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Venezia 2010: Noi credevamo di Mario Martone

Il regista napoletano presenta il suo film storico sul Risorgimento italiano.
di Luca Volpe

Un progetto impegnativo
Guido Caprino (51 anni) 3 gennaio 1973, Taormina (Italia) - Capricorno. Interpreta Felice Orsini nel film di Mario Martone Noi credevamo.

martedì 7 settembre 2010 - Approfondimenti

Un progetto impegnativo
Mario Martone viene accolto in sala da applausi scroscianti che sfociano presto in una vera standing ovation. È questa l'immagine che apre la conferenza stampa di presentazione del kolossal Noi Credevamo, film tratto dall'omonimo romanzo di Anna Banti in concorso per il Leone d'Oro alla 67. Mostra del Cinema di Venezia.
Il regista napoletano si presenta in compagnia di buona parte del cast. Le domande, però, sono quasi tutte per lui. Martone parla della sua idea di fare un film sul Risorgimento italiano. Un progetto impegnativo, non solo per la durata (tre ore e venti minuti), ma anche perché – come evidenzia in apertura di conferenza lo sceneggiatore Giancarlo De Cataldo – "il nostro Risorgimento è stata una sfida e un'avventura. Siamo di fronte a due opposte retoriche: una lo vuole come la storia di tanti eroi giovani e belli pronti a versare il sangue per l'unità d'Italia […] Un'altra la vede come una truffa ai danni degli italiani che adoravano gli staterelli da cui dipendevano, gli austriaci e il Papa".

Un film storico
L'idea – spiega il regista – era di fare un film storico, che non guardasse all'attualità ma inducesse lo spettatore a farlo: "I contenuti derivano dalle lettere dei personaggi storici. Il film vuole […] mettere il pubblico in condizione di creare un legame con il presente. Noi non strizziamo l'occhio all'attualità, e lo dimostra il fatto che gli attori hanno lavorato parecchio per riuscire ad usare bene il linguaggio dell'ottocento". Lo stesso discorso – a sentire Martone – vale anche per lo stile della direzione, da qualcuno definito troppo "televisivo": "Non sentiamo nessun bisogno di alludere a uno stile moderno per modernizzare la vicenda. Non abbiamo sentito il bisogno di ricorrere a questi trucchetti".
Impegnativa è anche la scelta di non approfondire alcuni temi – come il brigantaggio a Napoli – sicuramente meritevoli di attenzione. Il film – ha spiegato Martone – deve fare necessariamente delle scelte radicali: "[Esso] non vuole considerare il Risorgimento nel suo complesso, perché si tratta di un momento troppo complesso". "Noi" continua "abbiamo voluto accendere delle luci su delle zone buie e abbiamo guardato soprattutto a quattro episodi. Abbiamo scelto dei punti precisi per poterli sviscerare fino in fondo".

Gli intrecci con la cronaca recente
I quattro episodi su cui si snoda il film, che corrispondono ad altrettanti momenti del Risorgimento, vedono protagonisti tre giovani cospiratori e rivoluzionari: Domenico (interpretato da un eccellente Luigi Lo Cascio), Angelo (Valerio Binasco) e Salvatore (Luigi Pisani). È attraverso le loro vicende, i loro dubbi e le loro preoccupazioni che Martone prova a raccontare l'Italia di quegli anni. Il tutto è costantemente accompagnato dagli scontri tra i “padri della patria” e dall’insanabile frattura tra Settentrione e Meridione del paese.
Temi, questi, che richiamano inevitabilmente i recenti contrasti tra esponenti politici ed istituzionali (su cui si pronuncia Luca Barbareschi, che nel film veste i panni di Antonio Gallenga) e il tragico omicidio di Angelo Vassallo, sindaco ecologista di Pollica, nel salernitano: "È stato per me un brutto colpo" ha affermato Martone "Vassallo ha dato un importante contributo al film. Abbiamo girato molte scene nel comune di Pollica. Il Cilento non era ancora stato toccato da quel tipo di violenza che affligge il Sud. Il fatto che Pollica sia adesso protagonista di questo episodio ci deve far capire che non possiamo più stare fermi a guardare".
Anna Banti, nel suo romanzo, parlava di un'Italia "gretta, superba e assassina". Era l'Italia del 1862 e dell'Aspramonte. Tuttavia – conclude Martone – quell'Italia si è in seguito riproposta più volte e ancora adesso ne abbiamo traccia. È il perenne dualismo tra coloro che vogliono costruire un'Italia migliore e coloro che vogliono instaurare invece una sorta di autoritarismo".

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