La predilezione per i personaggi femminili ha fatto pensare a una solidarietà ideale con le sue protagoniste. Ma non è così.
di Roy Menarini
Anche se il confronto tra un virile regista di simpatie poco "correct" come Don Siegel (La notte brava del soldato Jonathan) e l'apparentemente dolce, elegante Sofia Coppola (che ha diretto la nuova versione cinematografica del romanzo di Thomas P. Cullinan) viene spontaneo, nulla sarebbe più sbagliato di questa facile contrapposizione. Anzitutto, le sotterranee perplessità intorno al premio per la Miglior Regia che Sofia Coppola ha ottenuto a Cannes 2017 sono fuori luogo.
La regia, dimensione estetica spesso fraintesa, necessita talvolta di premi tecnici, e non è difficile immaginare che l'autrice americana abbia ottenuto l'alloro per il lavoro sull'immagine costruito insieme al grande direttore della fotografia Philippe Le Sourd.
L'inganno (guarda la video recensione), infatti, è stato girato con una macchina da presa Arricam a 35 mm, quindi in pellicola. Certo, anche il digitale avrebbe catturato la luce a bassissima intensità delle candele che, insieme alla luce naturale, donano la (scarsa) visibilità agli interni del set, ma non avrebbe avuto la medesima restituzione della materia, delle stoffe, della natura e delle ombre, materiali espressivi indispensabili al film. Coppola, poggiando su questo apriori tecnico ha poi costruito un racconto coerente - da lei stessa sceneggiato - enfatizzando proprio questo elemento di immersione nel realismo del periodo, aiutata anche da uno dei sound design più vividi di questi anni.
Tuttavia, anche rinunciando a un elogio squisitamente formale dell'opera, ci sembra che continui a permanere un fraintendimento di fondo sulla poetica di Sofia Coppola. Il fatto che i suoi personaggi d'elezione siano principalmente femminili, ha fatto credere negli anni che fosse anche una autrice in qualche modo femminista, o comunque vicina a una solidarietà ideale con le sue protagoniste. A ben vedere, le cose non stanno così.
Sofia Coppola suggerisce una linea comune ai suoi film: la prevalenza degli istinti imposti da età e genere sessuale sui condizionamenti socio-storici di riferimento.
La sua Maria Antonietta era un'adolescente le cui paturnie confliggevano con il ruolo nobiliare di riferimento, le vergini suicide rifiutavano in blocco le scelte che la società prevedeva per loro fino a spingersi al suicidio melanconico, le ragazze di Bling Ring (forse il film più radicale e incompreso) sfogavano il proprio vuoto esistenziale immettendolo in un vuoto altrettanto illogico travestito da feticismo...e così via. Le donne di Sofia Coppola non sono affatto idealizzate, vivono di tempeste emotive, disagi fisici, depressioni cosmiche, desideri brucianti, gelosie distruttive, sottomissioni volontarie, menzogne infide e ingenuità colossali. La Coppola è un'osservatrice, spesso distante dai personaggi - di qui la sensazione di freddezza e di oggettività che le viene talvolta rinfacciata - e tutt'altro che ispirata da facili retoriche della retorica gender.