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Annientamento, la paura per l'altro che sono io

Lo sci-fi come genere per esplorare l'interiorità più profonda, da Garland a Villeneuve senza dimenticare la lezione di Blade Runner.
di Claudia Catalli

Annientamento

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Natalie Portman (Natalie Hershlag) (43 anni) 9 giugno 1981, Gerusalemme (Israele) - Gemelli. Interpreta La biologa nel film di Alex Garland Annientamento.
mercoledì 21 marzo 2018 - Netflix

C'è una caratteristica che accomuna due dei più acclamati film di fantascienza degli ultimi tempi con il nuovo film di Alex Garland Annientamento, disponibile su Netflix. Come già accadeva abbondantemente in Blade Runner 2049 (guarda la video recensione) e in Arrival, la fantascienza, da genere cinematografico a se stante, è destinata ancora a mutare (e mai verbo fu più appropriato per Annientamento, capirete il perché) e contaminarsi con qualcosa che c'entra poco con gli effetti speciali - pur suggestivi e potenti in tutti e tre i film citati - e molto più con l'introspezione, l'analisi, la metafisica.

I nuovi maestri nell'arte dell'uso del genere sci-fi a scopo esistenziale si divertono a mettere in scena qualcosa che solo la fantascienza può permettere, a livello visivo, ma che abita il fondo di ognuno di noi.
Claudia Catalli

Le questioni primordiali sull'identità, l'appartenenza, l'origine, per non parlare dello studio del doppio, tòpos narrativamente potente e infatti ricorrente in tutti e tre i film, declinato rispettivamente nella forma dei replicanti, degli alieni e di quel duplice che non vi sveliamo ma che nel finale di Annientamento si manifesta in tutta la sua forza epifanica ed evocativa.


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Una scena del film.
Una scena del film.
Una scena del film.

Natalie Portman non è una scelta casuale. È anzi probabilmente l'interprete che più ha voluto intrecciare la propria carriera con l'esplorazione di sé, delle viscere dell'animo umano, del doppio che ci abita dentro (Freud parlerebbe di "perturbante", e sarebbe anche molto in linea con quanto vediamo accadere in Annientamento). Già ne Il cigno nero di Aronofsky era sospesa tra fase allucinatoria e realtà, costretta a combattere contro i fantasmi della duplicazione della propria interiorità, quello che Pessoa definiva "l'altro che sempre siamo". Annientamento - vedrete in quali nuove modalità - riprende il concetto dell'altro come specchio di sé (aggiungendoci il "geneticamente modificato") e finisce per farsi metafora della paura dell'altro come paura di accettare il cambiamento in se stessi.

L'eroina sceglie, come le sue compagne di azione, di imbarcarsi in una missione impossibile perché incapace di accettare un presente pieno di traumi e di dolore.
Claudia Catalli

La curiosità di scienziata si fonde con la voglia di azione della soldatessa e il tormento nostalgico della vedova, generando una catena di azioni e reazioni volte al "tornare indietro". Salvare il pianeta per salvare quanto di più proprio: forse il marito, forse la sua stessa concezione di amore, forse un passato felice ed irrecuperabile. Serpeggia tuttavia silenziosa una speranza di futuro: il cambiamento prevede una fase distruttiva - l'annientamento, appunto - ma tutto ciò che sembra pericoloso, sostiene Portman verso il finale, può rivelarsi qualcos'altro. Qualcosa di non minaccioso, ma volenteroso di cambiare, di fare qualcosa di nuovo.
È potente e suggestiva la metafora che sottende il nuovo film di Alex Garland, che del resto già nel suo primo film Ex Machina non faceva che sviluppare la tematica del doppio, declinandola in modo senz'altro diverso, ma ugualmente efficace.


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