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Bong Joon-ho

Bong Joon-ho è un attore sudcoreano, regista, produttore, produttore esecutivo, scrittore, sceneggiatore, è nato il 14 settembre 1969 a Daegu (Corea del sud).
Nel 2020 ha ricevuto il premio come miglior sceneggiatura originale al BAFTA per il film Parasite. Dal 2003 al 2020 Bong Joon-ho ha vinto 7 premi: BAFTA (2020), Critics Choice Award (2020), NSFC Awards (2020), Premio Oscar (2020), Torino Film Festival (2003), Writers Guild Awards (2020). Bong Joon-ho ha oggi 54 anni ed è del segno zodiacale Vergine.

Una sociologia dall'impronta filmica

A cura di Fabio Secchi Frau

È il narratore che, con singolare maestria, ha portato in Corea del Sud, e poi nel mondo, moderne fiabe nere.
L'Academy lo ha celebrato nel 2020, quando ha premiato la storia della famiglia Park, immagine di vanitosa ricchezza, e della famiglia Kim, ricca invece d'astuzia, ma non di molto altro! Lo sviluppo di un destino avverso e di una volontà opportunistica che uniscono questi due nuclei familiari, dando al più povero l'opportunità d'oro di vivere dei riflessi del lusso del più agiato, gli ha permesso di scandire un pensato doppio gioco, creatosi all'interno di relazione simbiotica. Relazione che, a tempo debito, sarà minacciata nella sua confortante dimensione, da una selvaggia e subdola battaglia per il dominio di quel fragile e organico equilibrio domestico, rompendo definitivamente l'omeostasi creata.
Parasite, titolo azzeccatissimo, ha definitivamente inserito Bong Joon-ho tra i migliori registi sudcoreani in circolazione (a fargli compagnia ci sono Park Chan-wook, Kim Jee-woon), ma già The Host (2006), Madre (2009) e Snowpiercer (2013) rappresentavano splendidamente il suo psicopatico e misterioso viaggio nelle viscere della sopravvivenza, mischiata a una vasta gamma di generi (horror, fantascienza post-apocalittica, thriller, dramma).
Dirigendo talentuosi e camaleontici attori coreani e non (Song Kang-ho, Go Ah-sung, Tilda Swinton, John Hurt), Bong Joon-ho ha messo enfasi sulla crescita emotiva di una pellicola, nella quale la violenza (anche quotidiana) è sempre sorprendentemente intensa ed espressa con uno stile di ripresa tecnologicamente avanzato e raffinato. Amante degli estremi, ramificati nella parte visiva, sonora e scritta, ha respirato a pieni polmoni opere americane Anni Settanta (in particolare quelle di John Schlesinger) ed è stato molto attento alle lezioni di cinema di Alfred Hitchcock, soprattutto quelle contenute in capolavori come Psyco, Intrigo Internazionale e L'altro uomo. Forte dei suoi studi sociologici universitari, ha scelto come oggetto d'indagine la società, questo grandissimo teatro vivente e dinamico, all'interno del quale classi, istituzioni e norme sociali sono un fertile terreno per ciò che percepiva e voleva restituire allo spettatore: le sfumate descrizioni tra chi ha il controllo e chi invece lo subisce (soprattutto in ambito familiare); il misticismo intorno a una rigida organizzazione sociale; la potenza delle corporazioni; l'emarginazione e tanto altro ancora. Sono queste le importanti e necessarie riflessioni culturali, affini alla persona di Bong Joon-ho, che diventano corpo e sangue della sua filmografia.

Studi
Bong Joon-ho nasce a Taegu il 14 settembre 1969. Figlio minore (tra due maschi e due femmine) di un designer e pittore e di una casalinga, ha per nonno materno lo scrittore Park Taewon.
Cresce quindi in un ambiente molto intellettuale e intriso di cultura. Sarà proprio questa stimolante aria familiare a portare suo fratello maggiore Junsu a diventare professore di letteratura inglese alla Seul Nationa University e sua sorella minore a diventare stilista e docente di moda alla Yonsung University, mentre lui si appassionerà al cinema, rimanendo sveglio fino a tarda notte pur di guardare la rete AFKN, che trasmetteva (all'epoca) produzioni americani per militari di stanza in Corea. Rimane sconvolto da Un uomo da marciapiede e comincia a preferire film incentrati sul sesso e sulla violenza (elementi che non si potevano inserire all'interno del cinema coreano). Lentamente, la sua attenzione si sposta verso registi come John Carpenter e Brian De Palma, ma nonostante questa grande passione e una impressionante voracità filmica, non frequenta alcun corso di regia all'università, ma si laurea invece in sociologia alla Yonsei University alla fine degli Anni Ottanta. Come membro di vari club cinematografici, analizza ogni film a partire dal suo ambito di studi. Edward Yang, Hou Hsiao-hsien e Shhei Imamura non hanno segreti per lui.
Solo all'inizio degli Anni Novanta, si decide a frequentare un corso di due anni presso la Korean Film Academy e comincia a realizzare cortometraggi da 16 mm. Il suo breve debutto dietro una cinepresa è Peureimsogui gieokdeul del 1993. In più, lavora sporadicamente anche come direttore della fotografia e assistente di regia, nonché collaboratore di altri registi come Jang Jun-hwan.
Dopo essersi laureato, partecipa a vari film collettivi e aggiunge al suo curriculum il lavoro di sceneggiatore per Park Ki-yong (Motel Cactus, 1997).

Un esordio da flop
Grazie al produttore Cha Seoung-jae, realizza il suo primo lungometraggio, Flandersui gae (2000), una commedia su un cane scomparso in un complesso di appartamenti. Purtroppo, la pellicola non ha suscitato l'interesse per il pubblico, nonostante le valutazioni della critica fossero positive. Fu solo grazie a un passaparola tra i vari festival internazionali che miracolosamente rientrò nei costi di produzione, aggiungendo alle entrate nazionali quelle estere. Il suo secondo film, l'inquietante Memorie di un assassino - Memories of Murder, è invece un progetto molto più ampio e pensato, incentrato su un serial killer che terrorizza un villaggio rurale degli Anni Ottanta. Oscuro, strabordante di sofferenza, ansie, cattivi pensieri e fantasmi del contemporaneo, finanziato senza grossi problemi, ha un apprezzamento immediato sotto tutti i fronti.

Mostri, assassini e treni senza meta
Da allora, Bong ha avuto il tempo di collaborare ad altre opere collettive, soprattutto con autori come Gakury Ishii. Nel frattempo, presenta nella sezione Quinzaine des Realisateurs di Cannes 2006, il suo primo film ad alto budget (circa 11 milioni di euro) The Host, che racconta la lotta tra una strana creatura, che vive in nel fium Han a Seul, e una famiglia cui ha portato via uno dei membri più deboli. Si tratta di una commedia nera mascherata da horror, che vuole però fondere assieme la critica sociale e la satira. Grandissimo successo al botteghino, ha avuto un importante e significativo riscontro anche negli altri stati, nonostanti alcuni problemi di ritmo.
Nel 2008, presenta con i francesi Michel Gondry e Leos Carax al Festival Internazionale di Cannes Tôkyô! firmando il grottesco segmento "Hikikomori", che descrive la storia di un hikikomori (un ragazzo che ha scelto di ritirarsi dalla vita sociale, in un estremo livello di isolamento e confinamento) innamorato di una ragazza che consegna pizze. Arriva poi Madre, che racconta la storia di una donna che lotta per salvare il figlio disabile da accuse di omicidio. Anche qui, il regista dirige una rapsodia sociale sull'assurdità e la follia degli uomini, elogiata da più parti.
Nel 2013, facendosi coraggio e superando i confini linguistici, realizza Snowpiercer, il suo primo film in lingua inglese, basato sulla graphic novel francese di Jean-Marc Rochette e Jacques Lob "Le Transperceneige". Una visionaria e crativa opera su un treno lunghissimo che viaggia senza sosta da anni, in una nuova era glaciale. La divisione per classi e servizi nei vagoni porterà a una rivolta che è la metaforica rappresentazione del violento superamento del divario e della discriminazione sociale. Indubbiamente, è uno dei film nei quali lo stile di questo autore si fa più palese. Plasticità, ritmo, sequenze che si susseguono come fossero una virtuosistica coreografia. Il tutto baciato da un trasgressivo pessimismo sempre spettacolare che tiene incollati alla poltrona.

Lo scandalo Okja
Non senza polemica, presenta poi a Cannes il contestatissimo Okja, che ebbe l'onta di essere rilasciato sulla piattaforma Netflix, invece che nelle sale. Nonostante le polemiche, la storia di una bambina che vuole salvare il suo animale "domestico" da laboratorio dalla macellazione, ottiene una standing ovation di quattro minuti e viene descritto come un miracolo di immaginazione nella sostanza e di abilità nella tecnica. La critica al capitalismo si fa più forte, la mania delle OGM imperversa in ogni dialogo prendendosi a braccetto con l'ossessivo marketing cui siamo esposti continuamente. La mano però si fa più leggera, quasi favolistica, anche per quanto riguarda la regia.

Un film da Oscar e da record
Finalmente, nel 2019, firma quello che viene considerato il suo capolavoro, Parasite. Una delle più interessanti meditazioni sul divario tra ricchi e poveri. Vincitore della Palma d'Oro, diventa il primo film in lingua straniera a vincere un Oscar come miglior film, mentre Bong Joon-ho ottiene il premio per la migliore sceneggiatura originale (scritta appositamente pensando al suo attore feticcio Song Kang-ho) e per la migliore regia. Amplificato, indipendente, emotivo, è il vero film dell'anno. Il tono beffardo, la carica buffonesca e i colpi di scena pretendono e ottendono di sorprendere lo spettatore, che non si accorge di un intestino lavoro di scavo nei propri vizi e difetti che, per diffusione, vengono estesi fino a quelli della sua famiglia.

Vita personale
Bong Joon-ho è sposato con la sceneggiatrice Jeong Sun-young e ha un figlio, Bong Hyo-min, anche lui regista.

Ultimi film

Drammatico, (Corea del sud - 2019), 132 min.
Azione, (Corea del sud, USA, Francia - 2013), 126 min.
Drammatico, (Corea del sud - 2009), 128 min.

Focus

CELEBRITIES
lunedì 10 febbraio 2020
Fabio Secchi Frau

È il narratore che, con singolare maestria, ha portato in Corea del Sud, e poi nel mondo, moderne fiabe nere. L'Academy lo ha celebrato nel 2020, quando ha premiato la storia della famiglia Park, immagine di vanitosa ricchezza, e della famiglia Kim, ricca invece d'astuzia, ma non di molto altro! Lo sviluppo di un destino avverso e di una volontà opportunistica che uniscono questi due nuclei familiari, dando al più povero l'opportunità d'oro di vivere dei riflessi del lusso del più agiato, gli ha permesso di scandire un pensato doppio gioco, creatosi all'interno di relazione simbiotica

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