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Viggo Mortensen racconta se stesso e il suo lavoro

Al Festival di Roma l'attore incontra il pubblico e ripercorre le principali tappe della sua carriera.
di Gabriele Niola

Viggo, l'attore senza metodo
Viggo Mortensen (65 anni) 20 ottobre 1958, New York City (New York - USA) - Bilancia.

martedì 28 ottobre 2008 - Celebrities

Viggo, l'attore senza metodo
Ce ne sono stati di "incontri d'autore" qui al Festival del Film di Roma ma nessuno degli ospiti invitati a parlare del proprio lavoro con il pubblico pagante aveva voluto iniziare come ha fatto Viggo Mortensen, il quale da solo sul palco ha letto in italiano (lingua che parla e capisce molto bene tanto da non aver bisogno di interprete) un messaggio scritto di suo pugno.
"Voglio ringraziare voi e il Festival Del Film, sono onorato che il lavoro che ho potuto fare con tanti grandi artisti sia riconosciuto in questa maniera. Il fatto che ciò accada in una città e un paese che ama così tanto e offre così tanto al cinema è una cosa veramente speciale per me. Grazie". Gli applausi chiaramente non si sono controllati, specialmente da parte dei molti e delle molte (moltissime) fan dell'attore presenti in sala. Il pubblico non era infatti quello più compassato che capita di vedere alle proiezioni in prima serata, ma più quello che si nota ai bordi del red carpet. Cosa che ha di sicuro giovato all'evento.
Mortensen infatti è la quint'essenza dell'attore eccentrico (è discendente di Buffalo Bill, per dire), di quelli che amano indossare i panni dei personaggi che dovranno interpretare per giorni prima di iniziare delle riprese, che si mettono su una sedia a rotelle se devono interpretare uno storpio e che non parlano nemmeno fuori dal set se devono fare un muto. E quest'eccentricità si rispecchia ovviamente nell'incontro e nel modo in cui ha commentato le sequenze scelte da Lupo solitario, Alatriste, Carlito's Way, Hidalgo, Il signore degli anelli e A History of Violence.

Gli inizi
Commentando una scena da Lupo solitario, il film diretto da Sean Penn nel qual ebbe occasione di interpretare il suo primo ruolo da protagonista, Viggo Mortensen ripercorre i fatti che lo portarono a quell'esordio dopo molta gavetta.
"Ricordo che all'epoca lavoravo ad un western e un giorno tornato a casa mi trovai un messaggio scritto su un pezzo di carta sul quale mi si notificava che un certo Shen Pean [scritto con questi errori ndr] aveva chiamato. Io ovviamente pensai allo scherzo di un amico e me ne andai pensando a chi potesse essere stato e alla possibile contromossa di presentarmi all'appuntamento e fare qualche controscherzo. Poi però me lo sono trovato di fronte per davvero e ci ho messo anche un po' a riconoscerlo...".
Quel ruolo fu non solo il primo ma anche il più emblematico della sua carriera perchè era un cambiamento rispetto al passato in cui interpretava sempre bravi ragazzi, si trattava di un delinquente a cui diede spessore con una tecnica denominata "slow burn" [si tratta di un modo di recitare per il quale le emozioni e i sentimenti del personaggi emergono in maniera molto lenta lungo tutto il film] che è poi diventata la sua cifra stilistica.
"Il problema è che ci vuole un regista attento ai dettagli se no non lo puoi fare. Sean Penn è il tipo di regista che non chiama il cut alla fine di una scena ma si aspetta sempre qualcosa da te. È una cosa che ripeto quando posso, anche per esempio in Appaloosa grazie al regista Ed Harris che è un maniaco dei dettagli e così anche per i film che ho fatto con David Cronenberg. Però è raro, ci sono talmente tanti registi che non vogliono una cosa del genere!".

Bocciato dall'Actor's Studio
Non tutti sanno che nonostante abbia frequentato delle scuole di recitazione Viggo Mortensen ha tentato più volte di entrare al famoso Actor's Studio di New York senza mai riuscirci. Per 2-3 anni di fila si è qualificato per la fase finale delle selezioni senza però poi riuscire ad entrare definitivamente. Secondo le regole della scuola questo ti consente di seguire le lezioni ugualmente senza però avere il privilegio di intervenire.
Tuttavia del "metodo" che si insegna alla più famosa scuola di recitazione del mondo Mortensen non ha mai capito il senso.
"Sento spesso che la gente parla di questa cosa del metodo, ma io non so nemmeno che sia o di che stiano parlando! Un metodo è qualsiasi cosa funzioni e ogni giorno ciò che funziona è diversa da quella che funzionava il giorno precedente. L'actor studio ne ha messo a punto uno negli anni '50 partendo dalle teorie di Stanislavskij, ma davvero io alla fine non so che sia. So giusto che ha a che vedere con le emozioni e la memoria. Ma qualunque attore ti dice che non sempre funziona e spesso i registi non ti possono aiutare".
Non aderirà al metodo messo a punto da Lee Strasberg ma di certo prepara meticolosamente i suoi personaggi: "La parte che amo davvero è la preparazione e quando ricevo uno script chiedo sempre che succede al mio personaggio prima della pagina 1, quali cioè sono i presupposti da cui egli parte. Ad esempio per Carlito's Way, nonostante io parli spagnolo, sono dovuto andare ad East Harlem, nella zona portoricana, perchè non ho quell'accento e volevo stare un po' con i portoricani per sentire la musica del loro parlare oppure ascoltavo la musica salsa e ne cercavo il ritmo".
"Il punto è che ci sono cose che so che posso fare e altre in cui non sono bravo" continua l'attore "se avessi avuto due giorni di tempo per preparare il personaggio di La promessa dell'assassino non ce l'avrei mai fatta. Per Il signore degli anelli o Appaloosa invece ci ho messo pochissimo".
Attesissimo chiaramente arriva anche l'immancabile aneddoto comico al riguardo: "Il segreto è continuare a fare anche da adulto cose rischiose per le quali magari potresti essere condannato ma sei un attore e lo puoi fare. Quando mi preparavo per Il signore degli anelli andavo la domenica in una zona industriale a provare i combattimenti con mantello, spada e scarpe di ginnastica e così conciato correvo per strada, sembravo un ragazzino, tanto che i poliziotti mi hanno fermato e mi hanno detto: "Ma si può sapere che stai facendo??". Mi trattavano come un matto".

Una faccia da cattivo e un passato da buono
Anche Viggo Mortensen come molti attori di successo si scontra con il problema di rimanere troppo legato ad un personaggio. Nel suo caso la svolta che gli ha fatto fare l'aver preso parte al grande successo di Il signore degli anelli ha condizionato poi tutto il suo lavoro successivo, sempre incentrato su ruoli da guerriero. Ma non è stato sempre così.
"Il cinema se funziona e fa soldi diventa business. Ci sono persone che investono e che pensano che se il guerriero funziona a quell'attore si fa fare di nuovo il guerriero così da farci di nuovo altri soldi. In realtà quando ho iniziato a recitare sembravo più giovane della mia età e la mia voce non era ancora così come è ora, dunque alle audizioni non mi sceglievano mai, al massimo mi prendevano per fare i bravi ragazzi in cose per la tv, che è un peccato perchè i cattivi sono più interessanti (specialmente se non li hai mai interpretati). Adesso non so cosa mi offriranno se vecchi clown o spadaccini nudi!".
In realtà poi Viggo Mortensen ci tiene a precisare come non sia un violento nella vita e anzi la cosa che gli piace nei personaggi che interpreta, anche nei guerrieri, è tutt'altra: "Le storie che mi interessano sono quelle in cui d'improvviso (o anche non d'improvviso) il protagonista realizza che le cose non sono come credeva fossero. Per me questo meccanismo di presa di coscienza è la pietra angolare del dramma. A quel punto che fai? Puoi fare qualcosa oppure rimanere fermo a guardare la situazione, ma qualsiasi scelta prendi è comunque una reazione".
Uno schema che ricorda molto la trama del suo ultimo film, Good.

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