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Il film più bello dell'anno? Milano-Sanremo

Il trionfo di Vincenzo Nibali, l'attore di sport più amato dagli italiani.
di Pino Farinotti

lunedì 19 marzo 2018 - Focus

Sabato 17 marzo la televisione di stato ha presentato il più bel film dell'anno. Cinque stellette sono persino poche. La Milano-Sanremo con vittoria di Vincenzo Nibali. Il siciliano è l'attore di sport più amato degli italiani. Ha vinto Giri, Tour, campionati nazionali, grandi classiche. È l'unico atleta completo, capace di vittorie così diverse. E poi la Sanremo, che non è un corsa, e neppure un evento qualunque.

Sabato è stato un film completo, ha rappresentato tutte le cifre e le emozioni del cinema.
Pino Farinotti

Il freddo e la pioggia in Lombardia e la relativa sofferenza degli attori; lo scenario del sole in Riviera: lo spettacolo, il dolore e l'estetica; alcune cadute pericolose: il thriller; il gruppo prima degli attacchi: l'attesa; l'attacco di Nibali sul Poggio: il coraggio; lui che stacca l'avversario: il duello: lui che rimane solo, l'eroe; la picchiata in discesa: la paura; l'ultimo chilometro mentre il gruppo è sempre più vicino: la suspense; la vittoria a mani alzate: l'happy end. Che attore e che performance. E quanti... Academy. E poi qualcosa che in sala non vedi: il tripudio del popolo per via del "più amato", appunto. Ma c'è molto di più. C'è la Milano-Sanremo e la sua storia, che è una grande storia, evocata dell'impresa non ordinaria di Nibali. È doveroso raccontarla.


In foto Vincenzo Nibali durante la Milano-Sanremo.
In foto Vincenzo Nibali durante la Milano-Sanremo.
In foto Vincenzo Nibali alla premiazione della Milano-Sanremo.
Quel 1946

Il contesto. Milano, inizio primavera 1946. La città presenta ancora i segni dei devastanti bombardamenti dell'agosto del '43, che non hanno risparmiato tesori simbolo come il Duomo e la Scala. Il sindaco è Antonio Greppi, di Angera, lago Maggiore. È un socialista indicato dal Cln, comitato di liberazione nazionale. È uomo di amministrazione e di cultura. Ha fatto la Resistenza. Sa guardare avanti, ha coraggio. Usa le poche risorse disponibili per le case popolari ma non dimentica di restaurare il Duomo e la Scala. Ritiene che, al di là delle necessità primarie, occorra dare un segnale potente: il Duomo e la Scala, fiaccole accese visibili dal mondo, ripristino della magnifica tradizione culturale milanese e italiana. Ma c'è dell'altro, a Milano.

In piazza Castello, il 18 marzo, san Giuseppe, si raduna il movimento del ciclismo, per la Milano-Sanremo, 37esima edizione: i ciclisti, giovani di tutti i paesi che la Guerra ha messo contro, e non ne avevano voglia. Sono commossi, non si vedono da sei anni, alcuni si abbracciano, altri... non ci sono più.
Pino Farinotti

Fra i molti c'è Gino Bartali, che durante la guerra, nascosti nel telaio, portava documenti che salvavano vite di ebrei, che sarebbe stato nominato, anni dopo, "giusto tra le nazioni" dallo Yad Vashem, il sacrario della Memoria di Gerusalemme. C'è Fausto Coppi, che era stato per due anni prigioniero degli inglesi in Tunisia. La guerra aveva dunque fermato il mondo e aveva fermato lo sport. Non c'erano stati Olimpiadi, campionati mondiali di calcio, di ciclismo e di nessuno sport, campionati europei e nazionali, non si erano corsi il Giro e il Tour. Tutto sospeso. Ma ecco quella Milano-Sanremo. L'evento, il primo da cui tutto ricominciava: e non solo le grandi manifestazioni di sport dette sopra, ricominciava l'Europa. Quel raduno sanciva la normalità, soprattutto la pace, ritrovate. La carovana si mette in moto. Raggiunge la Conca Fallata di Leonardo, sul Naviglio pavese, dove è fissata la partenza. Nemmeno un anno prima, su quella strada, statale 35, in senso opposto, passavano i camion e i cingolati degli alleati che andavano a liberare Milano.  


In foto Gino Bartali.
In foto Gino Bartali e Fausto Coppi.
In foto Fausto Coppi.
La fuga

Partenza. Dopo pochi chilometri, a Binasco, già si è formata la fuga che comanderà la corsa. Fra gli attaccanti c'è il francese Tessaire, ci sono un belga, un inglese, un tedesco, qualche italiano. Soprattutto c'è Fausto Coppi. A condurre il treno è quasi sempre lui. Sul Turchino scatta una, più volte. In cima al passo è rimasto solo. L'ultimo a cedere, Tessaire. Fausto si lancia in discesa, plana in riviera, pedala senza scomporsi, in pianura. Supera i tre capi, Mele, Cervo, Berta. Sa che il distacco si è dilatato. La gente si accalca ai bordi della strada. A milioni. Le immagini di allora rimandano facce scavate, ancora sofferte. E nessuno è... elegante. Coppi arriva a Sanremo, imbocca la via Roma, l'ultimo chilometro, quasi di inerzia. Taglia il traguardo, l'esultanza di tutti è abnorme, nell'incredulità di quel momento che sembra impossibile, sembra un sogno.

Fausto è sul palco, lo sostengono, aspettando gli altri, che non arrivano. Lo speaker della radio, Mario Ferretti dice: "in attesa trasmettiamo musica da ballo". Tessaire arriva dopo 14 minuti, Bartali dopo 18. E così Coppi divenne il simbolo del Paese che si rialzava dalla guerra, e il modello degli italiani, sconfitti, umiliati e... poveri, che si identificarono in lui. E quella festa povera, ma sempre una festa, continuò.
Pino Farinotti

Negli anni a venire Fausto, col suo antagonista Bartali che certo va ricordato, amato come mai nessun altro eroe dello sport, continuò a rappresentare quella rivincita e quella speranza, finché c'erano ricordi tristi, fatiche per recuperare, ipotesi di una buona vita che prima o poi la nazione avrebbe toccato.
Quella rivincita italiana innescava un anno, il 1946, che avrebbe portato al referendum e subito dopo, a giugno, alla prima seduta dei padri costituenti per dare una Costituzione alla neonata Repubblica. Mentre De Gasperi preparava il suo viaggio in America, da sconfitto ma con dignità, ad affrontare quel congresso e a chiedere aiuti al presidente Truman. Che arrivarono. E così la nazione si rimetteva in linea con le potenze del continente. Tutta roba da politica e da cambiamenti. Roba da Storia. Ma il nome più pronunciato alla radio, più scritto sui giornali e sui muri era Fausto Coppi.
Vincenzo Nibali, con quell'impresa, ha ricreato quel tempo e quella memoria. Con un dato in più, non banale: alle spalle dell'italiano, sulla linea del traguardo sono passati atleti di una trentina di nazioni.


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