marinosassi
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sabato 28 giugno 2008
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occasione mancata
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Premesso che magari di film cosi ce ne fossero di più in giro,premesso che trarre un film dal libro di Saviano non è una passeggiata,premesso che ci si augura che dal seme di Saviano fioriscano altri fiori:questo film è decisamente un occasione mancata...
Magari uno si aspettava che il film "spiegasse" perchè una terra da felice ,nei secoli si è trasformata in tragicamente infelice?
Certo questo è chiedere troppo ai film dei giorni nostri,molto più facile prendere alcuni episodi di un fortunato libro e portarli sullo schermo con una fascinosa fotografia e con attori efficaci.
Ma questi episodi,questi fatti ben raccontati sono completamente slegati dal territorio,sembra che questi delinquenti vivano in una provincia a sè,
senza nessun legame con le popolazioni campane, che o non ci sono,o sono tutti camorriste.
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Premesso che magari di film cosi ce ne fossero di più in giro,premesso che trarre un film dal libro di Saviano non è una passeggiata,premesso che ci si augura che dal seme di Saviano fioriscano altri fiori:questo film è decisamente un occasione mancata...
Magari uno si aspettava che il film "spiegasse" perchè una terra da felice ,nei secoli si è trasformata in tragicamente infelice?
Certo questo è chiedere troppo ai film dei giorni nostri,molto più facile prendere alcuni episodi di un fortunato libro e portarli sullo schermo con una fascinosa fotografia e con attori efficaci.
Ma questi episodi,questi fatti ben raccontati sono completamente slegati dal territorio,sembra che questi delinquenti vivano in una provincia a sè,
senza nessun legame con le popolazioni campane, che o non ci sono,o sono tutti camorriste.
Ma che cosa è la camorra?E' un associazione di farabutti che fa i suoi comodacci o è il prodotto malsano di una regione, di una terra?
No i campani non sono tutti camorristi, ma con i cattivi ci convivono,come ci convivono i politici,insomma tutto è legato società civile,politica e camorra.
Come può un popolo,una terra a farsi tanto male?Ad arrivare al punto di inquinare con in rifiuti industriali altrui,il proprio orto?
Tutto questo nel film non c'è, ci sono gli spari,il sangue,i soldi accartocciati e tutto il solito crudo "realismo".
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pepzanz
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venerdì 27 giugno 2008
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gomorra è il futuro del capitalismo putrefatto
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Il film di Garrone riprende la tesi portante del libro di Saviano: la speculazione economica e l'impresa criminale sono le facce della stessa medaglia dello sviluppo capitalistico. La pellicola ha un taglio più "documentaristico" che direttamente "politico", così i vari episodi della storia possono apparire slegati tra loro. Ma l'unità tematica esiste sebbene sia esterna al racconto. E' l'imbarbarimento sociale determinato dallo stato putrescente dell'economia del Capitale che accomuna le esistenze tragicomiche dei giovani protagonisti, alla ricerca di una collocazione nel Sistema. Le diverse storie alla fine convergono nella figura di Toni Servillo, stakeholder in cerca di terre in cui sversare abusivamente i rifiuti tossici.
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Il film di Garrone riprende la tesi portante del libro di Saviano: la speculazione economica e l'impresa criminale sono le facce della stessa medaglia dello sviluppo capitalistico. La pellicola ha un taglio più "documentaristico" che direttamente "politico", così i vari episodi della storia possono apparire slegati tra loro. Ma l'unità tematica esiste sebbene sia esterna al racconto. E' l'imbarbarimento sociale determinato dallo stato putrescente dell'economia del Capitale che accomuna le esistenze tragicomiche dei giovani protagonisti, alla ricerca di una collocazione nel Sistema. Le diverse storie alla fine convergono nella figura di Toni Servillo, stakeholder in cerca di terre in cui sversare abusivamente i rifiuti tossici. Egli spiega al suo guaglione perplesso: "La situazione è senza rimedio, perché inquinare l'ambiente dove vive una famiglia del Sud, serve a far vivere una famiglia del Nord". Estendete al mondo...
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gennarodic.
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domenica 22 giugno 2008
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le grida dei dannati
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Il libro di Saviano riesce,con una minuziosa descrizione dei fattori psico-storici (una definizione abusiva),a riflettere la radicata violenza di certi ambiti.Il film cerca di illustrare gli avvenimenti principali con una raffica di azioni,talvolta incredibilmente lineari per i fini criminosi,che lasciano allibiti gli spettatori.Le scene girate nelle vele di Scampia,sono di una realtà terrificante,così come gli omicidi avvenuti durante la faida tra i Di Lauro e gli scissionisti sono la testimonianza cruda e nuda di come le istituzioni non sono riuscite a trarre oggettivi vantaggi dalla crudeltà di questi brutali assassini.Un opera di dissuasione di tipo pedacogica coinvolgendo tutte le forze civili avrebbe dato alle logiche efferate del traffico di droga una batosta senza precedenti,e invece si è preferiti dare informazioni faziose e mirate a definire questi quartieri irrecuperabili.
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Il libro di Saviano riesce,con una minuziosa descrizione dei fattori psico-storici (una definizione abusiva),a riflettere la radicata violenza di certi ambiti.Il film cerca di illustrare gli avvenimenti principali con una raffica di azioni,talvolta incredibilmente lineari per i fini criminosi,che lasciano allibiti gli spettatori.Le scene girate nelle vele di Scampia,sono di una realtà terrificante,così come gli omicidi avvenuti durante la faida tra i Di Lauro e gli scissionisti sono la testimonianza cruda e nuda di come le istituzioni non sono riuscite a trarre oggettivi vantaggi dalla crudeltà di questi brutali assassini.Un opera di dissuasione di tipo pedacogica coinvolgendo tutte le forze civili avrebbe dato alle logiche efferate del traffico di droga una batosta senza precedenti,e invece si è preferiti dare informazioni faziose e mirate a definire questi quartieri irrecuperabili.Ha vinto la camorra,ma grazie anche all'inedia delle istituzioni.Il personaggio di Servillo è eccezionale,un trafficante di rifiuti che ,grazie alle complicità delle istituzioni comunali colluse con i clan,rende servigi alle aziende del Nord con lo smaltimento di veleni in aree ricche di potenzialità agricole.Fatti realmente avvenuti,e che nessun burocrate di partito ha voluto mai interessarsi poichè,in quelle zone ci sono i cospicui serbatoi elettorali.Il fallimento delle istituzioni ha creato il potere illimitato dei clan camorristici,il connubio è talmente evidente che sembra normale.Gomorra dovrebbe far riflettere molti politici che hanno avuto relazioni con personaggi ambigui e tendenzialmente criminali.Il film,riesce a fotografare la violenza radicata tra le classi che ,alla fine,sono la manovalanza della criminalità organizzata.
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gigihno
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mercoledì 18 giugno 2008
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riflettiamo...
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Vogliamo parlare del film in se stesso?
GOMORRA è un film crudo, tosto, appassionante e è anche un documento coinvolgente (che male c'è in questa fusione?), girato con una tecnica "viva" che scende nei particolari, che fa sentire le emozioni, il respiro affannato dei personaggi e che personalmente trovo molto più adatta a descrivere questo tipo di situazioni di quelle tradizionali dalle inquadrature standard.
Vogliamo parlare della realtà di cui tratta?
Sicuramente la reltà descritta è dura da accettare per napoletani e non, ma gli scugnizzi di scampia che aspirano a diventare boss non affollano le vie tutte della Campania fortunatamente. Qui è raccontata la melma, il lato peggiore di Napoli proprio per farne una denuncia:nei confronti degli italiani, delle istituzioni, dei napoletani stessi.
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Vogliamo parlare del film in se stesso?
GOMORRA è un film crudo, tosto, appassionante e è anche un documento coinvolgente (che male c'è in questa fusione?), girato con una tecnica "viva" che scende nei particolari, che fa sentire le emozioni, il respiro affannato dei personaggi e che personalmente trovo molto più adatta a descrivere questo tipo di situazioni di quelle tradizionali dalle inquadrature standard.
Vogliamo parlare della realtà di cui tratta?
Sicuramente la reltà descritta è dura da accettare per napoletani e non, ma gli scugnizzi di scampia che aspirano a diventare boss non affollano le vie tutte della Campania fortunatamente. Qui è raccontata la melma, il lato peggiore di Napoli proprio per farne una denuncia:nei confronti degli italiani, delle istituzioni, dei napoletani stessi.
Io sono napoletano e questo film lo avverto come una sveglia, un campanello d'allarme che dovrebbe suonare alle orecchie di chi ha il potere di intervenire per cambiare le cose e ridare nuova dignità a quella che unanimamente potrebbe essere riconosciuta come la città più bella del mondo...Nel film non è ben accentuato il contrasto stridente tra la bellezza intrinseca della città, dei luoghi e della genuinità dei "veri" napoletani e quello che viene invece sbattuto in faccia allo spettatore...una scelta ben precisa di Garrone che ha preferito non riproporre la solita icona, fin troppo utilizzata, che vede il panorama vesuviano stagliarsi sullo sfondo di cumuli di immondizia: grazie.
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antonello villani
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mercoledì 18 giugno 2008
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realismo estremo per un film necessario
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Ci voleva il talento di Matteo Garrone per trasformare le intense pagine di Roberto Saviano in angoscia filmica. Oltre due ore di realismo esasperato tra le strade di Scampia e le discariche abusive dove vengono regolarmente sversati rifiuti tossici con la connivenza delle istituzioni. Perché il dramma della spazzatura a Napoli e dintorni ha radici lontane, trova terreno fertile negli ambienti malavitosi che pur di ingrossare i portafogli sono disposti ad avvelenare la Campania Felix. Le vicissitudini di un cassiere che per conto della camorra paga gli “assegni familiari”, un sarto che rischia la vita facendo lezioni di taglio e cucito ai cinesi, il battesimo di sangue per un ragazzino che passa dalla parte dei cattivi, due cani sciolti che giocano a fare i duri con armi in pugno e piccole rapine, un imprenditore che fa affari con le aziende del Nord Italia: storie di straordinaria follia, il crimine sembra la regola in un territorio che non conosce leggi se non quella del più forte.
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Ci voleva il talento di Matteo Garrone per trasformare le intense pagine di Roberto Saviano in angoscia filmica. Oltre due ore di realismo esasperato tra le strade di Scampia e le discariche abusive dove vengono regolarmente sversati rifiuti tossici con la connivenza delle istituzioni. Perché il dramma della spazzatura a Napoli e dintorni ha radici lontane, trova terreno fertile negli ambienti malavitosi che pur di ingrossare i portafogli sono disposti ad avvelenare la Campania Felix. Le vicissitudini di un cassiere che per conto della camorra paga gli “assegni familiari”, un sarto che rischia la vita facendo lezioni di taglio e cucito ai cinesi, il battesimo di sangue per un ragazzino che passa dalla parte dei cattivi, due cani sciolti che giocano a fare i duri con armi in pugno e piccole rapine, un imprenditore che fa affari con le aziende del Nord Italia: storie di straordinaria follia, il crimine sembra la regola in un territorio che non conosce leggi se non quella del più forte. Dove non arrivano le pistole ci pensano i camorristi in doppio petto a completare l’opera di un sistema che ha fatto 4.000 mila morti in meno di trent’anni. Garrone è stupefacente nel raccontare il dramma quotidiano di chi vive nella paura di essere ammazzato o gira per le strade con il giubbotto antiproiettile. Alla fine è tutto un contare di soldi, per quelle banconote si è disposti a vendere l’anima al diavolo. E a sparare il vicino di casa.
Antonello Villani
(Salerno)
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tina galante
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sabato 7 giugno 2008
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gomorra, un pugno nello stomaco
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Senza filtro, così la macchina da presa ha seguito le varie trame del film Gomorra, rendendone quasi insostenibile la visione. Senza filtro, per rendere al meglio una realtà altrimenti non rappresentabile.
Sempre più mi convingo che la realtà superi comunque ogni fantasia o incubo.
Leit motiv di tutto il lungometraggio è il denaro. Tanto denaro. L'atmosfera in cui esso compare costantemente, come avido ladro di anime, è di uno squallore, di una miseria che il regista Garrone ha saputo rendere magistralmente. La visione di Gomorra può essere paragonata ad un forte, violento e possente pugno allo stomaco, soprattutto per me che non ho mai saputo immaginare una realtà simile, rinchiusa, come sono, nell'oasi dell'Irpinia, a pochi passi dall'inferno.
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Senza filtro, così la macchina da presa ha seguito le varie trame del film Gomorra, rendendone quasi insostenibile la visione. Senza filtro, per rendere al meglio una realtà altrimenti non rappresentabile.
Sempre più mi convingo che la realtà superi comunque ogni fantasia o incubo.
Leit motiv di tutto il lungometraggio è il denaro. Tanto denaro. L'atmosfera in cui esso compare costantemente, come avido ladro di anime, è di uno squallore, di una miseria che il regista Garrone ha saputo rendere magistralmente. La visione di Gomorra può essere paragonata ad un forte, violento e possente pugno allo stomaco, soprattutto per me che non ho mai saputo immaginare una realtà simile, rinchiusa, come sono, nell'oasi dell'Irpinia, a pochi passi dall'inferno. Come si può vivere così. Come è possibile che si possa vivere così. Cosa ha permesso una degenerazione tale. Persino la Nco di cutoloniana memoria mantiene una sorta di fascino romantico, inesistente in Gomorra. E' il degrado totale dell'ambiente, delle abitazioni, delle vite umane. Una sorta di contagio malefico che inquina persino gli strati profondi della terra.
Non posso pensare alla napoletanità in questo modo. Preferisco ricordarla come compare in "Così parlò Bellavista", con le parole di De Crescenzo nei confronti di un camorrista: ma non è una vita di merda la vostra? Ma vi siete fatti bene i conti? Vi conviene?
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massimo medina
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mercoledì 4 giugno 2008
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gomorra è cinema che diventa realtà o viceversa
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Non c'è pregiudizio che tenga, non c'è cliché che possa reggere. Quello che mette in scena Garrone è di una verità a tal punto disarmante che a un certo punto ci si chiede se ciò che si sta guardando sia cinema o realtà nuda e cruda rinchiusa nei quattro angoli di uno schermo. E c'è la scelta precisa di escludere dal racconto tutto ciò che può rappresentare forma di riscatto o di redenzione per il popolo napoletano, fatta eccezione per l'unico personaggio (Roberto) che ha un conato di vomito nei confronti di ciò che vede e non riesce a farlo collimare con la sua vita onesta e piuttosto semplice. Tolto ciò, il resto è tutto ombra proprio come le ombre che Garrone infila in molte scene. C'è un popolo, quello napoletano, che sembra non avere più scampo perché ormai inghiottito dalla violenza della più terrificante e sanguinaria organizzazione criminale che l'uomo abbia conosciuto.
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Non c'è pregiudizio che tenga, non c'è cliché che possa reggere. Quello che mette in scena Garrone è di una verità a tal punto disarmante che a un certo punto ci si chiede se ciò che si sta guardando sia cinema o realtà nuda e cruda rinchiusa nei quattro angoli di uno schermo. E c'è la scelta precisa di escludere dal racconto tutto ciò che può rappresentare forma di riscatto o di redenzione per il popolo napoletano, fatta eccezione per l'unico personaggio (Roberto) che ha un conato di vomito nei confronti di ciò che vede e non riesce a farlo collimare con la sua vita onesta e piuttosto semplice. Tolto ciò, il resto è tutto ombra proprio come le ombre che Garrone infila in molte scene. C'è un popolo, quello napoletano, che sembra non avere più scampo perché ormai inghiottito dalla violenza della più terrificante e sanguinaria organizzazione criminale che l'uomo abbia conosciuto. Scegliere di narrare ciò significa compiere un atto di estremo coraggio e dolorosa sincerità. Le terre campane sono solo l'atto iniziale, il cancro principale dal quale poi le metastasi si allargano al resto del paese prima e del mondo a seguire. Ignorare le diramazioni della camorra significa fare un torto a Napoli e dintorni, significa imputare alle miserie di una certa fetta di popolazione tutta la colpa; ma non si può dimenticare di chi se ne è approfittato, di chi sullo squallore e la difficoltà di vivere ci ha marciato per edificare un potere enorme e sanguinario, a scapito di ogni disperato che pur di sfamare la famiglia scende a patti con il diavolo. L'ultima scena del film rappresenta insieme tutta l'idea e la irragionevole realtà del narrato: questi uomini che si proclamano dei, questi carnivori che si arrogano il diritto di scegliere della vita e della morte altrui, sono esseri normalissimi e privi di dignità; hanno pance enormi, calpestano i morti indossando squallidi sandali da mare, commettono crimini in canottiera e pantaloncino e maneggiano le armi come prolungamenti del proprio organo genitale.
Fanno schifo perché sono veri. E non sembra di star guardando un film ma di star spiando le loro schifosissime vite. In questo Garrone ha stravinto e ha inglobato tutta la tradizione classica del cinema italiano per sancirne finalmente il superamento. Senza volontà di far omaggio a Napoli perché ciò che c'è di buono nella città partenopea lo sappiamo e solo gli stupidi e gli arrivisti lo ignorano; senza necessità di una complessa struttura narrativa ma solo con il dialetto e il sapore di marcio che ti rimane in bocca; senza voglia di proporre risposte ma solo di raccontare ciò che per troppo tempo è stato colpevolmente ignorato.
Io, che in quelle terre ci sono nato e cresciuto ma ben lontano dalle vele di Scampia, sono spaventato da tutto questo. E sono spaventato dalla mancanza di alternative.
Solo due categorie non possono non avere a cuore la sorte di Napoli: i coglioni e i camorristi. A volte coincidono.
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paolo pasetti
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mercoledì 4 giugno 2008
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un'altissima voce nel deserto: gomorra
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Il Matteo Garrone di “Gomorra” è stato spesso paragonato a Rosi. Se il paragone è certo interessante da un punto di vista di storia “comparata” del cinema, è comunque improprio. Se, infatti, possiamo certamente supporre simili le motivazioni morali dei due autori, sul piano stilistico ed espressivo Garrone è diversissimo da Rosi. Di più, il cinema di Rosi, grandissimo, sarebbe impossibile oggi. Il cinema di Rosi, militante nel senso alto del termine, coltivava una speranza, perché si trattava di un epoca in cui il cinema, come la “cultura” in genere, era parte di ciò che si chiamava “pensiero critico”. La cultura era quella che spingeva il vecchio Goebbels, al solo nominarla, ad estrarre la pistola.
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Il Matteo Garrone di “Gomorra” è stato spesso paragonato a Rosi. Se il paragone è certo interessante da un punto di vista di storia “comparata” del cinema, è comunque improprio. Se, infatti, possiamo certamente supporre simili le motivazioni morali dei due autori, sul piano stilistico ed espressivo Garrone è diversissimo da Rosi. Di più, il cinema di Rosi, grandissimo, sarebbe impossibile oggi. Il cinema di Rosi, militante nel senso alto del termine, coltivava una speranza, perché si trattava di un epoca in cui il cinema, come la “cultura” in genere, era parte di ciò che si chiamava “pensiero critico”. La cultura era quella che spingeva il vecchio Goebbels, al solo nominarla, ad estrarre la pistola. Rosi poteva dire: “Ecco, vedete, vi mostro la realtà”. E come la mostrava! Affreschi indimenticabili, chiarissimi, nei quali i nessi erano tutti evidenti. “Le mani sulla città” è quasi un film tecnico, un manuale del “moderno principe”, al quale tutti i futuri palazzinari potevano attingere con profitto (e forse qualcuno lo ha fatto…). Però, però. Quale era l’”extratesto” dei film di Rosi? L’extratesto era il pensiero critico oppure, per usare un termine oggi pornografico, era, udite! Udite!: la politica. Rosi diceva: “Vi ho mostrato la realtà. Vi ho dato tutte, ma proprio tutte, le chiavi di lettura dei sordidi fenomeni che avvengono nella realtà. Adesso tocca a voi: cambiatela!” Rosi assolveva, da grande artista, a un compito allora importantissimo: quella che si chiamava, con un brutto termine, la “documentazione”. Il “movimento”, una volta letto il film, poteva iniziare un “percorso” di discussioni, rivendicazioni, denunce, azioni. Insomma era la “vita democratica” che si muoveva: ah! Le magnifiche sorti e progressive!
Ma il mondo di Rosi è lontanissimo da ciò che accade oggi. I film di Rosi era un “momento di civiltà” all’interno dell’universo del ”politico”: un vasto mondo che andava dal “cattolico inquieto” fino all’extraparlamentare di sinistra (allora si era extraparlamentari per scelta). Laddove i personaggi di Rosi erano totalmente, ontologicamente, politici, gli “eroi” di Garrone sono tutti pre- (o forse post?) politici. Sono soli, proprio nel senso di soli al mondo, monadi. Garrone ce lo comunica con un formidabile strumento stilistico: la macchina a mano. Sono inquadrature “solidali” – tecnicamente e moralmente – con i personaggi che Garrone segue. Ognuno dei personaggi delle cinque storie del film si muove in totale solitudine. Leoni o gazzelle (ma i leoni stanno tutti altrove…), tutti, appena sorge il sole, devono cominciare a correre. E corrono, eccome, corrono seguendo logiche ferree, immutabili, geometriche, alle quali è impossibile sfuggire. Lo spettatore che abbia un briciolo di cuore è lì con loro, dalla stessa parte del regista, che lo ha chiamato a vivere per un paio d’ore in questo inferno. Nel film di Garrone è impossibile qualunque “distacco”: come qualcuno giustamente ha detto: “Se io fossi lì, mi comporterei allo stesso modo”. Ma questa qualità drammaturgica ed estetica nasconde un significato politico: il film sa di non poter dare speranze, di non avere – o di non avere ancora – alcun interlocutore.
Stavolta possiamo dirlo: si tratta di un capolavoro. Un’operazione fenomenologica, una altissima testimonianza estetica e morale. Non, però, politica. I film di Rosi erano dialoghi, che si rivolgevano a un mondo ancora aperto. Il film di Garrone è uno struggente, magnifico, assordante monologo.
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massimiliano di fede
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martedì 3 giugno 2008
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napoli come baghdad
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Matteo Garrone ha seza ombra di dubbio rappresentato, non uno scorcio, non un frammento, ma la realtà totale di una città e della sua provincia che sono dominate dalla criminalità più spietata, che si serve della disperazione della povera gente che, pur di poter vivere dignitosamente, si serve della camorra, come se fosse una normale istituzione statale. Gomorra è il film che rispecchia tutto questo, e sicuramente non è uno spot pubblicitario per i turisti che, guardando questo film si chiedono se è più sicuro andare a Baghdad o a Napoli.
Il romanzo - documentario di Saviano ha stimolato Garrone, nel rapresentare la triste realtà di una città alle prese con problemi gravissimi che sono oramai all'ordine del giorno.
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Matteo Garrone ha seza ombra di dubbio rappresentato, non uno scorcio, non un frammento, ma la realtà totale di una città e della sua provincia che sono dominate dalla criminalità più spietata, che si serve della disperazione della povera gente che, pur di poter vivere dignitosamente, si serve della camorra, come se fosse una normale istituzione statale. Gomorra è il film che rispecchia tutto questo, e sicuramente non è uno spot pubblicitario per i turisti che, guardando questo film si chiedono se è più sicuro andare a Baghdad o a Napoli.
Il romanzo - documentario di Saviano ha stimolato Garrone, nel rapresentare la triste realtà di una città alle prese con problemi gravissimi che sono oramai all'ordine del giorno. L'intreccio delle varie storie e ben assemblato, ma si poteva fare di più, per evitare di rendere il film un pò pesantuccio per il pubblico. Le interpretazioni degli attori sono ben assortite e azzeccate, come quelle di Toni Servillo e Gianfelice Imparato.La scena più significativa è quella di un giovane assistente di un imprenditore senza scrupoli dello smaltimento di rifiuti chimici,interpretato da Toni Servillo, che si ribella al suo datore di lavoro e lo abbandona, capendo che quell'uomo per i suoi interessi, mette in pericolo la salute della sua gente. Le 4 stelle sono ampiamente meritate. Massimiliano Di Fede
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mara
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sabato 31 maggio 2008
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...
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Ti cali in una realtà strana, surreale, non credi sia qualcosa che esista davvero.. ed invece è proprio la descrizione di cosa sta accadendo in un luogo dove la violenza, la corruzione, la paura fanno da padroni.. ma in mezzo a droga, spari, morti, lotte di potere e rifiuti nascosti nelle campagne, c'è anche chi è pulito, ma proprio per questo non può realizzare cio che ama...
Fa riflettere su quanto siano arrivati al punto di non ritorno, non puoi schierarti, non puoi parlare, non puoi pensare... è un film da vedere.. descriverlo non rende assolutamente.
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