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ONDA&FUORIONDA

Papa Francesco e.... Il pranzo di Babette.
di Pino Farinotti

In foto papa Francesco.

domenica 17 marzo 2013 - Focus

Dico subito che il titolo potrebbe sembrare quasi irriverente. Non è davvero mia intenzione. Rispetto la Chiesa, soprattutto rispetto il suo capo assoluto, che non sta a Roma e l'amministratore delegato che sta a Roma. Ho scritto libri che lo attestano. In questa sede deve interessarmi l'aspetto "spettacolo", l'aspetto "cinema". Parlo di piccolo schermo, e anche di grande schermo. Parlo di Jorge Mario, papa Francesco naturalmente. L'aspetto buono del piccolo schermo è che ce lo sta facendo conoscere, e sembra profilarsi una figura diversa, decisa, e "alta". È uomo d'azione dai simboli efficaci: paga personalmente un conto, va in autobus, la sua croce non è tempestata di diamanti, parla di croce, telefona direttamente ai suoi amici, li va a trovare in ospedale. Mi fermo qui, non è mia competenza illustrare il nuovo papa, lo fanno già in molti, nelle sedi competenti e magari anche ... incompetenti.
Se dico cinema non posso non citare Moretti. Habemus papam evocava la figura di un pontefice in crisi di identità e di fede, Bergoglio non manca di identità, lo ha fatto capire subito, e certo non manca di fede.

Doppia
E poi c'è il piccolo schermo, l'amico-nemico, nel senso che vive di doppia funzione, quello invasivo di dover tutto rappresentare, in termini di cronaca, spettacolarità, magari pettegolezzo, e quello della conoscenza che ho detto sopra. Nei gironi d'attesa del conclave, la televisione ha irradiato nell'etere uno spettacolo strepitoso, una vera mondanità, di colori, riti, sfilate, red carpet, costumi bianchi, rossi, d'oro, absidi, navate, altari, con le location più belle del mondo, la basilica e la sua cupola, l'abbraccio ecumenico del colonnato del Bernini. Tutto santificato dall'opera più grande e mistica dell'arte universale, la Sistina, con quel Dio che dall'alto tutto tiene d'occhio, immaginato dalla grazia sovrumana di Michelangelo. Che set. Che spettacolo e che sfarzo, e tutto vero, tutto reale. Al confronto produzioni come Ben Hur, o Alexander, o Troy, sono dei semplici disegni preparatori dell'affresco finale. Tutti noi che eravamo attenti a quelle tende dietro il balcone da cui si sarebbe affacciato il neoeletto papa, quando le tende si sono aperte, le prime immagini inquadravano i registi dell'emittente vaticana. La televisione era a conoscenza del "gaudium magnum" prima dell'urbe e dell'orbe. È un segnale di grande potenza, troppa potenza del medium, ma le regole della nostra epoca sono queste. Il grande fratello anticipava la grande fratellanza cristiana.

Cuore
Comunque grazie alla televisione (buona), di Papa Francesco si conosce molto, anche il suo film del cuore. È Il pranzo di Babette, di Gabriel Axel, tratto dal racconto di Karen Blixen, danese. Se si intende leggere questa predilezione cinematografica papale come un'indicazione significante ebbene, le indicazioni ci sono. Babette è transfuga dalla Comune di Parigi, un governo socialista che visse, brevemente, nella primavera del 1871, repressa con le armi. Babette, che ha visto un figlio ucciso dalla reazione arriva stremata in un villaggio danese accolta da due vecchie signore, guide spirituali del borgo, figlie di un pastore protestante, di nome Martina e Philippa, in onore a Martin Lutero e Filippo Melantone, amico dello stesso Lutero e personaggio decisivo nell'azione per la riforma protestante. Più... luteranesimo di così. Il villaggio è un luogo triste, dove vige solo una ritualità essenziale, dove non accade nulla, tutto rimane immobile e grigio, niente viene dato e ricevuto. Babette, che si è vista recapitare il denaro di una vincita, organizza un pranzo ricco e magnifico, quasi metafisico, che porta ai commensali, fra cui ospiti che sanno capire e apprezzare, gusti, valori, e felicità sconosciute. Le portate, favolose, passano fra facce attonite, occhi sbarrati, cuori in festa. La "parigina" ha dunque portato un sentimento e una cultura diversi e felici. È entrata in un micromondo, lo ha conosciuto e lo ha cambiato. Non è davvero difficile immaginare un contrappasso, con Francesco che arriva nella Chiesa e nella Curia e... agisce. "Facce attonite, occhi sbarrati" è certo verosimile. Cuori in festa... andrà verificato. E chissà se Francesco, accreditando Babette, lo ha fatto di getto, o valutando simboli e metafore. Ma non ha grande importanza la cifra ragione&sentimento. Ha importanza che il papa faccia sua quella storia.

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