Daphne

Film 2017 | Commedia +13 88 min.

Regia di Peter Mackie Burns. Un film Da vedere 2017 con Emily Beecham, Geraldine James, Tom Vaughan-Lawlor, Nathaniel Martello-White. Cast completo Titolo originale: Daphne. Genere Commedia - Gran Bretagna, 2017, durata 88 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 - MYmonetro 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 1 dicembre 2017

Daphne ha trent'anni e vive a Londra. Lavora come cuoca, ha una vita sessuale disinibita e un rapporto tormentato con la mamma. Un giorno, però, un avvenimento casuale cambia ogni cosa. Il film è stato premiato a Torino Film Festival,

Consigliato sì!
3,25/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
Un ginger speziato con una traccia di cattiveria dissimulato dallo charme sofisticato di Emily Beecham.
Recensione di Marzia Gandolfi
venerdì 1 dicembre 2017
Recensione di Marzia Gandolfi
venerdì 1 dicembre 2017

Daphne ha capelli rossi e anni ardenti che spende facendo sesso con gli sconosciuti e bevendo troppo, di tutto. Una notte, durante una rapina in un drugstore, assiste all'aggressione di un uomo che soccorre e poi archivia come i bicchieri e gli amanti occasionali. Fatta la deposizione in centrale, una poliziotta la informa che ha diritto all'assistenza psicologica. Daphne ci pensa su e poi decide di incontrare un terapista. Ma rielaborare i traumi non fa per lei, il matto è lui e se ne va. Fuori, in giro a tirare coca, a insultare i colleghi, a respingere la madre, Joe che la ama e David che vorrebbe solo conoscerla.

Tra la lettura di Slavoj Žižek e una sbronza colossale in pieno giorno, Daphne decide alla fine di darsi una possibilità e di darne una al mondo.

Sola con tutti. L'espressione, rubata a una poesia di Charles Bukowski, si applica così bene alla Daphne del titolo che la diremmo inventata per lei. In quel testo tranchant, dove le donne spaccano vasi contro il muro e gli uomini bevono troppo, tutto il vuoto interiore del personaggio incarnato da Emily Beecham prende forma. In quella maniera di trascinarsi di letto in letto, senza sapere nemmeno lei il perché, senza sapere quello che cerca, quello che le manca.
Daphne è sola con tutti. Daphne è sola nel mezzo del mondo, dalla prima scena. È inceppata, chiusa dall'interno, incapace di nutrire delle relazioni o anche solo di stringere una mano senza imbarazzarsi. A volte abbagliante, sovente perduta. Piena di una saggezza a pezzetti, avanza lungo i marciapiedi di Londra ma fuori dal mondo in cui vive, assorta e subito dopo pronta a sedurre il prossimo amante. Sua madre, malata di cancro, è la sua famiglia e occupa un posto periferico. Tutto quello che per gli altri è intimo, per Daphne è soltanto una tappa tra le altre nella sua erranza quotidiana. Un costume, certamente non il più entusiasmante, quello di figlia che indossa con goffaggine e poca convinzione.
Eppure sono numerosi quelli che sperano di penetrare l'inespugnabile fortezza di malinconia in cui ripara come un "magro gatto randagio". David amerebbe esserle amico, Joe invece vorrebbe amarla senza moderazione, condividendo col formaggio francese un po' della sua insoddisfazione. Ciascuno a suo turno si approccia al suo mistero senza arrivare mai a raggiungerlo.

Diretta da Peter Mackie Burns, Emily Beecham fa parte di quelle attrici che catturano naturalmente lo spirito della loro epoca, imponendo una nuova maniera di stare al mondo, spargendo un'energia che seduce e converte. Barricata in se stessa come meccanismo di difesa contro l'universo, questa rossa nonchalante non esprime emozioni, come se la sua identità si fosse da tempo dissolta nell'alcool e nelle bugie esagerate che ripete come un mantra a ogni incontro. Ma Daphne non si vede come vittima e il film non la tratta come tale. Soffre un po' con lei, certo, perché sotto la vernice del cinismo la guerra con se stessa è feroce e i colpi che si infligge qualche volta troppo duri.
Lo sguardo del regista l'accompagna discreto, lungo l'arco narrativo ed esistenziale della sua evoluzione. Come il suo serpente, Daphne cambia pelle, diventa una persona vera, non senza dolore, non senza ferite, non senza lutto. Per misurali, Peter Mackie Burns sceglie l'espediente traumatico, un evento negativo che la disorienta e cortocircuita il suo pregiudizio sull'amore e le relazioni affettive. Eroina in fuga di Ariosto, un grande dolore l'ha levata (forse) di sentimento e precipitata in un mondo di cui tira a indovinare l'essenza. Soccorrere un uomo accoltellato la costringe alla ricerca di una prossimità, una forma d'intimità divenuta inaccessibile per lei a forza menzogne. Il film lascia che quella dimensione critica galleggi sospesa senza approfondirla fino alla cena che drammatizza il trauma e la seduta che lo ripensa.
Più lontana dall'abisso, Daphne evita la trappola del cinismo e afferra la sua chance. Soltanto un po' meno sola, soltanto un po' meno cattiva. Perché c'è una traccia di cattiveria nel ginger speziato di Peter Mackie Burns ed è tutto dissimulato dallo charme sofisticato di Emily Beecham, ambigua e toccante in quella maniera di far soffrire senza volerlo o nemmeno concepirlo. Quella banalità del male, così contemporanea.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
venerdì 8 dicembre 2017
gianleo67

La 31enne Daphne Vitale conduce una vita libera e sregolata: il giorno al lavoro in un pub con un capo che la assedia con tenera discrezione, la notte in libera uscita per South London tra alcool, droga e sesso occasionale. La sua apparente indolenza sentimentale maschera in realtà l'angoscia per la malattia di una madre con cui ha un rapporto conflittuale ed una fragilità emotiva che fatica ad accettare. [...] Vai alla recensione »

winner
miglior attrice
Torino Film Festival
2017
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