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Tom Ford, un texano a Milano

Presentato A Single man.
di Pino Farinotti

Esteta contemporaneo
Tom Ford - Vergine. Regista del film A Single Man.

mercoledì 13 gennaio 2010 - Approfondimenti

Esteta contemporaneo
È certo legittimo affermare che Tom Ford sia una delle più importanti firme della moda nel mondo. Texano di Austin, classe 1961, ha cominciato studiando arte e architettura a New York. A suo tempo ha "ricreato" Gucci e Saint Laurent, poi si è messo in proprio. Il suo stile e il suo marchio fanno parte integrante dell'estetica dell'era contemporanea. Grande mano di disegnatore, eroe della moda, adesso è approdato al cinema, firmando A single man, tratto dal romanzo di Christopher Isherwood. Tom, che si sente milanese di adozione, ha voluto che il suo film, dopo il passaggio veneziano, partisse proprio da Milano, dal cinema Colosseo. L'iniziativa la si deve a Massimilano Finazzer Flory, assessore alla cultura, che sta facendo della città un centro europeo visibile privilegiando movimenti dell'arte e della cultura decisivi, storicizzati o contemporanei.

Eleganza
Quasi cinquantenne Ford non dimostra un giorno più di trent'anni. Superfluo dire della sua eleganza, abito nero e camicia bianca, e della sua cura del dettaglio essenziale. Dice di sentirsi davvero milanese, parla italiano ma aggiunge "sono più intelligente se parlo in inglese." Parla di sé anticipando gli argomenti. Risolve subito la sua omosessualità dicendo che comunque se si parla di identità, sua o di chiunque, non è l'aspetto etero o omo quello che conta, ma il carattere, la sensibilità, l'onestà, la capacità professionale. Dichiara di avere un compagno, lo stesso, da 23 anni. I suoi amori cinematografici sono... i maestri, cita qualche "muto", poi Antonioni e De Sica, e fa un titolo preciso Umberto D. E poi naturalmente, per il linguaggio e la tensione, Hitchcock. Tom Ford ha assunto una tale importanza, viene da un tale esercizio di design, di moda e di estetica generale che l'approdo al cinema era proprio naturale. Tuttavia ha resistito alla tentazione del solipsismo. Si è affidato alla piattaforma di un libro, cioè alla sicurezza della letteratura, arte nobile, e di una vicenda raccontata da un romanziere, non da uno sceneggiatore puro. Con lo scrittore si è sentito tutelato, anche se non ha rinunciato a metter mano alla stesura della sceneggiatura. Certo ci sta, e Ford è a sua volta una garanzia, lui artista vero con la dotazione di una sensibilità generale che gli permette di intervenire, a posteriori, a supporto, sulla scrittura.
Io stesso ho voluto sciogliere quel nodo: la scrittura. Tom Ford si è dunque applicato al disegno, alla moda, poi al cinema e alla scrittura. Gli ho chiesto di farmi una sua classifica di arti in una specie di gerarchia del cuore. Ha detto che per attitudine e professione non può fare differenze. C'è il cuore, ci sono le arti ma non c'è una gerarchia. Forse non poteva dire diversamente, non poteva esporsi, peraltro in un auditorio pieno di artisti di tutte le arti. L'auditorio, appunto, era davvero importante, da Fiorucci e Donatella Versace a Francesco Alberoni, fra tanti altri.

Inglese
L'autore del romanzo è Christopher Isherwood, inglese, nato nel 1904 e morto nell''86. Va detto che Isherwood non è mai stato tanto popolare come adesso. Lo deve al cinema naturalmente. Truman Capote scrisse nel '58 Colazione da Tiffany, divenuto film tre anni dopo. E fu appunto dopo ... Audrey Hepburn che Capote fece il salto di popolarità e di vendite. Così come Umberto Eco divenne autore del mondo dopo la versione cinematografica ('86) del suo romanzo ('80) Il nome della rosa. Sì, Eco sta a Connery come Capote sta a Hepburn. E come Isherwood sta a Colin Firth, magnifico protagonista di A Single Man. Il romanzo racconta di un anziano docente universitario californiano, che dopo la perdita del compagno cerca una ragione per sopravvivere. Ford è intervenuto sulla trama. Il professore non è un anziano, ma un cinquantenne inglese. La sua disperazione ha contorni meno generici, appesa com'è all'intenzione di vivere un ultimo giorno, fare per l'ultima volta certe azioni, e poi suicidarsi con una vecchia pistola. Il tutto sotto la cappa di paura della vicenda dei missili di Cuba, nel '62, quando il mondo sfiorò una guerra che, come si è detto, sarebbe stata l'ultima.

Introspezione
Ford ha messo mano alla sceneggiatura dopo aver capito che la lo stile narrativo cartaceo privilegiava l'introspezione. Doveva trasformare l'introspezione in azione, insomma, il libro in film. La chimica è riuscita parzialmente. Lo spazio sottratto all'introspezione è stato occupato più che dalle azioni, dall'estetica. Se dico "compiacimento" ci sta, anche se lo stile è molto alto e una piccola franchigia, un'altra compensazione alla staticità, la offre Colin Firth, in un esercizio d'attore magnifico: Firth ha già vinto la coppa Volpi a Venezia, ha la nomination per i Golden Globe e sarà probabilmente anche nella cinquina per l'Oscar. Rilevo la sequenza quando, per telefono, da uno sconosciuto, riceve la notizia della morte, in un incidente, del suo compagno Jim, grande grandissimo amore. Ford incatena il protagonista a un primissimo piano impossibile da sostenere, ma Colin lo sostiene, appunto.

Patinato
Inche il "patinato", e nel film tutto lo è, è perdonabile per la solita franchigia e per la storia di Ford, che è disegno, moda, armonia, estetica, colore, perfezione. Uno stile che rimane comunque nei confini del grande gusto, soprattutto nei corpi nudi, sempre maschili, sempre avvolti dall'estetica secondo i termini detti sopra. L'inquadratura scivola su cosce, torace, natiche, poi si ferma. Ford ha detto che il film trascende l'omosessualità. In realtà no, non la trascende. A single man è un film omosessuale, volendo esserlo. L'inserto femminile di Julianne Moore serve a rafforzare il concetto. Julianne fa Charley, che ha avuto una (breve) storia con George essendo poi esautorata da Jim. Charley è comprensiva, intelligente, emancipata, ma la ferita e il risentimento, latenti, sono rimasti, ed emergono in un paio di momenti dove il controllo cade: "... se tu non fossi stato un finocchio...". L'omosessualità veste il film come una tuta aderente. Una chiave che tuttavia non inibisce indicazioni importanti. In quella chiave, di intensità, di ambiguità, di intenzione e di empatia dichiarate all'istante, avvengono gli incontri del professore con due ragazzi, bellissimi. Uno è un suo allievo che si scopre poco interessato alle attenzioni di una compagna, l'altro è uno spagnolo che assomiglia a James Dean e che si offre senza preamboli. Il professore si limita agli sguardi e al dialogo. Ha dignità, sa guardarsi, dice a se stesso: "patetico". E poi quella sensibilità "particolare", appunto. La sensazione rimandata dal regista è che una passione di un uomo con quell'attitudine, quella cultura e quella personalità, appartenga a pochi. Appartenga ai diversi. Era lo stesso sentimento che trasmetteva Tom Hanks, malato di aids, mentre ascoltava la Callas in Philadelphia.

Struggente
Ci sono ottimi momenti di cinema, come quando George e Charley ballano Stormy Weather e tutto è struggente perché lui sa, e il pubblico sa, come finirà quella giornata. E poi il momento del primo incontro, in un locale dove si balla, nel dopoguerra, e fra tanta gente e tanta confusione, gli sguardi si incrociano per la prima volta e il destino è segnato per sempre. Mentre l'orchestrina suona Blue Moon.
In un momento in cui panettoni ed effetti speciali invadono il cinema, Tom Ford col suo film è naturalmente benvenuto. Un autore complesso e dotato, che riesce a toccare con stile e con dolcezza la solitudine, ad affezionarsi, e affezionarci, al dolore. Quasi una sorpresa, un po' attonita.

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