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Tentativo di epica con Appaloosa e Australia

Due titoli della settimana reintroducono l'epica in tempi moderni.
di Pino Farinotti

Il caso Australia
Nicole Kidman (Nicole Mary Kidman) (56 anni) 20 giugno 1967, Honolulu (Hawaii - USA) - Gemelli. Interpreta Lady Sarah Ashley nel film di Baz Luhrmann Australia.

lunedì 19 gennaio 2009 - Focus

Il caso Australia
La settimana ha portato due titoli anomali, diversi rispetto al cine-politicamente-corretto. Con Appaloosa e Australia va rilevato un tentativo di riesumare e reintrodurre l'epica. Di Appaloosa ho già scritto. Trattasi di western con estetica e contenuti vicini alla realtà del west, e non di classico western degli anni d'oro, dove "... gli eroi erano eroi, le donne belle, l'onore era l'onore, non si sparava alle spalle, il bianco era civile, l'indiano era un selvaggio, i bottoni brillavano sulle divise blu, la colt era cromata, la tesa dello Statson stirata, la criniera del cavallo lavata con lo shampoo, l'iride sempre azzurra..." Comunque la prima opzione dell'eroe individuale che affronta l'ingiustizia è stata riproposta. Con una differenza: in quei western l'eroe faceva giustizia, in questi tenta di farla. Dunque l'intenzione è buona, il mito, se non si palesa, cerca almeno di darsi un disegno, di farsi riconoscere. Australia vuole essere saga, sentimento, paesaggio, violenza, storia, dolore e amore. Vuole essere epica. E per tanta impresa il regista Buz Luhrmann non se l'è sentita di inventare tout court, ci sono generi e categorie che nella nostra epoca stentano, figuriamoci l'epica. Il cinema, e non solo, non possiede più la chimica per comporla. E così la produzione Usa-Australia, Luhrmann e gli sceneggiatori Ronald Harwood, Stuart Beattie & Richard Flanagan, hanno deciso di giocare sul sicuro, di ispirarsi ai grandi codici passati senza nasconderlo. Era la migliore soluzione possibile. Hanno selezionato e riprodotto sequenze che fanno parte della più bella dotazione sentimentale trasmessa dai film. Hanno costruito un prodotto (sì, un prodotto) che funziona, nell'emozione, nell'estetica e anche nei ricordi. Di nuovo, di attuale, c'è la confezione. C'è lo stile, il linguaggio, la velocità, l'aggressività, l'acrobazia del regista, specialista in musical e in sequenze frenetiche.

Codici: La mia Africa
La prima parte, nel contatto fra la lady londinese e gli autoctoni australiani, bianchi, neri, aborigeni, la storia vive di ironia mistica, con episodi di suggestione violenta, come quando il bambino mulatto, con un sortilegio tutto suo, che gli ha infuso il nonno aborigeno, ferma sull'orlo dello spaventoso precipizio una mandria di bovini, ponendosi davanti a loro, guardandoli negli occhi e cantando. Nicole Kidman si insedia e incontra il suo cow boy Hugh Jackman. Proprio come Meryl Streep ne La mia Africa, prendeva possesso della sua tenuta in Kenja, innamorandosi del suo aviatore avventuriero Robert Redford. Le atmosfere descritte dalla Blixen e rappresentate da Pollack sono davvero simili a quelle di Australia. Sempre di colonia inglese trattasi, in epoche non lontane peraltro. Così come Meryl, Nicole si innamora di un paese selvaggio ed estremo. Lo comprende, cerca di farlo suo e di imporre la propria personalità.

Rossella e Lawrence
E poi Via col Vento. Nicole-lady Sara e Vivien-Rossella si richiamano. Compiono azioni coraggiose, nelle loro comunità piene di pregiudizi, si distinguono, anzi fanno scandalo. Luhrmann rifà, letteralmente rifà, alcuni degli episodi salienti del film tratto dal romanzo di Margareth Mitchell. Uno è il gran ballo organizzato al Circolo esclusivo di Darwyn, che richiama con grande precisione quello del gran bazar di Atlanta, dove Gable-Rhett corteggia Rossella vestita da lutto, dopo aver vinto il ballo con lei all'asta offrendo una cifra altissima. Anche Nicole-Sara viene 'vinta'. Ma le regole del cinema contemporaneo, soprattutto quelle di Luhrmann vogliono che il ballo debba essere sostenuto e integrato con un'azione parallela. E così il tempo della danza viene usato per un discorso importante, decisivo, viene ottimizzato. Azione su azione, somma di intensità. Rhett e Rossella ballavano guardandosi negli occhi o scambiandosi qualche frase banale, il volteggio viveva di luce propria. Ancora, l'evacuazione di Darwyn sotto i bombardamenti dei giapponesi assomiglia molto a quella di Atlanta cannoneggiata dal generale Sherman.
Australia va poi a toccare un altro gigante, Lawrence d'Arabia. Molte scene di deserto riproducono quell'estetica che ha creato un precedente e ha fatto storia. Il deserto australiano è diverso, non presenta le dune morbide africane, ma il teleobiettivo di Luhrmann fa tremolare le figure lontane come faceva Lean inquadrando Omar Sharif che avanzava misterioso e minaccioso verso il pozzo là in fondo alla sabbia. Così come O'Toole-Lawrence, anche lady Sara e il suo amante violano un deserto mai violato. E quando Lawrence, col suo giovane amico arabo, entrambi stremati, arriva al circolo ufficiali di Damasco, l'inglese viola un' altra tradizione inviolabile, costringe il barman a servire un non-inglese. Scandalo. È la stessa azione che compie il cow boy Jackman, costringendo il barista a servire il suo amico aborigeno.

Oz
E poi Il mago di Oz. Il musical attraversa Australia con la sua canzone portante, Over the rainbow, e con molte sequenze inserite integralmente. Tocchi e ritocchi di sentimento magari facile, ma certo efficace. Nel finale del film tutto si ricompone, chi è perduto è ritrovato, chi è malvagio è punito. Ma c'è un'ultima appendice quasi inattesa, un'indicazione di ritorno alla purezza primitiva, un altro codice implacabile, un altro compagno di viaggio forte e garante, il mito di Tarzan.
Richiami e citazioni: tutto questo sarà un trucco, un imbroglio corretto, a molta critica non piacerà, ma la contaminazione fa sì che l'utenza esca dalla sala col cuore pieno. Di questi tempi non è poco.

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