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Hotel Meina: la strage dimenticata

Il film di Carlo Lizzani esce in occasione delle celebrazioni della Giornata della Memoria.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Un saggio prestato al cinema

mercoledì 23 gennaio 2008 - News

Un saggio prestato al cinema
Nel 2005 il giornalista Marco Nozza dava alla luce "Hotel Meina. La prima strage di ebrei in Italia", dove ricostruiva, attraverso testimonianze dirette, la convivenza tra gli ebrei e una divisione delle SS nel settembre 1943 in un albergo affacciato sul Lago Maggiore. Liberamente tratto dal saggio di Nozza, il film di Carlo Lizzani - adattato per il cinema dagli sceneggiatori Dino e Filippo Gentili e da Pasquale Squitieri - arriva sul grande schermo in occasione della Giornata della Memoria, dopo essere stato presentato con successo lo scorso settembre alla Mostra del cinema di Venezia. "Quello che mi ha affascinato nella storia - tutta vera - raccontata nel libro di Nozza, è il modo imprevedibile con il quale il Male e il Bene in questa particolare occasione sono entrati in conflitto. E, prima ancora, si sono presentati in scena, hanno preso forma" ha spiegato il regista nelle note introduttive. "Per me rappresenta un altro capitolo di quella ideale storia in immagini del fascismo e dell'antifascismo che da decenni cerco di ricreare attraverso film come Fontamara, Cronache di poveri amanti, Un'isola, Achtung! Banditi!, Il gobbo, L'oro di Roma, Gli ultimi giorni di Mussolini, basati su fatti realmente accaduti o tratti da opere letterarie".

Tradimento cinematografico?
L'allora tredicenne figlia dei gestori dell'Hotel Meina, Becky Behar (nel film si chiama Noa e ha diciotto anni), si è lamentata di non riconoscersi nella sceneggiatura e ha voluto offrire il suo personale punto di vista su quegli atroci eventi nel libro "La strage dimenticata". "Quando si fa un film basato su vicende realmente accadute" risponde Lizzani, "è normale che ci si imbatta in qualche forma di ostracismo da parte di familiari e amici, tuttavia sono stato rispettoso nei confronti delle vittime di quella strage". D'altronde, aggiunge la produttrice del film Ida Di Benedetto, "rientra nel lavoro creativo filtrare la realtà e renderla maggiormente incisiva per il cinema". "Il personaggio di Erika, ad esempio, nel libro non c'è" continua il regista, "ma io ho voluto restituire dignità a tutti quei tedeschi antinazisti che pagarono con la vita, come i giovani universitari della Rosa Bianca o gli ufficiali impiccati dopo l'attentato a Hitler del '44 ".

Un film per non dimenticare
L'Hotel Meina è lo scenario - apparentemente idilliaco - dove si è tragicamente svolto il primo eccidio di ebrei dopo l'8 settembre 1943. Proprio quando la guerra sembrava essere finita, un plotone delle SS inizia a seminare terrore tra i clienti dell'albergo, tenendoli in ostaggio in attesa di ordini superiori. Una storia ancor oggi poco conosciuta che vide 56 ebrei morire sotto la mano dei nazisti al confine tra Italia e Svizzera. "La caduta di Mussolini e l'annuncio dell'armistizio avevano reso il nostro paese una terra di nessuno, dove poteva accadere tutto e il contrario di tutto" spiega Lizzani. "Per quanto nessuno volesse prendere decisioni definitive, da quell'albergo non si poteva uscire".

L'influenza di Luis Buñuel
Nel 1962 il regista spagnolo Buñuel portava sul grande schermo L'angelo sterminatore, basato sul soggetto teatrale di José Bergamin, "Los naufragos". Anche lì, come in Hotel Meina, i protagonisti sono intrappolati in una casa. "Attraverso il mio film volevo far sentire un forte eco" rivela Lizzani. "Buñuel è stato un grande regista, ma nei confronti del cinema abbiamo due diverse visioni: io ho i piedi per terra, lui è più onirico. È vero però che mentre giravo il mio film sentivo il fiato sul collo del cineasta spagnolo e ovviamente ho tratto ispirazione dal suo lavoro".

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