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Una sola madre, una sola vita. Tallulah è ora su Netflix


di Marco Chiani

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venerdì 29 luglio 2016 - Netflix

Di filiazioni affettive ne è pieno il cinema. Sarebbe sufficiente pensare a Charlot con il monello seduto accanto per capire quanto l'essere genitori sul grande schermo abbia a che fare più con il cuore che con i legami di sangue veri e propri.

Arriva oggi da Netflix, dopo un fortunato passaggio al Sundance Film Festival, quel Tallulah che si fregia di una Ellen Page al massimo delle sue dolce-amare forze interpretative.
Marco Chiani

Sull'argomento, il lungometraggio diretto da Sian Heder, già sceneggiatrice della serie-fiore all'occhiello del colosso americano Orange Is the New Black, dice orgogliosamente la sua, mettendo in circolo riflessioni non convenzionali e incastri d'affetto piuttosto ad effetto.


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Una femminilità assoluta e sfaccettata

Alla base di questo film di donne che soprattutto gli uomini farebbero meglio a guardare, anche con una certa attenzione, c'è un corto tutto al femminile che si chiama nientemeno che Mother.

Che lo script e la regia di questo lungometraggio spin-off appartengano sempre ad un'autrice piuttosto che ad un autore è chiaro da subito: in Tallulah, infatti, non si sente quella solidarietà verso l'altra metà del cielo propria dei ritratti dei "registi di donne", che si chiamino Pedro, magari Ingmar o, ancora prima, George e Douglas.
Marco Chiani

Qui non si parteggia né si prendono le difese di, semplicemente si mette in scena una femminilità assoluta e sfaccettata attraverso una storia di ragazze, donne e madri mancate, sbagliate, mai così lontane dalla conciliazione, stanche, arrabbiate, ma ancora disposte a mettersi in gioco (insomma più "Non sono una signora" che "Quello che le donne non dicono").


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Page, Janney e il "mood Sundance"

E proprio così è Tallulah, detta Lu, una ragazza che vivacchia alla giornata, facendo base su un camper che le permette di mantenere quella desiderata indipendenza non di rado messa a rischio dalle esigenze base di ognuno. Senzatetto o meno che sia. Alla ricerca di qualcosa da mangiare in un hotel, Lu viene scambiata per una babysitter da Carolyn, donna agiata e libertina, reduce da un festino e totalmente incapace di badare alla piccola Madison, di poco più di un anno d'età. Bastano pochi momenti perché il senso materno che per niente appartiene alla madre naturale sgorghi, sempre naturalmente, proprio da Lu.

Al di là di una squadra d'attori in cui si muovono anche Tammy Blanchard, Zachary Quinto, John Benjamin Hickey e Uzo Aduba, il centro d'ogni cosa, com'è ovvio, sta nei rimpiatti tra Ellen Page e Allison Janney, ormai rodatissime dopo Juno e Touchy Feely, quasi due sacerdotesse di quel mood Sundance Film Festival a cui anche Tallulah appartiene di diritto.
Marco Chiani

Certo è che con la vita che conduce anche la giovane donna si trovi a dover cercare un adulto davvero responsabile, qualcuno, anzi qualcuna, in grado di darle veramente una mano. La trova in Margo, la mamma del suo ex ragazzo, alla quale fa credere che Madison sia sua nipote; intanto la polizia, che alle leggi del cuore per statuto deve preferire quelle di stato, si mette sulle sue tracce per riportare a casa, qualunque essa sia, la bambina.


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