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ONDA&FUORIONDA

Celentano/Cattelan: il rapporto impossibile. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto Maurizio Cattelan.

domenica 5 febbraio 2012 - Focus

Maurizio Cattelan ha voluto rapportarsi, scrivendogli, ad Adriano Celentano. È una notizia di questi giorni, nell'ambito, pesante ed infinito, del festival di Sanremo.
Chi sia Adriano Celentano è superfluo raccontarlo. Maurizio Cattelan invece è un nome che corre, e molto, soprattutto negli ambienti artistici. Ho detto "soprattutto" perché sarebbe riduttivo relegarlo in una, seppure nobile, nicchia. Parte del grande pubblico, soprattutto milanese, se dici "Cattelan" evoca quei bambini appesi agli alberi, poi papa Wojtyla oppresso dal meteorite, e soprattutto il famoso "dito" piazzato davanti alla Borsa a Milano. Ma naturalmente c'è una storia pregressa diventata molto importante a posteriori, quando ci si è accorti che Cattelan non era solo un controverso provocatore, un furbo con antenne sensibili rivolte a cogliere l'occasione per un'idea e una successiva rappresentazione scandalosa. Qualcosa che può essere definito un "valore" di Cattelan è l'impossibilità di costringerlo in una definizione, o in uno schema o in una corrente. Si è detto "astratto, concettuale, pop, dada" ma sempre si veniva respinti da una nuova opera. È difficile persino definire il suo lavoro: sono sculture, sono performance, sono installazioni? Sono niente e tutto delle tre definizioni. Ma è certo che l'artista, magari dopo aver concepito "casualmente" un'idea, poi la carica di contenuti profondi. Anche le metafore e i simboli, una volta accreditati, una volta espressi in chiavi magari criptiche al primo impatto, finiscono per approdare a qualcosa che si fa sempre più chiaro, con una messa a fuoco lenta ma con un approdo finale univoco. I bambini appesi nel 2004 in Piazza XXIV maggio indussero un anziano, scandalizzato, a rimuoverli. L'uomo si ferì, Cattelan lo fotografò e ne fece parte integrante dell'opera.

Naturalmente l'indicazione sociale era l'impossibilità, da parte dei bambini, di vivere decentemente in una città come Milano. Bambino: è importante. Occorre conoscere qualcosa del privato di Maurizio Cattelan. Racconta di essere stato un pessimo scolaro, e un figlio non capito. Ricorda una grande povertà. Ed evoca un padre-padrone che poi, e questo non è un racconto del protagonista, ma una dato oggettivo, gli ha ispirato opere decisive, a cominciare dalla "Nona ora", con Wojtyla, nata per una Biennale veneziana, sviluppatasi con l'idea del meteorite: l'uomo più potente del mondo, il padre dei padri (eccola la figura del padre) è schiacciato da quel peso e soccombe. E ancora tante provocazioni: ancora a una Biennale l'artista fece passeggiare un uomo con una maschera enorme di Picasso. O ancora se stesso, in tanti modi: un piccolo Maurizio vestito di feltro o appeso a uno stendino (citazione di un artista storicizzato, Joseph Beuys), o che sbuca da un pavimento all'interno di un importante museo; e poi lo scoiattolino della Disney che si è suicidato con una pistola; Pinocchio che galleggia in una fontana nel Guggenheim; il cavallo in tante versioni: con la testa infilata nel muro, appeso con le gambe allungate o a terra trafitto da un cartellino con scritto I.N.R.I. E mille altre immagini. Opere discutibili, e discusse. Ma è indubbio che davanti a un lavoro di Cattelan se non scatta, almeno si segnala, la cosiddetta sindrome di Stendhal. E poi un dato che, come si dice, taglierebbe la testa al toro: il Guggenheim di New York gli ha dedicato una personale, con tutte le opere più importanti, rilanciata nel mondo. Non era mai successo a un italiano. Insomma un artista del mondo, opportunamente "matto", illeggibile, ma certo "Cattelan", un unicum. Ed era da tanto, tanto tempo, che un nome italiano non occupava uno spazio così alto nel movimento generale dell'arte.

Vocazione
Tutto questo Cattelan per arrivare a Celentano. Dunque un artista imprevedibile per vocazione e programma, terrorizzato dal "prevedibile-banale-demagogico-già visto-già detto, a fronte di un cantante che a un certo punto, ha deciso di essere profeta di una personale novella per il mondo. Idea pessima. Velleità di una cultura da media inferiore, ignara della propria ignoranza, incoraggiata dall'audience, ignara anche del fatto che l'audience è un disastro. Il meccanismo celentaniano prevede una frase lenta, generica, che innescherà l'argomento. Con una premessa di silenzio, magari lungo, uno spazio di ragionamento, di speculazione, di approfondimento che poi approderà... a niente. Ecco alcuni fiori della filosofia e della poetica dell'ex ragazzo della via Gluck. E trattandosi di poetica, stiamo ai versi sciolti.

Gli italiani sono brava gente
Dei politici non ci si deve fidare
Il cemento soffoca il verde in città
L'illuminismo ha distrutto la fede
Il Paradiso è bello
I soldi si svalutano e c'è l'inflazione
L'inflazione è contro i poveri
Perché lo stipendio vale meno
Nel mondo ci sono le guerre
Sulla terra c'è l'inquinamento
Anche il mare è inquinato
I giornali e la televisione inquinano le menti
Se perdi il lavoro perdi la serenità
Gli operai fanno bene a scioperare
I ragazzi italiani sono bravi ma in difficoltà
Le difficoltà gliele hanno create i politici
I politici dovrebbero essere affiancati dai filosofi
E anche dai poeti
Che hanno idee diverse ma buone.

Molti
Tutto questo, molti di noi, forse tutti, già lo sapevano.
Eravamo arrivati al punto che Celentano distribuiva qualità e attribuendo i giudizi, "lento e rock", si era eletto a divinità che destinava al paradiso o condannava all''inferno. Sì, come l'Alighieri. Quando gli chiesero di Berlusconi trovò modo di non sbilanciarsi.

Scrittore
Per un programma di Celentano la Rai chiamò Vincenzo Cerami, insieme ad altri, per i testi. Cerami è un grande scrittore, ha collaborato a quasi tutti i film di Benigni e ha firmato libri di narrativa e di didattica che fanno testo. È una delle più belle intelligenze del nostro Paese. Insieme, eravamo membri della Commissione consultiva del cinema dei Beni culturali. Quando seppi del suo intervento guardai con attenzione le esternazioni di Celentano. Ma... non era cambiato niente. Ne chiesi la ragione a Cerami e gli domandai anche come mai avesse accettato. "Sai" disse "io sono sceneggiatore, Celentano poteva essere un esperimento. Comunque non ho trovato niente dei miei suggerimenti, anzi era lui a volermi insegnare a scrivere". Una volta ero in conferenza stampa per la presentazione di 7 km da Gerusalemme, il film tratto dal mio romanzo. Accanto a me Rosalinda Celentano, che aveva una parte decisiva, una malata terminale atea assoluta che proprio alla fine viene colta da qualche dubbio. Rosalinda è bizzarra e provocatoria, ma possiede sensibilità e intelligenza vere. Un giornalista l'attaccò col sorriso, in modo pretestuoso e concluse la replica dicendo "mi aspettavo una risposta più diretta cara signorina Celentano". Il tono delle ultime tre parole non era gentile. Rosalinda ribatté: "Celentano sarà lei".

Cachet
E poi l'ultima vicenda. Adriano devolverà il cachet in beneficenza. I destinatari saranno, sappiamo, Emergency e famiglie di poveri indicate da alcuni sindaci. Il concetto è sempre lo stesso: banale&demagogico e gli aggettivi detti sopra.
Questo è il Celentano profeta, quello che parla, quello che non serve. Ma certo non posso dimenticare l'Adriano che canta. L'artista che ha attraversato metà del novecento ed è qui anche adesso, c'è sempre. L'artista dell'incanto. Le sue canzoni hanno segnato i tempi, erano qualcosa di buono e bello, un sortilegio immancabile. Da "Il tuo bacio è come il rock", "Sei rimasta sola", "Stai lontana da me", "Pregherò", "La coppia più bella del mondo", e poi "Azzurro", e su, su fino a "Io non so parlar d'amore". E un altro centinaio di canzoni che hanno accompagnato tutti. Queste erano "parole", questo era potere. E non c'era bisogno di silenzi per il pensiero. Tutti noi ci siamo dentro, in Celentano, molti di noi coi loro anni migliori, con gli amori giovanili, con la ragazza tenuta fra le braccia mentre lui cantava una canzone. L'artista successivo, nella sua evoluzione superflua e invasiva, non ha toccato quello dell'incanto. Lo ha disturbato. Adriano è riuscito a farsi un po' male, ma il suo vecchio, prevalente sortilegio, rimane intatto, nonostante tutto.

E Cattelan lo ha provocato, ha voluto portarlo sul suo terreno, un terreno solo suo. Celentano è un terrestre l'altro è un "extra". Maurizio ha voluto fare di Adriano un soggetto di una performance. Qualcuno glielo spieghi, ad Adriano.

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