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Il cinema, la critica, l'Islam

Pino Farinotti esprime la sua opinione su un tema di caldissima attualità. Come sempre non esita a stupirci.
di Pino Farinotti

mercoledì 20 settembre 2006 - News
Il Mercante di pietre di Renzo Martinelli non è piaciuto alla critica. È più che naturale.
La tesi del regista: l'Islam travolgerà l'Occidente, perché ha più odio, più passione, più religione ed è molto organizzato. E dominano gli integralisti e i violenti, i moderati ci sarebbero, ma non contano. Il processo storico è irreversibile. Fra pochi anni, anche numericamente, saremo in balia dell'Islam.
Significativa è la frase di lancio del film: "vive come noi, parla come noi, ma ci odia". Il tutto tradotto dalle vicende di un professore italiano che ha perso le gambe in un attentato, di sua moglie che si innamora di un mercante di pietre preziose italiano convertito all'Islam, che userà la donna per far esplodere una nave.

Come è facoltà di chi racconta e rappresenta, in letteratura, cinema e arte, Martinelli estremizza per essere più efficace. Così può succedere che la tesi diventi pregiudizio. Ma anche questo è un diritto di chi racconta. Sta poi a chi "consuma", trarre le conclusioni. Martinelli conosce molto bene l'argomento, da anni lo studia e non solo nella chiave di questo film attuale. Il regista sta preparando un altro film su Marco da Aviano. Un nome al quale è bene essere introdotti.
Marco era un cappuccino, una delle massime personalità religiose del 17° secolo. Come legato pontificio fu distaccato alla corte di Leopoldo I, imperatore del sacro romano impero, del quale divenne amico e consigliere. Marco fu decisivo nella battaglia di Vienna del 1683. La città era assediata dei Musulmani, l'11 settembre la vittoria era ormai loro. Ma all'alba del 12 il frate celebrò la messa sulla collina del Kahlenberg, sopra la città. Aveva dei "chierichetti" d'eccezione, i re e i principi cristiani. Tenne un discorso, fra latino italiano e tedesco, pieno di passione e di fede, brandendo la croce. Poche ore dopo i cristiani, che erano la metà dei musulmani e non possedevano artiglieria, travolsero i soldati di Allah. La fede cristiana aveva superato quella islamica. 323 anni fa "funzionava" così. Se i Turchi si fossero impadroniti di Vienna, cuore d'Europa, la storia sarebbe stata riscritta, e lo sarebbe anche adesso. L'Islam, mortalmente ferito nell'orgoglio, non dimenticò quell'undici settembre quando ormai era sul punto di vincere, e pianificò la "vittoria riparatrice" di New York del 2001.
L'Islam aveva interpretato quel periodo come momento di debolezza dei cristiani, di cui approfittare. Poco più di un secolo prima, nel 1571 ecco un altro errore di calcolo nella battaglia di Lepanto, dove i musulmani furono sconfitti dalla Lega cristiana. E verso la fine del secolo precedente, nel 1492 a Granada, Ferdinando il cattolico aveva cancellato dalla Spagna l'ultimo regno musulmano. In quei momenti storici i Cristiani avevano prevalso sull'aggressività dei musulmani, ma -è la teoria di Martinelli- non è detto che ci vada bene anche in questa fase storica, interpretata dall'Islam come momento di grande debolezza dell'occidente.

Filoislamica
Questa posizione così radicale di Martinelli, in netto contrasto con la corrente del cinema, che è antiamericana e dunque filoislamica, e dunque in contrasto con la corrente critica che alimenta, sostiene ed enfatizza quel cinema e quel progetto, naturalmente, come detto sopra, non è piaciuta... alla corrente critica. In questa chiave voglio ricordare l' ormai storicizzato manifesto antiamericano, Fahrenheit 9/11, di Michael Moore, santificato dalla critica, vincitore di Palma d'oro eccetera. Soprattutto voglio ricordare l'ultima Venezia, i film Lettere dal Sahara di De Seta, e Quei loro incontri di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet. Il primo è la storia di un clandestino nordafricano che arriva in Italia e viene respinto. Il ragazzo è intelligente, bello, tollerante, lavoratore, colto, generoso e solidale. È un modello ideale migliore di tutti i modelli. È inesistente. È una carta truccata dal cinema che certamente non serve alla causa legittima della tolleranza e della solidarietà, e alle difficoltà degli immigrati.
Il film di Straub-Huillet, peraltro ritenuto imbarazzante persino dalla "corrente", riprende inopinatamente un testo di Cesare Pavese. Il "messaggio" lo ha dichiarato lo stesso Straub: " finché ci sarà l'America non ci saranno mai abbastanza terroristi." Per Quei loro incontri la commissione veneziana, con impegno particolare del giurato francese Catherine Déneuve, ha eseguito il suo diligente compitino "pol-corr.", inventando lì per lì un premio da attribuire.

In una battuta de Il mercante di pietre si dice che in Europa non si trova neppure un cristiano disposto a immolarsi per la propria fede, mentre tutti i musulmani sono disposti a farlo per la propria. È uno dei nodi di Martinelli. L'italiano disposto a immolarsi c'è: questo Vicedomini interpretato da Keitel, solo che si immola per l'Islam, al quale, come detto sopra, si è convertito (un po' "banalmente" in Afghanistan, dove c'era Bin Laden). La fede cristiana, bandita e dimenticata, schiacciata dalla civiltà del consumo, certo non è più quella di Marco da Aviano. Il regista ha dichiarato "la colpa è anche nostra, che abbiamo dimenticato e abiurato, persino redigendo la costituzione d'Europa non si è voluta riconoscere la radice cristiana."
E qui non si tratta di un film, Martinelli ha ragione. Non si tratta neppure di mistica. Il "sentimento umano" del cristianesimo è quello che ha portato progresso e incanto. Qualche esempio: niente Divina commedia e Amleto, niente Rinascimento senza cristianesimo. Poi c'è il rispetto per la vita, l'uomo e la donna con uguali diritti, la società solidale, e molto moltissimo altro, e senza parlare di scienza.

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