Icona della Nuova Hollywood, Warren Beatty è l'attore senza compromessi per eccellenza.
Affascinante conquistatore e instancabile seduttore, rivelandosi poi un interprete di straordinario e lucido carisma, un produttore dall'intuito acuto e un regista capace di scelte audaci, è apparso per la prima volta sul grande schermo con l'aspetto di un vigoroso giovane dall'aria studiosa, la cui avvenenza gli ha subito garantito un forte impatto sul pubblico.
Tuttavia, ha dimostrato presto di possedere un'intelligenza brillante e una determinazione fuori dal comune. A differenza dei suoi colleghi coevi, non ha mai accettato pellicole commerciali di bassa lega come Nonno scatenato o di apparire nei blockbuster Marvel solo per il gusto di rimanere nelle sale, per la necessità di lavorare o per far conoscere il proprio nome alle nuove generazioni di spettatori. "Sono stato fortunato da questo punto di vista", ammette lui stesso. "Ma forse, più che fortuna, c'entra il fatto di non aver mai dovuto fare qualcosa semplicemente per i soldi".
Grazie a un primo jackpot finanziario, avvenuto quando l'attore aveva solo ventinove anni, vale a dire quando la Warner Bros gli offrì il 40% degli incassi per Gangster Story (1967) pensando che il film si sarebbe rivelato un disastro, è diventato infatti uno degli attori più ricchi di Hollywood con una posizione di spicco tale da rendergli possibile una cura personale alla direzione della propria carriera, che si è rivelata poi straordinaria sia dal punto di vista attoriale che dal punto di vista registico.
La sua presenza è stata cruciale in un'epoca di trasformazione del cinema americano, un momento storico in cui l'industria rileggeva i propri miti, trovando una nuova sintonia con la realtà contemporanea e raccogliendo l'eredità europea della Nouvelle Vague.
Impostosi come un attore intellettuale, non ha mai basato il suo mestiere sulla sua imponente bellezza, anche se leggenda vuole che la sua maschia vanità abbia ispirato Carly Simon nella scrittura della canzone "You're So Vain". Lo sforzo di Beatty è stato invece quello di far emergere il proprio talento recitativo tramite drammi e commedie socio-politiche, lontano dalle carriere preimpostate dei vecchi professionisti di Hollywood, che sono state invece il fondamento della fama della sorella maggiore, Shirley MacLaine. Per questo motivo, l'America del vecchio cinema non gli ha mai riservato un'accoglienza calorosa, nemmeno agli inizi, eppure non ha mai potuto fare a meno di lui e delle sue prestazioni meravigliose.
Animato da una grande ambizione, Beatty non si è mai limitato al ruolo di semplice interprete. Ha esplorato la scrittura per il cinema parallelamente alla produzione, per poi affrontare la regia con progetti coraggiosi, capaci di ottenere riconoscimenti anche nell'America reaganiana. Con una delle sue opere principali, Reds, ha riportato alla luce l'unico cittadino statunitense sepolto al Cremlino, affermandosi come emblema del progressismo politico. Uno schiaffo all'allora Presidente degli Stati Uniti, guarda caso un ex attore hollywoodiano della vecchia scuola, che nutriva il proprio mandato del perenne conflitto con il babau del Comunismo russo.
Oggi, Warren Beatty vive semirecluso nella sua villa di Los Angeles, godendosi i fasti di una carriera all'ombra degli Oscar e di una celebrità divistica che sfiora il mito.
Studi
Nato a Richmond, in Virginia, nel 1937, figlio di due insegnanti, Warren Beatty cresce con la sorella maggiore, Shirley MacLaine, in seno alla chiesa battista di cui faceva parte.
Interessati al cinema fin da bambini, coltivano entrambi questa bruciante passione, trascorrendo ore e ore davanti al grande schermo e apprezzando volti di divi come quelli di Katherine Hepburn e Charles Boyer.
Entrato alla Washington-Lee High School di Arlington, incoraggia fortemente la carriera di attrice di Shirley quando questa deciderà di trasferirsi a Hollywood per avere maggiori opportunità lavorative, mentre lui sceglierà di entrare nel gruppo teatrale del National Theatre di Washington, D.C..
Ottimo giocatore di football, dopo la laurea, riceve ben dieci borse di studio, ma le rifiuta tutte scegliendo di invece di intraprendere un corso di studio in Arti liberali alla Northwestern University, che però lascerà dopo un anno per seguire la stessa strada della sorella.
Trasferitosi a New York City, frequenta infatti lo Stella Adler Studio of Acting, pagandosi la retta, il vitto e l'alloggio come lavapiatti, muratore e pianista nei locali.
La gavetta televisiva
Il primo debutto nel mondo dello spettacolo è televisivo. Nel 1957, viene scelto per apparire in un episodio della Kraft Television Theatre, cui seguiranno altre apparizioni in miniserie antologiche a cavallo tra gli Anni Cinquanta e Sessanta.
L'esordio premiato con il Golden Globe
Il cinema lo reclama nel 1961, offrendogli il suo primo ruolo da protagonista in una pellicola di Elia Kazan Splendore nell'erba, che gli frutta il Golden Globe come miglior attore esordiente.
Il personaggio di Bud Stamper, il giovane studente e capitano della squadra di football che si innamora di una Deanie Loomis che ha il volto nervoso di Natalie Wood, buca lo schermo, portando un cambiamento radicale alla sua vita lavorativa.
Il successo di Gangster Story
Quello stesso anno, affiancherà Vivian Leigh in La primavera romana della Signora Stone, ma comincerà già da allora a smarcarsi dalle scelte registiche preimpostate dalla produzione per scegliere opere più indipendenti, dirette da registi della Nuova Hollywood.
Nel 1962, è infatti sotto l'occhio vigile di John Frankenheimer in E il vento disperse la nebbia; poi, nel 1964, arriva Lilith - La dea dell'amore di Robert Rossen e, nel 1965, Arthur Penn e il suo Mickey One.
Dopo le commedie Spogliarello per una vedova (1965) e La truffa che piaceva a Scotland Yard (1966) con Susannah York, torna nelle mani di Arthur Penn perché questi lo modelli come nuovo Clyde Barrow in Gangster Story (1967).
Come suddetto, la produzione non crede nei futuri incassi della pellicola e cede il 40% del ricavo a Beatty convinti che, in questa maniera, si sarebbero rifatti dei soldi spesi per la realizzazione. Ma il film è un successo senza precedenti e Gangster Story diventa uno dei titoli più visti nel 1967, facendogli ottenere, nelle vesti di produttore, una candidatura per il miglior film parallela a quella di miglior attore protagonista, ma soprattutto, assicurandogli una ricchezza tale da poter gestire lui stesso la sua carriera e da iniziare a pensare di sdoppiarsi proprio in veste di produttore cinematografico.
Il seduttore di Shampoo
Dopo L'ultimo gioco in città (1970) di George Stevens, partecipa alla stesura dello script di I compari, affiancando Robert Altman e Brian McKay, di cui lui stesso sarà il coprotagonista assieme Julie Christie. Il ruolo del giocatore d'azzardo John McCabe, che arriva in una cittadina americana dell'Ottocento e che, grazie alla sua astuzia e intraprendenza, apre un saloon-bordello che si rivelerà molto redditizio, sarà uno dei suoi personaggi più conosciuti e amati.
Non si potrà dire lo stesso per i ruoli interpretati in Il genio della rapina (1971) di Richard Brooks e Perché un assassinio (1974) di Alan J. Pakula, forse troppo sottotono rispetto ad altre performance, ma si riprenderà con l'affascinante parrucchiere di Beverly Hills dalla reputazione di seduttore, George Roundy, in Shampoo (1976), del quale firma anche la sceneggiatura, con tanto di successiva candidatura agli Oscar proprio nella categoria del miglior script originale.
Il debutto registico
Dopo aver girato Due uomini e una dote (1975) di Mike Nichols, si prende alcuni anni di pausa per la sua prima titanica impresa: una regia.
Nel 1978, esce infatti la commedia d'amore fantastica Il paradiso può attendere, che dirige assieme a Buck Henry. Per colpa di un angelo precipitoso, un giocatore di football americano viene portato in Paradiso anche se non è ancora clinicamente morto. Davanti a questo celestiale errore, un sovrintendente dell'aldilà, l'inafferrabile Mister Jordan rimedia offrendogli un nuovo corpo (visto che quello precedente è stato cremato) e una nuova vita, quella del miliardario Leo Fansworth, che sta però per essere ucciso dalla moglie e dal segretario. Il film, remake di L'inafferrabile signor Jordan, girato nel 1941 da Alexander Hall con Robert Montgomery, gli fa ottenere il Golden Globe come miglior attore in una commedia, ma anche candidature all'Oscar per il miglior film, la migliore regia, il miglior attore protagonista e la migliore sceneggiatura non originale. Un trionfo di prestigio, ma che è solo l'inizio di un riconoscimento ancora più grande.
L'Oscar come miglior regista
Nel 1981, ancora una volta dietro e davanti la cinepresa, realizza il suo capolavoro, Reds. Il biopic del giornalista americano John Reed, che partecipò alla rivoluzione bolscevica del 1917 e che firmò il noto libro "Dieci giorni che sconvolsero il mondo", è un successo da qualunque parte lo si guardi. Beatty vince il suo primo Oscar come miglior regista (assieme a un Golden Globe nella stessa categoria) e replica le candidature per il miglior film, attore protagonista e sceneggiatura originale.
La prima lunga pausa dal set e il ritorno nel 1987
Dopo un tale risultato, frastornato ma felice, si prenderà un lunghissimo periodo di pausa e tornerà sul set solo come interprete nel 1987, quando cioè una sua frequentazione del tempo, l'attrice e regista Elaine May, lo dirigerà con Dustin Hoffman in Ishtar, che però si rivela una commedia troppo pasticciata che non gli restituirà alcun merito.
La seconda pausa e Dick Tracy
Passeranno altri anni di assenza dal grande schermo e solo nel 1990, Beatty torna al cinema dirigendo personalmente la trasposizione del fumetto di "Dick Tracy".
Nei panni del caparbio e indomabile detective impegnato nella lotta contro il crimine, l'attore dà vita a un film omonimo talmente curato nei minimi dettagli da essere etichettato come un'elegantissima operazione estetica, un riuscito e raffinato esercizio di stile che mischia suggestioni e temi dark in una narrazione piacevole, attraente e ingegnosa.
La maestria tecnica dello stile registico di Beatty è indubbia. Del resto, non potrebbe essere altrimenti vista la massiccia presenza di star da dirigere (Al Pacino, Dustin Hoffman, Madonna, Mike Mazurki, Glenne Headly, Dick Van Dyke, Kathy Bates, James Caan, Paul Sorvino, William Forsythe, Mandy Patinkin, Catherine O'Hara, Estelle Parsons), per la maggior parte plasmati grottescamente e con crudeltà fino a diventare irriconoscibili.
Con accorgimenti scenici spettacolari, ma anche con un'indiscutibile e sapiente scelta di direzione, la regia inflessibile e determinata di Beatty è orientata a dare vita cinematografica a tutte quelle che sono le peculiarità distintive di Dick Tracy: le tonalità nette senza sfumature, le ambientazioni essenziali e minimali, i panorami e gli scorci urbani che sembrano realizzati in carta. L'impresa di donare profondità a un fumetto gli riesce perfettamente, anche grazie alla sua abilità di catturare quelle sfumature che rendevano il fumetto così amato dal pubblico mondiale.
Gli ultimi film come attore
A sorpresa e a dispetto delle sue solite lunghe pause dal lavoro, già l'anno successivo torna al cinema con Bugsy di Barry Levinson. Abbronzato e segnato, carico ancora di un fortissimo carisma, ottiene una candidatura agli Oscar per il miglior film (visto che ne è il produttore), ma anche quella per la migliore interpretazione maschile protagonista. Riuscirà però a ottenere solo un Golden Globe per il miglior film drammatico.
Nel 1994, decide recitare con Annette Bening in un classico del cinema hollywoodiano Love Affair - Un grande amore, remake di Un amore splendido con Cary Grant e Deborah Kerr, ma senza suscitare particolari batticuori (a differenza dell'originale), quindi dopo quattro anni di silenzio, tornerà alla carica con Bulworth - Il senatore, da lui diretto e interpretato.
Bulworth è un senatore tra i pochi ancora candidati alla Presidenza degli Stati Uniti, che però decide di suicidarsi, motivo per il quale assolda un killer che lo uccida durante l'ultimo weekend di campagna elettorale. A questo punto, finalmente libero dalle costrizioni del ruolo e, dopo aver gettato via discorsi preparati da altri e provocato i presenti, comincia ad accusare i colleghi dei loro effettivi crimini e a denunciare le corruzioni delle quali è a conoscenza, ritrovando uno slancio e una passione che credeva di aver perso.
Una commedia satirica encomiabile nelle sue intenzioni, ma troppo disorientata e confusa, che comunque gli vale una nuova candidatura agli Oscar per la migliore sceneggiatura originale.
Nel 2001, è di nuovo accanto a Diane Keaton dopo i fasti di Reds per un progetto più leggero, una slapstick comedy dal titolo Amori in città... e tradimenti in campagna, che però non fa bene a nessuno dei due. La Keaton sembra recitare una parodia del suo personaggio di Io e Annie e Warren Beatty viene definito "a dir poco bollito".
Cercherà di riprendersi con una nuova regia, L'eccezione alla regola, nel 2016. Un titolo romantico ambientato nella Hollywood degli Anni Cinquanta, che tratta dell'amore tra l'attrice Marla Mabrey e il suo autista, osteggiato dal famigerato miliardario Howard Hughes.
Secondo la critica, siamo tornati a un Beatty delle origini, quello sentimentale de Il paradiso può attendere, ma ancora impegnato come nei fasti di Reds, che a ottant'anni riflette sulla distorta influenza che ricchezza e notorietà possono comprare, vincolando l'affetto alle norme del dominio.
Malgrado gli interpreti protagonisti siano non pervenuti, Beatty, che ha voluto per sé i panni del magnate del cinema degli Anni Quaranta e Cinquanta, ci mostra un uomo prigioniero di se stesso, per il quale non nutre alcuna simpatia e che, anzi, ha incarnato tutto ciò contro cui ha lottato quando era agli inizi della sua carriera. Una performance a dir poco soddisfacente.
Altri film come produttore
Come è stato già scritto, Warren Beatty è anche produttore. Nel 1965, ha finanziato Ciao Pussycat di Clive Donner e Richard Talmadge e a seguire Ehi... ci stai? (1987) di James Toback, oltre che tutte le sue pellicole da regista.
Riconoscimenti
Nel 2000, gli viene offerto dall'Academy il Premio Irving G. Thalberg e, sette anni più tardi, un Golden Globe alla carriera.
Vita privata
Warren Beatty ha avuto numerosi legami sentimentali.
Dopo una lunga relazione con Joan Collins, è stato l'amante dell'attrice Natalie Wood, che allora era sposata con Robert Wagner e con la quale aveva lavorato nel film Splendore nell'erba. Interruppe però la relazione con la Wood, per iniziarne un'altra con la sorella della stessa, Lana Wood, causando un conflitto insanabile tra le due.
Amante di Leslie Caron, quando questa era ancora sposata a Peter Hall, venne coinvolto nella loro causa di separazione e additato come uno sfasciafamiglie, termine più educato dei tanti epiteti che gli vennero appiccicati addosso.
Fidanzatosi seriamente con Julie Christie dal 1967 al 1973, la lascia per un flirt con Goldie Hawn, che a sua volta lascerà per intraprendere relazioni con Cher e Michelle Phillips.
L'incontro con Diane Keaton, della quale si innamora perdutamente, sembra essere il legame più duraturo tra i due, almeno fino alla realizzazione di Reds, che mette a dura prova il loro rapporto e li spinge a separarsi. Consolatosi con Isabelle Adjani, frequenta Madonna prima e durante la lavorazione del film Dick Tracy, finendo per questo nel documentario A letto con Madonna (1991).
Nel 1992, sorprendentemente, sposa la collega Annette Bening, dalla quale ha quattro figli.