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5x1: John Travolta, icona a rendere

Dopo i primi clamorosi successi, l'attore del New Jersey sembrava perso. Poi arrivò Tarantino.
di Stefano Cocci

Il ritorno al ballo e al canto con Hairspray
John Travolta (John Joseph Travolta) (70 anni) 18 febbraio 1954, Englewood (New Jersey - USA) - Acquario. Interpreta Edna Turnblad nel film di Adam Shankman Hairspray - Grasso è bello.

martedì 25 settembre 2007 - Celebrities

Il ritorno al ballo e al canto con Hairspray
Settanta, Ottanta, Novanta, Duemila. John Travolta sta attraversando un pezzo importante di storia del cinema, lasciando la sua impronta nella settima arte ma anche e soprattutto nel costume. Inutile negare che Tony Manero e Danny Zuko abbiano rappresentato un universo sul finire degli anni Settanta. La febbre del sabato sera e Grease non sono stati solamente dei successi travolgenti e improvvisi al box office: hanno raccontato un mondo, interpretato autentici uomini e donne che, in quelle storie, canzoni e personaggi si sono riconosciuti. John Travolta era il loro volto. Gli anni Ottanta sono stati gli anni dell'apparente declino ma la vita dell'attore è proseguita: ha preso la tanto agognata licenza di volo, e ha continuato a costruire l'attore in lui, per aprirsi la strada a nuovi successi. Trionfi che sono arrivati negli anni Novanta, grazie a Quentin Tarantino e a Vincent Vega, il gangster con la passione per il ballo che il regista di Pulp Fiction decise di regalare a Travolta. Per l'attore fu il ritorno allo status di icona, un successo talmente clamoroso da lanciarlo, stavolta definitivamente, nello stardom di Hollywood. Nel nuovo millennio, Travolta ha coniugato l'attitudine commerciale di Hollywood con la raggiunta completezza di artista: i successi di botteghino si sono alternati a prove più intimiste e convincenti come anche ad autentici flop - Battaglia per la Terra su tutti.
Lo ritroviamo a trent'anni da La febbre del sabato sera di nuovo alle prese con il canto e il ballo, ingrassato artatamente di una cinquantina di chili (almeno) nel divertente musical Hairspray.

Michael
Fa parte certamente della cinematografia minore di Travolta e di Hollywood in genere ma il film di Nora Ephron è sincero, ben scritto e – aggiungiamo – ottimamente interpretato. Travolta è perfetto, con un'espressione mista di svagatezza "maneriana" unita a una sacralità quasi biblica imparata probabilmente negli anni dell'oblio, quelli dei grandi ruoli rifiutati (ricordiamo American Gigolo, Ufficiale e gentiluomo e Attrazione fatale).
Travolta è un Michael fantastico, un angelo che si sveglia tardi la mattina, si gratta il sedere, mangia senza freni ed emette rumori a dimostrare di aver gradito il pasto. È un piccolo film che merita di esser visto per la sua interpretazione divertente e divertita, in cui tutti si possono specchiare e ammirare i propri difetti ma comprendere i grandi orizzonti.

A Civil Action
Negli anni Novanta a Hollywood imperversava la mania dei legal thriller. Steven Zaillian - Oscar alla sceneggiatura per Schindler's List – mette in piedi questo film basato su di un libro ispirato a una storia vera, lavorando molto sull'interpretazione dei suoi attori. A Civil Action sarà ricordato per l'interpretazione di Robert Duvall, nei panni del cinico avvocato che difende gli interessi di un'azienda che ha scaricato illegalmente dei rifiuti tossici causando la morte di leucemia di dodici bambini. John Travolta è la controparte, il buono che cerca di difendere gli interessi delle vittime: il suo piccolo studio sarà travolto dai debiti contratti per pagare parcelle e perizie, fino al fallimento della causa. Duvall passò agli annali per questa interpretazione, meritandosi una nomination all'Oscar. Travolta è una degna controparte.

Face/Off
Il capolavoro di John Woo deve gran parte della sua forza ai due protagonisti. Cage e Travolta sono in forma smagliante per questo action movie ad alto tasso di adrenalina, girato con gli stilemi ormai classici del cinema di Hong Kong che hanno segnato per un decennio anche Hollywood.
Ai due attori è chiesto di scambiarsi i ruoli e di giocare a fare l'altro: Cage imita Travolta cercando lo smarrimento del buono costretto dietro il viso del suo acerrimo nemico; Travolta è il cattivo che fa finta di combattere il male, giocando a imitare il suo rivale. Il risultato è incredibile e la forza del film non è soltanto nelle scene di azione – spesso, a dire il vero, non perfettamente rifinite – quanto proprio nella forza caricaturale dei due, ciascuno la nemesi dell'altro, pronti a combattersi fino alla morte, come solo avevamo ammirato nei vecchi western.

La febbre del sabato sera
La "febbre" del sabato sera per Travolta è stata una maledizione. Il successo travolgente lo portò a identificarsi con un personaggio e un genere, condannandolo a tante scelte sbagliate. Abbiamo scritto dei ruoli rifiutati e probabilmente l'errore è stato di sottovalutarsi, di pensarsi un "prodotto" in serie di un'industria, buono solo per ripetere all'infinito movimenti e parole, e non un artista capace di stupire. Cosa che in effetti fece a partire proprio da La febbre del sabato sera: Tony Manero era cucito sulla pelle di Travolta e questo fu un vantaggio ma alla lunga lo penalizzò. Fatto sta che il suo personaggio entrò nel senso comune, e ancora oggi i suoi gesti, le sue frasi, i suoi movimenti rappresentano uno spartiacque nell'immaginario collettivo: il prima e il dopo "febbre". Atti e movenze che ancora oggi, uomini e donne appartenenti a quella generazione ma anche i giovanissimi riconoscono come propri. Comprendere il proprio pubblico e rappresentarlo è un dono raro per un attore: John Travolta l'ha avuto e restituito al suo pubblico.

Pulp Fiction
Dopo l'oblio, la sconfitta, il dimenticatoio, venne Quentin Tarantino. Non fu una scelta dettata da una moda. Scegliere Travolta per il suo Vincent Vega fu un'illuminazione. L'attore non era mai stato visto così: cattivo, sprezzante, "sporco" ma con un appeal che riecheggia i fasti de La febbre del sabato sera. Dopo il Tony Manero che lancia la giacca in pista, il ballo di Vincent Vega con Mia Wallace – alias Uma Thurman - è destinato a lasciare ancora una volta il segno: chi, lanciatosi su una pista da ballo, non si è portato indice e medio intorno agli occhi a imitarlo? Travolta si trova perfettamente a suo agio nella logorrea dei personaggi tarantiniani, alla faccia di chi lo voleva attore "danzante" e non "favellante". Il successo di Pulp Fiction è, in parte, il successo di un attore che si è riscoperto tale.

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