Siamo qui per provare

Roma, giugno 2020. L'attrice Daria Deflorian si sposa e il suo partner di scena Antonio Tagliarini le fa da testimone. Per anni hanno abitato nello stesso stabile, a Roma e dopo il matrimonio, Daria cambierà casa, alterando il loro rapporto consolidato di complementarietà, spostandone l'equilibrio, dopo le difficoltà comuni dell'isolamento pandemico. Appena è possibile, con la loro compagnia (Deflorian/Tagliarini), Daria e Antonio iniziano le prove di uno studio ispirato a Ginger e Fred di Federico Fellini. La macchina da presa li segue a distanza molto ravvicinata nella preparazione dello spettacolo e anche fuori dallo spazio teatrale. Il pedinamento del loro lavoro di registi, drammaturghi e interpreti, impalpabile, fragile, soggetto a continui cambiamenti, si fa affascinante materia di racconto tanto quanto le attese, i loro confronti anche accesi, le tensioni attorno al tempo per provare, che sembra non bastare mai. 

Siamo qui per provare è la terza parte di un trittico che comprende la performance Sovrimpressioni, a sua volta collegata allo spettacolo Avremo ancora l'occasione di ballare insieme (quello che il film documenta, a partire dalle prove di tip tap).

Come spesso accade nel lavoro di Deflorian e Tagliarini, la compagnia dedica al suo oggetto di indagine più di uno studio: è già successo, con il lavoro su Michelangelo Antonioni, che ha dato vita a Scavi e Quasi niente. Avremo ancora l'occasione di ballare insieme, che ha debuttato al Teatro Argentina di Roma il 12 ottobre 2021, parte da Fellini per sezionarlo, incorporarlo e rielaborarlo, sulla base di una conoscenza maniacale, per suggestioni. Non solo attraverso quel teatro di parola così cesellato e incantatore per cui si sono fatti conoscere e apprezzare, ma qui sfruttando a pieno lo spunto del movimento, del linguaggio della danza (Giulietta Masina e Marcello Mastroianni nell'originale felliniano del 1985), così frustrato durante l'interruzione forzata della socialità.

A partire da un soggetto di Deflorian e Tagliarini, con la collaborazione di Barbara Iannarilli, il film è al tempo stesso il racconto di come lo spettacolo sia uno modo per i due protagonisti di "riallinearsi", proseguendo nella ostinata, certosina ricerca del senso in ogni motto e azione. Una testimonianza pulsante e insieme lieve della complementarità dialettica della coppia, della loro intesa creativa.  

A documentare con tocco sensibile ciò che è arduo spiegare in una recensione, perché di per sé imprendibile ed effimero come la preparazione di uno spettacolo teatrale, sono Greta De Lazzaris e Jacopo Quadri: lei già direttrice della fotografia di documentari come L'orchestra di Piazza Vittorio di Agostino Ferrente e Liberami di Federica Di Giacomo; lui principe del montaggio italiano (tra Bernardo Bertolucci, Mario Martone, Paolo Virzì, Gianfranco Rosi) e regista particolarmente attento alla pratica teatrale, nonché direttore dal 2013 di Ubulibri (che qui coproduce con Rai Cinema). La loro non è né cronaca pedissequa né celebrazione, ma operazione metateatrale nelle premesse che si rivela progressivamente un gesto di libertà.

Con un titolo che è già un manifesto esistenziale, Siamo qui per provare, si offre come un segno, un lampo di vita, una traccia intenzionale che tenga memoria del buio intravisto e respinto. Rispecchiando il lavoro degli autori, ciò che il film ribadisce ad ogni scena, soprattutto nella sequenza finale con Monica Demuru, seduta su una panchina intenta a descrivere con gusto la vita che le scorre attorno, è che si può far teatro con tutto, anche con pochissimo, e che tutto è teatro. 