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Il corpo è denaro, firmato Cronenberg

Cosmopolis, tra Karl e Groucho Marx.
di Roy Menarini

In foto Robert Pattinson in una scena del film.
Robert Pattinson (37 anni) 13 maggio 1986, Londra (Gran Bretagna) - Toro. Interpreta Eric Packer nel film di David Cronenberg Cosmopolis.

domenica 27 maggio 2012 - Approfondimenti

Ci vorrà tempo, per comprendere e analizzare al meglio Cosmopolis. Non è un film di cui si possano esaurire simboli e riferimenti nei giorni e nelle settimane durante le quali si trova in sala. Ciò non significa, tuttavia, che si debbano deporre le armi critiche. Anzi, dalla sua presentazione a Cannes e nelle ore immediatamente successive, sono già parecchie le testate storiche della cinefilia che si stanno interrogando sul senso profondo dell’opera di Cronenberg, da tutti considerata ermetica, oscura ma al tempo stesso selvaggia, sarcastica e fascinosa.
Qui ci accontentiamo di alcune considerazioni. Anzitutto il lavoro di trasposizione dal romanzo omonimo di Don DeLillo, a parere di chi scrive un episodio minore della sua straordinaria carriera, che nelle mani di Cronenberg – che torna a sceneggiare da solo, in prima persona, dopo parecchio tempo – diviene opus magnum sulla contemporaneità. Come agisce il regista canadese? Adattando fedelmente quanto più non si potrebbe i dialoghi, e densificando invece tutta la dimensione visiva, che nel romanzo appariva farraginosa e debitrice di una fantascienza sociologica di maniera. La New York di inizio Duemila è trasportata alla Grande Mela di oggi, i problemi con la moneta giapponese diventano il caos della Borsa cinese, i sobbollimenti delle masse no global si trasformano nel landscape metropolitano ai tempi di Occupy. I dialoghi prendono il centro drammaturgico del film, tanto da farne una specie di geniale adattamento teatrale di un testo non teatrale, in un corto circuito formidabile, tipico delle ultime prove di Cronenberg. La conferma viene appunto dalla dimensione verbale dell’universo di Cosmopolis – il che non significa che Cronenberg abbia ignorato l’aspetto iconografico (anzi, il look del film, a metà tra Crash ed eXistenZ, con soluzioni cromatiche hitchcockiane e l’interno limousine che sembra un utero cibernetico, lascia stupefatti); il rilievo della parola, nevrotica, delirante, fatta di domande più che di risposte, segna una chiara relazione con A Dangerous Method. Quello era un film sull’inizio del ‘900 e questo sull’inizio dei Duemila. Quello ci raccontava la nascita della psicanalisi, dell’uomo contemporaneo e del cinema; questo ci narra la fine di quella civiltà e la catastrofe del capitalismo. Quello era un film in costume, ricco e raffinato; questo è un film indipendente, girato in poco tempo e a costi contenuti. Eppure, chiaramente, la gemellarità di questi due titoli “inseparabili” si impone come dittico, soprattutto attraverso l’ironia.
Già A Dangerous Method possedeva un lato di gag glaciali e sotterranee tra Freud e Jung. Qui, dove si discetta di capitalismo e crisi, Karl Marx sembra trascolorare in Groucho (un logorroico, guarda caso) e la torta in faccia, le scenette quasi slapstick fuori dal finestrino dell’auto, il catalogo di ospiti bislacchi nella limousine del ricco protagonista lasciano pochi dubbi. In fondo, come spiega la sequenza finale, l’andamento della moneta segue le asimmetrie dell’anatomia umana. Tutto è corpo, secondo l’antico cantore della nuova carne, Cronenberg, anche se da qualche anno pare interessato, con ghigno brechtiano, a riscrivere la storia psicologica dell’uomo moderno occidentale.

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