Titolo originale | Lan Xin Da Ju Yuan |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cina |
Durata | 126 minuti |
Regia di | Lou Ye |
Attori | Li Gong, Tom Wlaschiha, Mark Chao, Pascal Greggory, Joe Odagiri . |
Tag | Da vedere 2019 |
MYmonetro | 3,13 su 11 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 27 settembre 2019
Un'attrice a Shangai scopre il programma dell'attacco a Pearl Arbor.
CONSIGLIATO SÌ
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Shanghai nel 1941 è un luogo isolato e diviso dalla guerra, con le forze giapponesi a occupare tutta la città con l'eccezione degli insediamenti internazionali. A sorpresa, la celebre attrice Jean Yu arriva per recitare in uno spettacolo teatrale diretto da una vecchia fiamma, Tan Na. Anche l'ex marito di Jean si trova a Shanghai, prigioniero dei giapponesi. Mentre il giorno della prima si avvicina, Jean si ritrova a recitare un ruolo fondamentale nelle macchinazioni dei servizi segreti di tre paesi diversi.
Elegante e algido ma con un cuore esplosivo, il noir a tinte belliche del regista cinese Lou Ye combina una classica ambientazione da città spezzata durante la seconda guerra mondiale con un contesto e un fascino extra-europeo che rinvigorisce gli stilemi del genere.
La Shanghai degli anni Quaranta è uno spazio dilaniato, reduce dalla mastodontica battaglia del 1937 che aveva consegnato la città in mani giapponesi dopo una strenua resistenza. Come la Berlino che siamo abituati a vedere in storie simili nel vecchio continente, è un territorio instabile controllato da poteri in tensione l'uno con l'altro. Lou Ye la fotografa superbamente nel suo bianco e nero morbido, che ne accentua il grigiore e ne riduce gli estenuanti contrasti, arrampicandosi sopra la spalla di Gong Li e lanciandosi oltre una vetrata del Cathay Hotel. La poesia del luogo è però, a differenza dei tradizionali ritmi dilatati del noir, elettrizzata dalla scansione temporale: una settimana esatta divide l'arrivo di Jean Yu (Gong Li in un personaggio-matrioska che contiene sfumature e durezze sempre nuove) dal lancio di Saturday Fiction sul palcoscenico del Lyceum Theater, e nel frattempo le incalzanti didascalie temporali salgono inesorabilmente di numero verso l'appuntamento con la Storia: dopo quella settimana di inizio Dicembre del 1941 nulla sarà più lo stesso, tanto in città quanto nel mondo.
Nonostante questo deciso senso di finalità, Teatro Lyceum si prende lo spazio per giocare con i doppi specchi, i codici cifrati, e il grande teatro delle spie. "Sarà l'ultimo ruolo che interpreto" annuncia Jean ai tanti registi che desiderano guidarne i movimenti, dividendosi tra un teatro e un hotel che la macchina da presa esplora con la devozione del grande cinema classico, e con il supporto di un cast che ai nomi europei (il leggendario Pascal Greggory e l'imperturbabile Tom Wlaschiha) aggiunge solidi contributi minori asiatici (in particolare i giapponesi Joe Odagiri e Ayumu Nakajima). C'è molta macchina a spalla nella regia di Lou Ye, anche prima di arrivare a un prolungato e sorprendente finale action; segno di un noir che pur non rinunciando all'atmosfera fa della concitazione il suo tratto fondativo, incalzando i personaggi da vicino ed entrando tra le pieghe dei notevolissimi costumi. Armati di spesse sciarpe e alti baveri, prima ancora che di pistole, gli abitanti di questa Shanghai isolata, caotica e terminale si sentono tutti dietro le quinte, prima della prima, con un sipario pronto ad alzarsi su un mondo nuovo.
Il film in concorso di Lou Ye si manifesta apertamente e sin da principio come un discorso complesso in cui realtà e rappresentazione, verità e finzione si intrecciano a diversi livelli. È innanzitutto il livello della rappresentazione nella rappresentazione - cioè del dramma teatrale concepito da Tan Na, amante dell'attrice Jin Yu - il più evidente, dove l'opera (chiamata anch'essa Saturday Fiction) [...] Vai alla recensione »
C'è un viaggio nella memoria, che è personale prima ancora che storico, dal momento che Ye Lou è figlio di artisti del teatro e quindi la scena del Lyceum di Shanghai, in cui si svolge questo Saturday Fiction, la conosce bene. Non stupisce in tal senso che la rievocazione di un particolare momento "sospeso" della città cinese - nel 1941, invasa dai giapponesi, ma ancora aperta alle concessioni verso [...] Vai alla recensione »
Non è facile districarsi nel noir in bianco e nero firmato dal cinese Lou Ye, che con "Saturday fiction" ci porta nella Shanghai 1941, a ridosso dell'attacco a Pearl Harbor. Qui arriva l'attrice Jean Yu (una Gong Li più spenta del prevedibile), per recitare in città una pièce diretta dal suo ex amante. Ma in realtà lo scopo sembra essere un altro. L'attrice infatti è venuta a conoscenza di informazioni [...] Vai alla recensione »
Il teatro in attività anche durante la guerra, la diva idolatrata allevata allo spionaggio e alla mira perfetta, falsi specchi che nascondono spie, la decodificazioni di messaggi segreti: ci sono tutte le caratteristiche del noir in Saturday Fiction di Lou Ye, in concorso. E dietro gli specchi e le vetrate che affacciano su una Shanghai degli anni quaranta, si può leggere uno dei periodi storici più [...] Vai alla recensione »
Il concorso di Venezia ristagna un po', dopo i fuochi d'artificio dei primi giorni. Gong Li, premiata come migliore attrice nel 1992 per La storia di Qiu Jou, torna al Lido con Saturday fiction, film di spionaggio, tinto di mélo e ambientato alla vigilia di Pearl Harbor. Siamo a Shangai, dominata dai giapponesi ma con zone assegnate alle potenze internazionali.
Di fronte a un film che - anche grazie anche alla naturalezza degli interpreti, fra cui l'inedita Eliza Scanien - procura una così profonda emozione, il pur suggestivo Lanxin Dajuyuan (Saturday Fiction) del cineasta cinese Lou Ye, abituale ospite dei festival, denuncia tutta la sua natura formale. Nella Shanghai del dicembre 1941, «isola solitaria» in procinto di venire militarmente occupata dai giapponesi, [...] Vai alla recensione »
Due melò, ieri in Concorso. In «Saturday Fiction» di Lou Ye, il lato sentimentale si mescola con la spy-story in una storia che mette a fuoco il destino di vari personaggi, frullando realtà e finzione (del palcoscenico). Ne è protagonista la diva Jean Yu (una sempre splendida Gong Li, musa di Zhang Yimou) nella Shangai del dicembre 1941, in cui le potenze mondiali muovono le loro pedine con frenesia [...] Vai alla recensione »
"Qiu Ju sei tornata". "Mi spiace, non sono Qiu Ju". Il cortocircuito tra Storia e finzione è già nei primissimi istanti di Lan Xin Da Ju Yuan (Saturday Fiction), straordinario mélo noir diretto da Lou Ye e in gara alla 76ma Mostra di Venezia. Gong Li, che proprio a Venezia nel '92 vinse la Coppa Volpi con La storia di Qiu Ju di Zhang Yimou, è Jean Yu, celebre attrice che all'inizio del dicembre 1941 [...] Vai alla recensione »
1941. La Shanghai occupata dai giapponesi è un nido di spie: chi sta dalla parte degli Alleati, chi fiancheggia le potenze dell'Asse, chi persegue interessi personali, chi fa il doppio gioco. Fra queste anche la diva Jean Yu, attrice tanto sul palco quanto nella vita, i cui scopi si confondono in un labirinto di affetti (l'ex marito, l'amante, il padre adottivo) e strategie di spionaggio.
1941: sin dall'occupazione giapponese, la Cina è terreno di una guerra di intelligence tra gli Alleati e le potenze dell'Asse. La celebre attrice Jean Yu ritorna a Shanghai, apparentemente per recitare in Saturday Fiction, diretta dal suo ex amante. Ma qual è il suo vero scopo? Liberare l'ex marito? Carpire informazioni segrete per le forze alleate? Lavorare per il padre adottivo? O fuggire dalla guerra [...] Vai alla recensione »