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ONDA&FUORIONDA

E Roma città aperta cambiò il cinema.
di Pino Farinotti

In foto una scena di Roma città aperta di Roberto Rossellini.
Aldo Fabrizi 1 novembre 1905, Roma (Italia) - 2 Aprile 1990, Roma (Italia). Interpreta Don Pietro Pellegrini nel film di Roberto Rossellini Roma città aperta.

domenica 13 aprile 2014 - Focus

Roma città aperta è tornato al cinema. Il film è stato distribuito in 70 sale. Lo si deve al lavoro, davvero importante, più che benemerito della cineteca di Bologna, dell'Istituto Luce e della Cineteca Nazionale. Un dato rilevante: le sale erano piene. Il film di Rossellini è l'ultimo di una serie ultranobile che ha riportato sul grande schermo titoli che da sempre abbiamo visto sul piccolo, oppure in certe sale d'essai che avevano recuperato, dove potevano, copie non all'altezza. In questo caso il restauro è partito dal negativo e il risultato, l'ottimizzazione, è davvero visibile a occhio nudo. Alcuni delle opere precedenti riportati nella sale, sono Les enfants du paradis, Vogliamo vivere, Il Gattopardo. Naturalmente a suo tempo non ho perso l'occasione per scriverne. L'assunto era che in un momento in cui il cinema soffre di qualità, dovunque, soprattutto da noi, questi capolavori ci ricordavano che c'era un tempo in cui si facevano film perfetti. È interessante un dato "grafico", chiamiamolo così. Tutte le testate che riportano il giudizio dei film in stellette attribuivano ai classici restaurati il voto più alto: 5 stellette. Ho detto "grafico" perché il "cinque" campeggiava vicino ai "due" o "tre". La differenza era visibile e tangibile. Mi piace anche rilevare qualcosa in chiave positiva. "A fronte" del capolavoro di Rossellini, in queste settimane vive un altro titolo italiano importante, La grande bellezza, vincitore, con merito, dell'Oscar. È ottima cosa che Sorrentino abbia posto al centro del movimento del cinema internazionale qualcosa di italiano. Ho scritto molto di quel film, se devo racchiudere tutto in una sintesi dico: ottimo film imperfetto. Ma ... ce ne fossero così. Certo Roma città aperta è un monumento troppo vasto e invasivo per un confronto. La vicenda del realismo è conosciuta, si è dibattuto su quale sia il titolo eponimo, prima questo o prima quello. Ma è vero che quel film cambiò il cinema. Con un paradosso magnifico che racconto più sotto: lo cambiò dall'America. Nella Roma occupata dai tedeschi si incrociano alcune storie. Pina, vedova con un bambino, sta per sposarsi con Francesco. La Gestapo è sulle tracce di certo ingegner Manfredi, capo partigiano. Tutto questo avviene nella giurisdizione di don Pietro, riferimento di tutti, adulti e bambini. La Gestapo fa irruzione nel palazzo, cattura Francesco, ma si fa sfuggire Manfredi. Pina muore falciata da una raffica di mitra, mentre rincorre il camion che porta via il suo uomo. Manfredi viene alla fine catturato e muore sotto tortura. Don Pietro, che ha portato soldi ai partigiani, viene fucilato. Roma era appena stata liberata e Roberto Rossellini diresse il film con pochi mezzi. Il regista perfezionava dunque il neorealismo, quel modo di narrare attraverso fotogrammi che sembravano confondere la fiction col documento. Nei contenuti e nelle immagini. I tedeschi che radunano i prigionieri, spingendoli coi fucili, la gente per strada, i gruppi di bambini, la scena della morte della Magnani, sembrano istantanee della guerra vera. La drammaticità, la verità della ricostruzione hanno l'effetto di rilanciare il dramma e il coinvolgimento. Da questo film usciva un'immagine del popolo italiano ben diversa da quella accreditata fino ad allora: gente passiva, capace soltanto di obbedire allo scomodissimo alleato tedesco e di tradirlo al momento opportuno. Cinquant'anni dopo Steven Spielberg nel suo Schindler's List cerca di infondere nelle scene la drammaticità e la verità del realismo alla Rossellini. Gli è riuscita la drammaticità, non la verità. Nel 1996 Carlo Lizzani ha diretto Celluloide, la storia della produzione di Roma città aperta. Emersero vicende non del tutto conosciute. Per cominciare la censura: il film non ebbe il permesso per essere proiettato. Fu grazie a un ufficiale americano di stanza a Roma, figlio di un produttore, che riuscì ad essere proiettato, in America. Fu tale il successo e la commozione che, di ritorno, anche gli italiani poterono andare al cinema per vedere Roma città aperta. Ecco cosa scrisse del cinema di Rossellini il grande poeta francese Paul Éluard: "Un popolo che si dibatte contro la potenza dei padroni, la propria debolezza, l'ingiustizia e la miseria; un film dove si confessano non solo le proprie colpe ma la propria innocenza, il proprio valore e le proprie buone azioni, non soltanto le proprie disgrazie. Il regista non intende mostrare gli uomini del suo paese migliori di quel che sono, ma con audacia tranquilla e sconvolgente compensa e rettifica il passato delle vittime con la speranza degli eroi".

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