal razionalismo, ma qualcosa sotto rimane, la frontiera tra razionalità e irrazionalità è davvero molto sottile (di nuovo in accordo con Freud). Il mondo razionale ha schiacciato il mondo magico ma non è riuscito ad eliminarlo del tutto e ogni tanto questo affiora, sotto forma di guerre e rivoluzioni ma anche sotto la forma di quello che noi definiamo "assurdo" nella vita. Io cerco di tirare fuori quel mondo magico che ancora esiste anche se solo in qualche isoletta del mondo razionale. Lo sto facendo da 10 anni e lo raccolgo in un edificio. La sua forma è proprio quella del wundercabinet, la mia ispirazione è la collezione dell'imperatore Rodolfo II, divisa in tante sezioni dai nomi latini, che stava al castello di Praga tra 16° e 17° secolo e che fu spazzata via dalla guerra dei 30 anni. Ho la collezione di conchiglie e affini o quella di arte africana e papuana, con le sue maschere rituali e i suoi feticci.

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