La disposizione geometrica delle macchine da presa e degli attori forniva allo spettatore dei punti di vista 'teatrali' in cui la profondità dello sguardo era permessa dal 3D.
di Giancarlo Zappoli
Se è vero che Alfred Hitchcock sapeva sempre dirigere non solo le riprese e gli attori ma anche gli spettatori, ciò si dimostra ancor più evidente in Il delitto perfetto in cui decide di utilizzare il 3D nel 1953. In particolare, il regista vede l'opportunità di sperimentare il 3D nella vicenda di un marito intenzionato a sopprimere la moglie (sposata per interesse) perché convinto possa essersi re-innamorata di un scrittore di gialli.
Sono oltre 20 i film scelti da SKY per raccontare dall'8 al 16 ottobre - attraverso uno speciale canale tematico - la storia del cinema in 3D dei visionari e sperimentatori che in oltre 100 anni di storia hanno utilizzato il linguaggio narrativo e la tecnologia 3D per finalità cinematografiche differenti. Tra questi: Viaggio nel cinema in 3D (presentato alla 73. Mostra di Venezia), Il delitto perfetto, La piccola bottega degli orrori, Baciami Kate!, La maschera di cera, Amytiville, Il mostro della laguna nera, Terrore alla tredicesima ora e Top Gun.
Si trattava di una tecnologia sulla quale nutriva più di una remora. Riteneva infatti che troppi film rinunciassero a una trama di valore perché a Hollywood si pensava che bastasse far fuoriuscire degli oggetti dallo schermo per spaventare e soddisfare gli spettatori. Hitchcock vuole evitare il più possibile di cadere in quella trappola e per far ciò decide di rischiare. Sceglie infatti l'adattamento di un testo teatrale di Frederik Knott e sperimenta la tridimensionalità nel chiuso di un appartamento londinese. Sarà la disposizione geometrica delle macchine da presa e degli attori a fornire allo spettatore dei punti di vista 'teatrali' in cui la profondità dello sguardo permessa dal 3D costituirà la novità.
Peccato però che il film vada in postproduzione tra la fine del 1953 e l'inizio del 1954 quando l'attrazione verso il 3D da parte del pubblico è scemata perché in diverse sale si sono verificati problemi tecnici di proiezione. Il film viene così distribuito nella versione a due dimensioni. Bisogna attendere il febbraio del 1980 perché allo York Theatre di San Francisco si possa finalmente ammirare la copia originale. È così possibile comprendere come anche ogni singolo oggetto presente nell'appartamento sia frutto di un'attenta considerazione finalizzata alla resa in 3D.
Il regista non esita anche a realizzare oggetti sovradimensionati per realizzare effetti che offrano invece allo spettatore una sensazione di realismo, così come in alcuni casi posiziona la macchina da presa in buchi nel pavimento per accentuare, con uno sguardo obliquo e dal basso, la tensione delle situazioni.
Tutto ciò significa che Hitchcock non utilizzerà mai il tanto (da lui) deprecato effetto 'pop up' (cioè la sensazione che oggetti o persone si protendano verso lo spettatore)? Non siamo al cospetto di un regista rigidamente ancorato alle proprie considerazioni. Ritiene infatti che in una situazione precisa il suddetto effetto sia funzionale all'azione e ne fa uso. Si tratta della scena madre in cui Grace Kelly viene aggredita. È di spalle e protende una mano all'indietro come per chiedere soccorso. Quindi afferra una forbice, che lo spettatore vede venire verso di sé, e la conficca nel corpo dell'aggressore. Chi guarda si sente partecipe della scena in maniera mai provata prima. Pochi mesi dopo la proiezione allo York Theatre, Hitchcock muore. Il delitto perfetto in 3D diviene così simbolicamente il suo lascito e anche il suo monito per il cinema tridimensionale.