Caniba

A Parigi, nel 1981, il giapponese Issei Sagawa (1949) uccise la compagna di università Renée Hartevelt, per poi farla a pezzi, mangiarne la carne e cercare di sbarazzarsi dei resti. Arrestato ma dichiarato inabile a sostenere il processo, tornò da uomo libero in Giappone, dove da allora ha raccontato la sua storia in svariate occasioni mediatiche.

I registi Paravel e Casting-Taylor, la natura del cui cinema è prettamente antropologica, filmano Sagawa oggi, nei dintorni di Tokyo, anziano e malato, insieme al fratello Jun e a una giovane donna che si prende cura di lui.

Alla base del film sta l'intenzione di avvicinarsi al cannibalismo come fenomeno da comprendere e non come tabù da sfruttare a fini sensazionalistici: la ricostruzione dell'antefatto è affidata al solo audio di un servizio giornalistico dell'epoca e a una didascalia che fornisce le informazioni di base, mentre il film consiste per la maggior parte di primi piani strettissimi sui due fratelli e di pochi inserti, tra cui alcuni film familiari che restituiscono la loro infanzia spensierata.

Non c'è spazio per il giudizio, perché il punto di vista degli autori ricalca Il punitore di se stesso di Publio Terenzio Afro: da umani "nulla che sia umano ci è estraneo". E tra gli elementi paratestuali interviene una citazione da Il Vangelo di Giovanni ("se non mangiate la carne del figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue non avrete in voi la vita"). Ma nemmeno per la condanna o il perdono, perché dall'argomentare incerto, frammentario, di Issei, contrappuntato dagli interventi di Jun, emerge un solo dato di fatto: la sua incapacità di tenere distinta la pulsione erotica dalla fantasia antropofagica, alimentate entrambe sia dalla Grace Kelly di Mezzogiorno di fuoco sia dalle creature fantastiche e rassicuranti di Disney e Miyazaki.

Lo spettatore è chiamato a ripercorrere quell'esperienza anche tramite la lettura di un suo manga dettagliato, quasi espressionista, in un cortocircuito di repulsione per l'atto violento e di curiosità per una psicopatologia che evoca culture primitive. Jun e Issei stanno spesso nella stessa inquadratura, a fuoco in momenti alterni, come due protagonisti di una tragedia shakespeariana.

La prosaicità delle riprese ha una svolta quando Jun, da presenza censoria e razionale, cambia a sorpresa il ruolo e confessa la perversione che lo accomuna al fratello più noto, esibendo a prova i video della ricerca del "dolore perfetto", autoindotto tramite scarnificazione e ustione. Visione che sconcerta suo malgrado, inadatta a un pubblico non adulto, Caniba oscilla tra saggio di criminologia e l'home movie deviante. Sui titoli di coda corre la funerea "La folie" dei The Stranglers. Dedicato al direttore della Viennale Hans Hurch (1952-2017). 