Regista e sceneggiatore cinese di grande fama, comunemente accorpato al gruppo di registi cinesi della Sesta Generazione, vale a dire di quei registi post-Anni Novanta che propendono per un uso amatoriale della cinepresa e che trattano temi spesso censurati dal governo cinese. Sfruttando attori e attrici non professionisti e producendo i suoi lungometraggi come se stesse dirigendo un documentario (camera a mano, suono in presa diretta, lunghe scene), Lou Ye spolvera le vecchie nozioni stilistiche del neorealismo italiano e del cinéma vérité per indagare su individualismi contemporanei della vita urbana, che producono disorientamento sociale e senso di ribellione e di insoddisfazione che poi fluiscono nella tensione sociale cinese. Spesso ostacolato dal governo per la scelta di riprendere esplicitamente scene ad alto contenuto sessuale (amplessi, masturbazioni), ma senza essere insistentemente voyeuristico e, nel medesimo tempo, senza fare dell'obiettivo della sua cinepresa un occhio inibito, sfrutta parabole anti-romantiche per raccontare alcuni degli eventi più censurati della storia recente del suo paese, passando, per esempio, dalle occupazioni straniere degli Anni Venti alle tragiche rivolte di Piazza Tienanmen, finendo poi per attraversare le migrazioni forzate verso l'estero e il nuovo capitalismo di stato. Unica sua pecca, secondo alcuni, è il fatto di essere troppo prolisso e di non riuscire a trovare mai un vero e proprio equilibrio narrativo.
Studi e debutto con Weekend Lover
Lou Ye nasce nel 1965 a Shangai, in Cina. Istruito alla Pechino Film Academy, dopo aver lavorato come assistente regista e aver diretto alcuni cortometraggi, nel 1993 realizza il suo primo film Weekend Lover, che verrà però rilasciato nelle sale dopo due anni e non all'interno del circuito cinese (dove non riceve l'autorizzazione per la distribuzione e proiezione per i temi trattati), ma tedesco, attraverso la sua presenza all'International Filmfestival Mannheim-Heidelberg, dove vince il premio Rainer Werber Fassbinder. Dopo questa esperienza, decide di avviare una propria casa di produzione. Nasce così nel 1998 la Dream Factory, co-fondata con Nai An.
Il successo di Suzhou River
Seguirà il neo-noir Suzhou River (2000), che tratta di un pony express che ha come compito quello di portare la figlia di un losco contrabbandiere alcolizzato dalla zia. Il film incontra non poche polemiche in patria, tanto da non ricevere il visto per la distribuzione e proiezione. Allo stesso Lou Ye sarà poi vietato il lavoro di regista per due anni. Malgrado questo, la critica avvicina l'opera del regista, che tratta di un uomo ossessionato da una misteriosa donna, al capolavoro di Alfred Hitchcock La donna che visse due volte, e ottiene anche un importante riconoscimento al Fantasporto e il premio FIPRESCI per l'uso di uno stile documentaristico e realistico all'interno di un genere come quello del thriller.
Purple Butterly
Nel 2003, Lou Ye dirige Purple Butterfly con Zhang Ziyi, ambientato durante gli anni dell'occupazione giapponese di Shangai e che ha al centro della sua storia la durissima vendetta di una donna cinese, membro della Resistenza sotto il nome di battaglia di Purple Butterfly, che assiste all'omicidio di suo fratello da parte di un estremista nipponico, ma che deve però vedersela con il proibito amore che prova per un agente segreto, cui era legata tre anni prima. Fra tradimenti e doppiogiochisti, si va incontro a un sanguinoso finale, che nulla ha da invidiare per pathos a pellicole degli Studios americani.
Gli scandali sessuali di Summer Palace e Spring Fever
Nel 2006, arriva Summer Palace, il drammatico racconto di due amanti, sospesi fra una forte energia sessuale che pervade loro stessi (così come la politica e il bisogno di una nuova ideologia pervade la loro mente), durante il periodo delle proteste del 1989 in piazza Tiananmen. Ovviamente, ancora una volta, Lou Ye si scontra con le autorità cinesi, con il risultato che la pellicola viene vietata perché non rispetta gli standard di qualità audio-visiva imposti dal governo e il regista e il suo produttore sono condannati a cinque anni di divieto di esercitare la loro professione. Lui non se ne preoccupa e dirige di nascosto Spring Fever (2009), che viene presentata alla 62° edizione del Festival di Cannes, ottenendo il premio per la migliore sceneggiatura (firmata da Mei Feng) e che è uno dei suoi film più sessualmente espliciti a causa della lente di ingrandimento attraverso la quale Lou Ye vuole focalizzare un triangolo amoroso, premendo sul tema dell'omosessualità. Con toni cupi che tutto ricordano fuorché una romanticissima e solare primavera, si mostrano i pregiudizi culturali e politici della società cinese, ma anche l'incomunicabilità, il desiderio di solitudine e una passione che rimane repressa e inespressa.
Altri film
Seguiranno fra il 2011 e il 2014, titoli come: Love and Bruises, storia di un'insegnante cinese trasferitasi a Pechino che intreccia una violenta relazione amorosa con un operaio; Mystery, che vince il premio per la migliore sceneggiatura all'Asian Film Awards per aver perfettamente e con creatività raccontato un fallimento matrimoniale culminato in un misterioso fatto di sangue; e Blind Massage, adattamento del romanzo "I Maestri di Tuina" di Bi Feiyu, che tratta di un centro massaggi di Nanjing gestito da non vedenti, sotto le quali mani si presentano uomini dai corpi deformi, ma all'interno del quale una coppia si innamora.
In tv
Televisivamente, nel 1997, ha prodotto il telefilm Super City.
