Anno | 2018 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Libano, Iraq, Francia |
Durata | 101 minuti |
Regia di | Abbas Fahdel |
Attori | Michelle Wehbe, Elias Freifer, Mary Alkady, Elias Alkady, Charbel Alkady . |
MYmonetro | 2,70 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 7 agosto 2018
La vita di Yara nella valle.
CONSIGLIATO NÌ
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Yara vive con la nonna in una valle del Libano settentrionale. Un giorno Elias passa di lì e fa una sosta per dissetarsi. Ma fin dal primo sguardo tra Elias e Yara nasce un'intesa speciale.
Il secondo lungometraggio di finzione per il documentarista Abbas Fahdel è un atto di fede nel potere del cinema, liberato da ogni orpello.
Il regista si mette al servizio della natura e del suo corso, annulla ogni sovrastruttura, si sofferma su primi piani di gatti e caprette. Prova a calarsi nella realtà di una ragazza-archetipo, una allegoria vivente come Yara: un'orfana di fede cristiana, che vive con la nonna in una valle del Libano settentrionale e che ignora i vincoli imposti dalle convenzioni della società. Contrariamente alla prassi comune, Yara sceglie lo stato di natura, prende il sole in bikini e non si copre con abiti castigati, flirta con Elias e passeggia con lui tra gli sguardi sospettosi degli abitanti del luogo.
Fahdel cita Bresson e intende, come il maestro francese, giungere, attraverso i volti dei protagonisti e la semplicità delle loro azioni, all'essenza della natura umana in circostanze al limite. Ma se sono chiari gli intenti teorici dell'operazione, lo sono meno i limiti che il regista si è autoimposto. In questa ricerca di semplicità insistita e di immersione nella natura, nella sua pace e nei suoi silenzi, il rischio è di sfociare nel quadretto bucolico. E in questo senso non aiutano alcune incertezze della macchina da presa o alcuni movimenti di disarmante ingenuità, che potrebbero essere scambiati per errori da un occhio poco esperto.
Le conclusioni che Fahdel infine lascia trarre, con la presenza incombente di pistole (giocattolo) e fucili, forse non giustificano lo sforzo concettuale profuso e la pazienza richiesta allo spettatore. Ma smarrirsi nel verde-arancio delle valli libanesi è già un piacere di per sé. La nonna interpreta se stessa, e così i personaggi minori del film, quasi a rappresentare l'anima documentaristica residua del cinema di Fahdel.