Le grandi aspettative a cui Clint Eastwood ha abituato con i suoi precedenti lungometraggi sono state purtroppo deluse con "Hereafter".
Il tema portante del film sarebbe stato vincente se soltanto affrontato in maniera più organica; le vicende dei tre protagonisti infatti (il sensitivo/operaio Matt Damon, la scrittrice/presentatrice Cécile De France e George McLaren, il ragazzino "orfano") son amalgamate grossolanamente, così soggette alla casualità degli eventi da risultare poco credibili. E' ammirevole la cura di alcuni particolari come ad esempio la meticolosità descrittiva della vita domestica dei gemelli con la madre tossicodipendente o la scena della ricerca di documentazione all'interno della casa di riposo, ma non sufficiente a togliere la sensazione di disarticolato che si avverte tra le tre vicende. Il film appare “spezzato e attaccato” in certi momenti, creando così anche delle discronie temporali.
L'interpretazione degli attori così ben sfumata, ottima per Matt Damon che appare cresciuto, le musiche e gli effetti speciali che accompagnano la pellicola non bastano a mantenere alto il livello d'attenzione dello spettatore. La trama, inoltre, risulta alquanto prevedibile, probabilmente a causa del vincolo posto dal "vitale" lieto fine, non troppo in antitesi con gli speranzosi spiragli di vita e di dopo-vita che accompagnano queste avventure.
La “novità” dell’argomento lo rende un film da vedere, riuscendo a rimaner ben lontano dal genere horror, ma non con eccesive aspettative… forse questa volta Clint s’è voluto spingere troppo, magari abbagliato dagli incassi che un film così “limite” per l’argomento ma commerciale per l’esposizione prospettava; probabilmente se avesse intrecciato la narrazione di solo due delle storie curando di più e in maniera totalitaria ciascuna delle stesse, ma soprattutto collegandole meglio la pellicola ne avrebbe guadagnato.
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